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Economia

Il porto di Genova stretto fra gli interessi di Usa e Cina ma dimenticato dall’Europa

Genova – “Io continuo a ricevere e incontrare esponenti anche ufficiali dei governi di Cina e Stati Uniti, ma non della Commissione Europea, che fanno pressione e pongono problematiche sulla competitività degli scali marittimi. Da Bruxelles nessuno mi viene a cercare”. Con queste parole Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure […]

di Nicola Capuzzo
18 Ottobre 2020
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Signorini Paolo Emilio NC (2)

Genova – “Io continuo a ricevere e incontrare esponenti anche ufficiali dei governi di Cina e Stati Uniti, ma non della Commissione Europea, che fanno pressione e pongono problematiche sulla competitività degli scali marittimi. Da Bruxelles nessuno mi viene a cercare”. Con queste parole Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale, ha spiegato quali siano gli approcci, diametralmente opposti fra loro, tra le due superpotenze mondiali e il Vecchio Continente in materia di geopolitica e di interesse sulle infrastrutture portuali italiane. La Cina con la Nuova via della seta, gli Stato Uniti con il pressing frequente per controllare che il Dragone non si allarghi troppo con le sue mire espansionistiche, e in mezzo l’Europa assente e silenziosa.

“L’armamentario a disposizione delle AdSP ci mette in netto svantaggio competitivo rispetto agli operatori di quei Paesi. L’Europa, con l’attenzione rivolta solo agli aiuti di Stato, al divieto di monopoli, ecc., ha una visione non più aggiornata su quello che avviene nel mondo” ha aggiunto Signorini intervenendo alla presentazione del Rapporto sulle concessioni portuali elaborato da Sipotra.

“Non lasciamoci accecare dall’emergenza e dalle negatività. Per i porti italiani, catapultati
nuovamente sulla linea di confine fra due mondi, si ripropone un’occasione storica di sviluppo di traffici e di centralità nell’interscambio mondiale” ha detto, lanciando un messaggio controcorrente, Gian Enzo Duci. Il presidente di Federagenti individua nella guerra fredda fra Stati Uniti e Cina e nella nascita di un nuovo continente economico medio orientale un’opportunità analoga a quella di cui si è giovata l’Italia nell’immediato
dopo-guerra quando si è trovata esattamente sulla frontiera fra il blocco occidentale e il blocco comunista. “Oggi – precisa Duci – la linea di confine tra la sfera d’influenza statunitense e quella cinese sembra transitare sul nostro Paese dove su 5G e porti si colloca l’epicentro di un confronto particolarmente aspro, ma foriero per l’Italia di grandi opportunità di investimento e di crescita. L’attenzione che gli Stati Uniti, anche attraverso le ripetute missioni del Segretario di Stato Mike Pompeo, e gli interventi reiterati dell’Ambasciata e del Consolato di Milano in vari scali strategici, stanno dimostrando quanta importanza l’alleato atlantico riponga sul controllo della portualità italiana. D’altro lato, gli investimenti cinesi (già fatti o ipotizzati) a Savona, Trieste e a Taranto, all’interno, ma anche al di fuori della Belt & Road Initiative, sono un dato di fatto ormai arcinoto”.

Secondo il vertice degli agenti marittimi italiani “in un momento come questo l’Italia può
trasformare questo faccia a faccia in opportunità economiche e commerciali straordinarie,
ovviamente a condizione di tenere il timone in mano e di trarre vantaggi da una posizione tornata a essere centrale in Mediterraneo e strategica”. Secondo una prima analisi svolta da Federagenti, questo ruolo della portualità italiana, che richiede oggi una capacità di governance e di vision “in questi anni spesso mancata”, nonché la scelta di uomini in grado di guidare e non subire i processi, può giovarsi anche di una seconda eccezionale opportunità. “Il recente incontro fra una delegazione libanese e una israeliana a Beirut – conclude Duci – sta facendo intravvedere l’avvio di un processo che potrebbe avere effetti straordinari: superate le divergenze politico-religiose, la combinazione della potenza finanziaria dei Paesi arabi del Golfo e delle competenze tecnologico/organizzative di Israele potrebbero dar luogo a un maxi polo economico, energetico e di high-tech che, estendendosi sino ai confini sud della Turchia, potrebbe essere il prossimo gigante dell’economia mondiale. Questo blocco è destinato, anche solo in tema di ricostruzione di interi Paesi, a generare un eccezionale patrimonio di opportunità per chi sarà meglio collocato strategicamente, industrialmente e logisticamente. Verrebbe quasi da dire che
ancora una volta, la storia sembri assegnare ai porti italiani, non per meriti ma per destino, grandi opportunità che sarebbe folle non cogliere”.

Tornando ai temi delle concessioni portuali, Signorini durante il suo intrvento al convegno di Sipotra, ha detto che “stanno diventando sempre più sofisticate; nelle autostrade e negli aeroporti lo erano già. I concessionari oggi non negoziano più solo sulla tariffa da pagare ma anche sulle clausole, su cosa succede ala fine della concessione, ecc.”. Insomma la complessità sta raggiungendo, seppure con molti anni di ritardo, quello che già avviene in altri comparti delle infrastrutture.

A proposito poi di quanto previsto dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), il presidente della port authority di Genova e Savona ha spiegato che “è contraria a favorire le istanza di parte per richiedere una concessione, è contraria al rilascio di proroghe delle concessioni se non uno o due anni prima della scadenza ed è contraria se non ci sono interessi patrimoniali del concessionario. Come può un concessionario fare investimenti significativi con questa incertezza. Il quadro normativo non aiuta”.

Un passaggio del suo ragionamento non poteva non riguardare la maxi-fusione appena avvenuta fra Sech e Psa sulle banchine del porto di Genova: “Un’operazione molto interessante, molto bella da analizzare dalla dottrina e dagli intermediari. Una fusione interessante” di fronte alla quale, però, dal punto di vista normativa “c’è stato un vuoto pneumatico”. La conclusione di Signorini è stata questa: “Risolvere lo stato di incertezza è, insieme alla geopolitica, il tema più importante per i porti italiani”.

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