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Msc perde al Tar contro Civitavecchia Fruit Forest Terminal: le motivazioni della sentenza

A distanza di quasi tre anni dall’avvio dell’azione legale è giunto al termine il primo round del contenzioso che vede di fronte il Roma Terminal Container (Gruppo Msc) e il Civitavecchia Fruit & Forest Terminal. Motivo del contendere era (ed è tuttora) l’imbarco e sbarco di ortofrutta in container che, secondo il Rtc, deve avvenire […]

di Nicola Capuzzo
22 Gennaio 2020
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CFFT – Civitavecchia Fruit Forest Terminal

A distanza di quasi tre anni dall’avvio dell’azione legale è giunto al termine il primo round del contenzioso che vede di fronte il Roma Terminal Container (Gruppo Msc) e il Civitavecchia Fruit & Forest Terminal. Motivo del contendere era (ed è tuttora) l’imbarco e sbarco di ortofrutta in container che, secondo il Rtc, deve avvenire solo presso l’unico terminal container del porto di Civitavecchia mentre Cfft si è sentita legittimata a dirottare il servizio operato da Maersk con una piccola nave reefer presso la banchina pubblica attigua al proprio magazzino. Il terminal container di Marinvest (Msc) è infatti autorizzato ex-art.18 legge 84/1994 a operare come concessionario così come lo è anche il Cfft il quale però non dispone di un proprio affaccio direttamente in banchina (motivo per cui i container di frutta li imbarca e sbarca presso la banchina pubblica del porto).

Con sentenza depositata oggi 22 gennaio, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso di Roma terminal Container condannandolo anche alle spese di giudizio.

 

Interessante però è leggere le motivazioni che hanno portato i giudici a questa decisione che potrebbe avere effetti non indifferenti se applicata anche ad altri contesti portuali italiani.

La sentenza ricorda che “la AdSP ha autorizzato la Cfft […] a utilizzare la superficie di mq. 7.085 per la movimentazione e lo stoccaggio di containers dei (soli n.d.r.) prodotti ortofrutticoli…”. Questo avvenne nel 2014 e “tale autorizzazione risulta essere stata assunta al termine di una articolata istruttoria” della port authority.

I giudici poi aggiungono: “Dall’esame degli atti e da un confronto tra le attività autorizzate sin dal 1999 e poi via via oggetto di ampliamento con i provvedimenti autorizzatori del 2003, del 2004 e infine del 2014 non si evincono elementi sintomatici o che, comunque, confermino di una non consentita variazione sostanziale ai sensi dell’art. 24, comma 2, secondo periodo, Reg. cod. nav., del contenuto della precedente concessione. In assenza di una modifica così radicale (come quella sostenuta dalla ricorrente) non si ravvisano i presupposti perché l’Autorità resistente dovesse acquisire preventivamente il parere del Comitato Portuale”. Ma ancora precisano: “Poiché nel caso di specie lo scopo dell’autorizzazione e l’estensione dell’area in concessione sono rimasti inalterati (atteso lo stretto e limitato tenore dell’autorizzazione rilasciata nel 2014 che si riferisce – come anticipato – alla movimentazione di soli prodotti ortofrutticoli) non è possibile affermare che vi sia stato quel radicale mutamento dell’attività concessa ipotizzato da Rtc, tenuto conto del fatto che Cfft già risultava titolare di un’area destinata allo stoccaggio di container e non vi è stata (con gli atti impugnati) una estensione della tipologia merceologica dei prodotti movimentabili in tale area, che rimangono di natura ortofrutticola”.

 

La sentenza spiega poi che “il Piano regolatore portuale e la destinazione d’uso C2 stabiliscono che la banchina venga utilizzata per la ‘movimentazione e lo stoccaggio di merci convenzionali’, il che non esclude la presenza di un deposito/magazzino di prodotti ortofrutticoli, destinato alla movimentazione di merci scaricate anche da container. I container, infatti, come correttamente osservato dall’Autorità di Sistema, non costituisce ‘una categoria funzionale e/o merceologica’, ma un mero strumento o meglio ‘una modalità operativa per la movimentazione sia verticale sia orizzontale della merce’, per cui risulta legittimo e conforme alla pianificazione portuale che un’impresa autorizzata ai sensi dell’art. 16 della l. 84/1994 svolga operazioni portuali relative a prodotti ortofrutticoli trasportati in container refrigerati, su banchine ad uso pubblico (quelle contraddistinte dai nn. 23, 24 e 25Sud)”. Per i giudici del Tar del Lazio non è possibile ritenere che Cfft e l’AdSP “abbiano dato luogo a uno schema atipico o elusivo della disciplina di settore”.

 

La sentenza prosegue affermando che “per le stesse ragioni non merita adesione anche il secondo motivo del ricorso introduttivo. L’autorizzazione del 7.1.2014 non costituisce una modifica sostanziale della concessione di cui la Cfft era già titolare, la controinteressata, infatti, non gode della disponibilità in via esclusiva di una banchina. Essa non può quindi operare allo stesso modo di un terminalista portuale (quale è invece la ricorrente Rtc), per cui deve dotarsi di volta in volta, all’arrivo/partenza delle navi con prodotti ortofrutticoli, di un’autorizzazione alla sosta temporanea per il tempo necessario a svolgere le operazioni di carico/scarico merci. In virtù di tale peculiare organizzazione, risulta inconferente il richiamo della Rtc all’art. 3, comma 1, lettera d) del DM 585/1985 e all’art. 1, punto d) del regolamento 87/2016, sul presupposto che Cfft non disporrebbe dei mezzi necessari per la movimentazione dei container (gru)”. Dunque “l’affidamento a una impresa terza – la G.T.C. S.r.l. autorizzata a sua volta ex art. 16 l. 84/1994 – dell’esercizio delle operazioni portuali per il noleggio a caldo delle gru, è riconosciuta dal combinato disposto dagli artt. 2 e 4 del Regolamento n. 88/2016 dell’AdSP sulla disciplina dei servizi portuali”.

 

Insomma Roma terminal Container in primo grado sembra aver perso su tutti fronti ma si attende ora di capire se il terminalista del Gruppo Msc intenderà ricorrere contro questa sentenza al Consiglio di Stato.

Nicola Capuzzo

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