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Economia

Il caro prezzo del trasporto container e l’incidenza sull’import-export italiano

L’elevato costo del trasporto marittimo di merci in container inizia a indurre mutamenti negli scambi commerciali che fino a pochi mesi fa sarebbero sembrati impossibili nell’import-export con l’Italia. Carichi normalmente spediti in container scelgono altre navi (in particolare le merci di basso valore) oppure gli importatori italiani optano per approvvigionarsi in altri mercati, in primis […]

di Nicola Capuzzo
18 Febbraio 2021
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Nave portacontainer al Genoa Port Terminal

L’elevato costo del trasporto marittimo di merci in container inizia a indurre mutamenti negli scambi commerciali che fino a pochi mesi fa sarebbero sembrati impossibili nell’import-export con l’Italia. Carichi normalmente spediti in container scelgono altre navi (in particolare le merci di basso valore) oppure gli importatori italiani optano per approvvigionarsi in altri mercati, in primis nell’Est Europa, perché la tratta marittima della catena logistica inizia ad avere un’incidenza troppo elevata sul prezzo finale del prodotto.

Una recente analisi pubblicata da Unicredit Research ha iniziato a parlare del tema spiegando però che gli effetti sarebbero al momento ancora limitati e un rischio d’inflazione generato dall’elevato costo delle spedizioni fra Asia ed Europa al momento non appare come probabile. “Assumendo che il costo del trasporto incide per un 5% sul valore totale delle merci spedite via mare (fonte Unctad), il prezzo delle importazioni europee potrebbe salire di un 2,3%. Questo però sarà vero solo nel caso in cui i noli marittimi dovessero permanere a livelli molto elevati per un lungo periodo di tempo” dice il report di Unicredit. L’economista della banca, Andreas Rees, aggiunge come “finora solo una modesta percentuale d’inflazione sul prezzo finale dei beni sembra probabile, ma questo trend merita di essere tenuto attentamente sotto osservazione”.

Secondo il Freightos Baltic Index la rata di nolo per un container standard da 40 piedi trasportato via nave dall’Estremo Oriente all’Europa è passato dai 2.100 dollari di novembre ai 7.800 dollari attuali. Questa è la rotta più cara per gli importatori italiani. Un approfondimento dell’associazione degli spedizionieri genovesi Spediporto su dati di Ihs Markit mostra chiaramente come noli marittimi quadruplicati nel giro di 12 mesi abbiano in realtà un’incidenza significativa su alcune particolari categorie merceologiche (su altre meno). In generale, per ogni container da 40’ che contenga merce per un valore di circa 50.000 dollari, l’incidenza del trasporto via nave è salita dal 4,6 al 15,3%, mentre per un box con dentro 80.000 dollari di prodotti è passata dal 2,8 al 9,5%. Valori che  potrebbero effettivamente generare una certa spinta inflazionistica.

Considerando il nolo attuale da 7.650 dollari per un trasporto dalla Cina al Mediterraneo, l’incidenza su un container da 40’ carico di legno e prodotti di legno (valore della merce 5.420 dollari) è oggi del 141% mentre un anno fa , su prodotti minerali (11.266 dollari) è del 67,9%, su metalli (76.294 dollari) è del 10,03%, su prodotti alimentari (44.984 dollari) è del 17%, su prodotti animali (63.088 dollari) è del 12,13%, su pellami (82.532 dollari) è del 9,27%, su macchinari (189.322 dollari) è del 4,04% e infine su articoli come calzature (1.183.144 dollari) l’incidenza è solo dello 0,65% (vedere tabella completa più sotto). Questi numeri dimostrano come, soprattutto per determinate tipologie di carichi a basso valore, un qualche stravolgimento nelle catene logistiche (riduzione degli scambi commerciali o cambi di modalità di trasporto) è prevedibile e in alcuni casi già in atto.

TRADE CINA – ITALIA NOLO MED > CINA NOLO CINA > MED
1.392  USD 7.653  USD
MERCEOLOGIA VALORE IN USD PER TEU VALORE IN USD PER 40′ BOX INCIDENZA NOLO SUL VALORE MERCE
legno e prodotti di legno             2.710,00           5.420,00 25,68% 141,20%
macchinari            94.661,00        189.322,00 0,74% 4,04%
prodotti minerali             5.633,00          11.266,00 12,36% 67,93%
metalli            38.147,00          76.294,00 1,82% 10,03%
plastica            30.103,00          60.206,00 2,31% 12,71%
pellami            41.266,00          82.532,00 1,69% 9,27%
prodotti chimici            94.541,00        189.082,00 0,74% 4,05%
merci varie            74.567,00        149.134,00 0,93% 5,13%
pietra/vetro            13.989,00          27.978,00 4,98% 27,35%
prodotti alimentari            22.492,00          44.984,00 3,09% 17,01%
mezzi di trasporto            84.360,00        168.720,00 0,83% 4,54%
tessili          279.876,00        559.752,00 0,25% 1,37%
prodotti vegetali            42.697,00          85.394,00 1,63% 8,96%
prodotti animali            31.544,00          63.088,00 2,21% 12,13%
calzature          591.572,00     1.183.144,00 0,12% 0,65%
FONTE: Elaborazione Spediporto su dati IHS MARKIT

 

Durante un recente confronto fra compagnie di navigazione e spedizionieri italiani organizzato dal Propeller Club di Milano, il presidente di Assagenti (agenti marittimi genovesi), Paolo Pessina, ha previsto che “l’attuale livello di noli possa proseguire per tutto il primo ma anche per il secondo trimestre dell’anno in corso”, cancellando le speranze di quanti confidavano in una discesa significativa delle rate nelle prossime settimane o comunque dopo il Capodanno cinese.

Gian Enzo Duci, vicepresidente di Conftrasporto, a proposito dell’incidenza del trasporto marittimo sulla merce trasportata ha affermato che “su un container carico ad esempio di scarpe da ginnastica è di circa lo 0,1% sul prezzo finale del bene, anche con noli da 7.500 dollari. Questo per dire che il costo del trasporto marittimo non incide sul valore finale dei prodotti ad alto valore aggiunto e in questo la globalizzazione continuerà a fare il suo corso”. Duci ha poi aggiunto: “Con noli a 1.000 dollari viaggiavano in container anche il grano o la spazzatura ma quella era logistica malata. Ora quelle merci sono tornate a viaggiare via mare su navi portarinfuse”.

Il tema del cosiddetto reshoring, intendendo con ciò il ripensamento della delocalizzazione produttiva per riavvicinare o quantomeno diversificare i centri di produzione delle aziende, oltre che per l’emergenza Covid che a febbraio e marzo dell’anno scorso aveva bloccato le fabbriche cinesi, è tornato prepotentemente alla ribalta anche per effetto del “caro noli”. Andrea Scarpa, vicepresidente e vertice del maritime advisory body della Federazione nazionale degli spedizionieri (Fedespedi), ha detto: “Queste rate porteranno a un rallentamento dei traffici globali via mare. Ci sono molte aziende italiane che stanno cambiando importatori per cercarne di più vicini, ad esempio in Europa, perché il costo del trasporto marittimo è diventato troppo caro. Nelle navi da 24.000 Teu di capacità poi cosa ci metteremo?” ha domandato.

Alessandro Pitto

Il collega Alessandro Pitto, vertice dell’associazione genovese degli spedizionieri Spediporto, ha evidenziato il fatto che il livello di servizio che i caricatori stanno ricevendo, o forse “sarebbe meglio dire subendo, è certamente inadeguato” denunciando quella che ormai è “una condizione di oligopolio”. Pitto ha sottolineato come sia diventata una corsa a ostacoli quella per spedire un container: “per trovare la prenotazione, attendere la conferma dal vettore, confidare sull’arrivo della nave, trovare il container vuoto da riempire e poi sperare di riuscire a farlo imbarcare”. Come noto l’affidabilità, in termini di puntualità dei servizi, da parte dei vettori marittimi che trasportano container nelle ultime settimane ha inoltre raggiunto un minimo storico.

“Negli ultimi anni la logistica just in time delle aziende è sempre più dipendente dal trasporto e la containerizzazione è stata la spina dorsale della globalizzazione ma ora è andato in crisi il fondamento del basso costo del trasporto e l’affidabilità del servizio” ha proseguito Pitto. Per poi aggiungere: “Se costa caro ed è inaffidabile rischia di diventare sempre più complicato gestire una condizione che non riguarda solo il prezzo elevato delle rate di nolo ma anche l’organizzazione delle catene di fornitura” aggiunge ancora Pitto.

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