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Economia

Nel 2019 -32% di carbone importato in Italia: l’analisi di Assocarboni sulla transizione energetica

Assocarboni, l’Associazione italiana degli operatori del carbone presieduta da Andrea Clavarino (Coeclerici), ha presentato nel corso dell’assemblea ordinaria e straordinaria dei soci i dati del settore per l’anno 2019 e alcune previsioni per il 2020. Per l’associazione il carbone si conferma il combustibile fondamentale per la produzione elettrica: in particolare, la domanda di carbone si […]

di Nicola Capuzzo
23 Luglio 2020
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Porto Savona – veduta aerea – nave bulk carrier

Assocarboni, l’Associazione italiana degli operatori del carbone presieduta da Andrea Clavarino (Coeclerici), ha presentato nel corso dell’assemblea ordinaria e straordinaria dei soci i dati del settore per l’anno 2019 e alcune previsioni per il 2020. Per l’associazione il carbone si conferma il combustibile fondamentale per la produzione elettrica: in particolare, la domanda di carbone si è spostata verso il sud-est asiatico, area in cui le economie emergenti sono alla ricerca di una fonte di energia disponibile ed economica e, proprio nel carbone, hanno individuato il combustibile ottimale per lo sviluppo economico e industriale.

Cosa succede in italia

L’Italia nel 2019 ha registrato una diminuzione delle importazioni di carbone da vapore, a quota 7,5 milioni di tonnellate (-32% rispetto agli 11 milioni di tonnellate del 2018), mentre le importazioni di carbone metallurgico e Pci sono rimaste stabili a 3 milioni di tonnellate.

“Il phase‐out del carbone dovrà essere progressivo nel tempo e strettamente connesso agli interventi strutturali riguardanti sia capacità produttive sostitutive, sia i sistemi di trasmissione, di distribuzione e di stoccaggio dell’energia” si legge in una nota di Assocarboni. “Il phase‐out delle centrali italiane a carbone al 2025, in particolare, in un mondo che continuerà comunque a produrre energia elettrica dal carbone, non porterà benefici significativi alla riduzione dei cambiamenti climatici, in quanto le emissioni di CO2 delle centrali a carbone italiane rappresentano lo 0,04% delle emissioni mondiali. Se, infatti, da un lato le centrali italiane incidono in modo minimo a livello di inquinamento mondiale, dall’altro lato l’impatto della loro chiusura rappresenterà un ulteriore inutile fardello per il sistema industriale italiano, ad esclusivo vantaggio dei produttori di gas stranieri, come Gazprom, la più grande compagnia russa, o Sonatrach, società energetica statale algerina, che operano sul mercato in condizioni di oligopolio”.

Secondo Assocarboni i giganti dell’Asia continentale, India e Cina, ma anche altre economie asiatiche come il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan hanno sempre fondato sul carbone i rispettivi piani energetici nazionali e continuano a pianificare espansioni a carbone utilizzando le migliori tecnologie oggi disponibili.

La Germania, Paese che ha sempre utilizzato altissime percentuali di carbone a copertura del fabbisogno energetico nazionale, si prepara a un’uscita dal carbone, ma su un orizzonte temporale più ampio: nei prossimi vent’anni, infatti, verranno gradualmente chiusi gli impianti più datati, mentre le centrali più efficienti resteranno ancora in funzione, con le ultime dismissioni previste entro il 2038. Tutto questo avrà comunque un costo non indifferente, stimato in 40 miliardi di euro di aiuti federali per compensare la perdita di circa ventimila posti di lavoro e favorire la riconversione degli impianti, più compensazioni da definire per gli operatori elettrici che dovranno dismettere gli impianti.

“Riteniamo che il Sistema Elettrico Italiano debba aumentare la quota di rinnovabili rispetto all’attuale e auspichiamo che il Paese possa affrontare correttamente le graduali modalità di chiusura delle centrali, così come è già stato previsto in altri Paesi europei, che pur consapevoli di dover affrontare nel tempo una transizione energetica, riconoscono come ancora valide le ragioni che hanno portato alla costruzione delle centrali a carbone: diversificazione degli approvvigionamenti, con aumento della sicurezza e dell’economicità, due direttrici che insieme all’ambiente costituiscono le fondamenta della politica energetica” è il commento dell’associazione presieduta da Clavarino.

Commercio via mare

Secondo Assocarboni il commercio di carbone via mare a livello mondiale nel 2019 si è chiuso positivamente con un aumento del 2% annuo (1.290 milioni di tonnellate, rispetto ai 1.263 milioni del 2018). Si conferma, dunque, il trend di crescita che negli ultimi 10 anni ha portato a un aumento del 50% dei volumi.

Per quanto riguarda lo steam coal, in particolare, i volumi si sono attestati a 1.019 milioni di tonnellate (+2,3% rispetto ai 996 milioni del 2018).

Il commercio via mare di coking coal nel 2019 ha invece totalizzato 271 milioni di tonnellate (+1,5% rispetto ai 267 milioni del 2018).

Se inizialmente le previsioni per il futuro indicavano la possibilità di un deficit di 12 milioni di tonnellate di carbone termico, a seguito dei meccanismi innescati dalla pandemia, per il 2020 è ora atteso un calo di 72 milioni di tonnellate nelle importazioni di Cina e India e a livello mondiale la possibilità di un surplus di 56 milioni di tonnellate.

Import carbone 2019

Dai dati di Assocarboni, elaborati per l’anno 2019, sono stati delineati in modo dettagliato anche i trend che hanno caratterizzato le importazioni di carbone a livello mondiale.

I Paesi che hanno contribuito maggiormente alla crescita dei volumi di questa materia prima, raggiungendo risultati record dal punto di vista delle importazioni, sono stati Cina, Vietnam, India e Filippine.

Export carbone 2019

Per quanto riguarda le esportazioni, dai dati elaborati da Assocarboni per il 2019, l’Indonesia si conferma il maggior esportatore a livello mondiale. Le esportazioni di carbone termico si sono infatti attestate a 456,7 milioni di tonnellate, con un aumento dell’8% rispetto ai 422,3 milioni di tonnellate del 2018. La produzione per il 2019 ha raggiunto la quota record di 616 milioni di tonnellate, con un aumento del 10% rispetto ai 557 milioni di tonnellate del 2018. Per il 2020, i piani governativi prevedono un contenimento della produzione di carbone a 550 milioni di tonnellate.

Import carbone 2020

Riguardo le previsioni delle importazioni di carbone termico per il 2020, le importazioni di carbone del Vietnam hanno mostrato una fortissima crescita nel primo semestre 2020 e si ritiene che questo trend verrà consolidato lungo tutto l’arco dell’anno. Si attende infatti un aumento di più del 50%, con le importazioni di carbone totali che passeranno dai 39,3 milioni di tonnellate del 2019 ai 60 milioni di tonnellate del 2020. Lo sviluppo economico del Paese e l’aumento della popolazione stanno guidando la domanda di elettricità e la generazione a carbone svolge un ruolo primario nel soddisfare i consumi di energia in aumento.

Export carbone 2020

La crescente domanda di carbone proveniente dal Pakistan, dal Bangladesh e dal Vietnam potrebbe mantenere alti i volumi delle esportazioni per tutto il corso del 2020: a beneficiarne, tra i Paesi esportatori, sarà sicuramente l’Australia e i Paesi che riforniscono i mercati del sud-est e sud asiatico.

Stime 2021

Per il 2021, le previsioni sostengono che ci sarà un’ascesa dei prezzi del carbone termico, a seguito dell’aumento del commercio via mare, guidato dalla ripresa dell’economia.

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