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L’ortofrutta italiana ha scelto il porto di Ravenna per il progetto ‘farm to port’

L’ortofrutta fresca e trasformata nel nostro Paese è la prima voce dell’export agroalimentare Made in Italy con un nuovo record da inizio secolo grazie a un balzo in valore di oltre il 6% favorito dalla domanda di alimenti salutistici spinta nel mondo dalla pandemia Covid. Questo è cio che emerge dall’analisi della Coldiretti su dati […]

di Nicola Capuzzo
8 Settembre 2021
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L’ortofrutta fresca e trasformata nel nostro Paese è la prima voce dell’export agroalimentare Made in Italy con un nuovo record da inizio secolo grazie a un balzo in valore di oltre il 6% favorito dalla domanda di alimenti salutistici spinta nel mondo dalla pandemia Covid. Questo è cio che emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat relativi ai primi cinque mesi del 2021 diffusa in occasione del Macfrut 2021 con la firma del protocollo di intesa fra Coldiretti, l’Autorità portuale di Ravenna, la Regione Emilia Romagna e il Comune di Ravenna per l’avvio del progetto ‘Farm to port’, per la valorizzazione del porto di Ravenna come scalo logistico commerciale di riferimento per prodotti ortofrutticoli Made in Italy a livello nazionale e con il resto del mondo.

I primi consumatori di frutta e verdura Made in Italy sono nell’ordine Germania, Francia, Gran Bretagna e Austria che da sole rappresentano quasi la metà (49%) dell’export nazionale nel 2021, a seguire Svizzera, Olanda e Polonia. Nonostante l’emergenza Covid – evidenzia Coldiretti – le esportazioni di ortofrutta italiana in questi Paesi sono cresciute in misura significativa: la Germania – sottolinea Coldiretti – registra un balzo di quasi il 9%, la Francia di oltre il 4%, l’Austria sfiora il +11%, la Svizzera supera di slancio il 7%, l’Olanda vola sopra il 9% mentre la Polonia arriva a quasi il +22%, con l’unico segno negativo per il Regno Unito che registra un calo del -10% a causa delle difficoltà legate alla Brexit.

“Su questo scenario pesa il deficit logistico italiano per la carenza o la totale assenza di infrastrutture per il trasporto merci costa la nostro Paese oltre 13 miliardi di euro con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando che “il settore dell’ortofrutta può svolgere un ruolo di traino per l’export e l’obiettivo dell’intesa sul porto di Ravenna è proprio quello di consolidare e sviluppare i traffici di prodotti agroalimentari e ortofrutticoli con la creazione di un sistema fortemente interconnesso tra le aree produttive e la rete infrastrutturale nazionale ed europea per massimizzare la capacità logistica a servizio del Made in Italy”.

Il progetto – aggiunge Coldiretti – punta anche a ridurre l’impatto ambientale intervenendo sul traffico delle zone più congestionate, migliorando l’accessibilità ai servizi hub e la capacità di stoccaggio per potenziare la capacità di esportazione delle piccole e medie imprese (Pmi) agroalimentari italiane con un rafforzamento della capacità logistica dei mercati all’ingrosso anche grazie a una maggiore digitalizzazione. Per il Porto di Ravenna, considerato infrastruttura strategica e “Fulcro della logistica nazionale e centroeuropea” si prevedono – sottolinea Coldiretti – interconnessioni con le reti ferroviarie, stradali e di navigazione interna, la creazione di nuove aree logistiche con interventi di digitalizzazione e port security, nonché la realizzazione di un nuovo terminal e dell’impianto di trattamento dei materiali di dragaggio.

Nel piano anche interventi urbanistici per le piastre logistiche in destra e sinistra del canale su aree pubbliche e private per più di 320 ettari, con la costituzione di una “Zona Franca Doganale”, la realizzazione di corridoi doganali e altre agevolazioni e semplificazioni nelle procedure amministrative e di controllo. Si tratta di una scelta strategica – continua Coldiretti – per potenziare un sistema di movimentazione dei prodotti come quello italiano dove il trasporto su strada riguarda ancora l’88% delle merci, contro una media europea che supera di poco il 76%. Il risultato è che il Belpaese si posiziona al secondo posto per intensità dei trasporti su strada, dopo la Spagna (95%) e prima di Francia (87,9%), Germania (74%) e Paesi Bassi (51%).

Un problema che si riflette anche sul costo dei trasporti a carico delle aziende tricolori. In Italia il costo medio chilometrico per le merci del trasporto pesante è pari a 1,12 €/km, più alto di nazioni come la Francia (1.08 €/km) e la Germania (1.04 €/ km), ma addirittura doppio se si considerano le realtà dell’Europa dell’Est: in Lettonia il costo dell’autotrasporto è di 0,60 €/km, in Romania 0.64 €/km; in Lituania 0,65 €/km, in Polonia 0.70 €/km secondo l’analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga.

“Si tratta di un aggravio per gli operatori economici italiani superiore dell’11% rispetto alla media europea – afferma Coldiretti – e ostacola lo sviluppo del potenziale economico del Paese, in particolare per i settori per i quali il sistema della la logistica risulta cruciale, come nel caso del sistema agroalimentare nazionale, punta di eccellenza dell’export Made in Italy. In tale ottica il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) finanziato con il Recovery Fund può essere determinante per agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo”.

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