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Rimorchio: la doppia proroga e il rialzo tariffario pro RR Panfido agitano le acque lagunari

L’AdSP di Venezia e le associazioni dell’utenza contestano le disposizioni appena adottate in materia di rimorchio dalla Capitaneria di Porto della Serenissima

di Andrea Moizo
13 Gennaio 2022
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Giovanni Calderan (Rimorchiatori Riuniti Panfido)

La proroga della concessione di Rimorchiatori Riuniti Panfido, titolari del servizio di rimorchio portuale a Venezia e Chioggia, e l’incremento record nelle tariffe, accordato a stretto giro di posta sul finire dell’anno dalla Capitaneria di Porto di Venezia, rischiano di scatenare una guerra negli scali lagunari.

La concessione ventennale della società della famiglia Calderan era già scaduta a fine 2020, ma, invece che provvedere alla gara per riassegnarla, la Capitaneria di Porto, sulla base delle norme contro gli effetti della pandemia, e in particolare del Decreto Rilancio, decise per la proroga di un anno, come è avvenuto presso molti altri comandi. Solo che a Venezia non si è lavorato al bando neppure nel 2021, sicché lo scorso 27 dicembre si è ricorsi a una nuova proroga, per altri 12 mesi, con un nuovo richiamo al Decreto Rilancio, piuttosto acrobatico dal momento che la legge stabiliva la possibilità di soli 12 mesi di proroga (peraltro per le concessioni in scadenza fra 31 gennaio e 19 maggio 2020, mentre quella di Panfido è scaduta successivamente, il 31/12/2020).

Quattro giorni dopo, poi, la Capitaneria ha emanato l’ordinanza per il rinnovo delle tariffe fissate a fine 2019, su istanza della medesima Panfido, accogliendone quasi per intero le richieste (+16,70% contro il +18,38%), malgrado i pareri negativi espressi da Federagenti, Assoarmatori e Confitarma (a favore invece Assorimorchiatori e Federimorchiatori) e a dispetto, in particolare, di osservazioni molto critiche presentate dall’Autorità di Sistema Portuale di Venezia (in rappresentanza di Assoporti).

Dalle informazioni che SHIPPING ITALY è riuscita a raccogliere emerge come le associazioni di categoria abbiano motivato il proprio dissenso e la richiesta di una più strutturale riorganizzazione del servizio non solo sulla base del contesto congiunturale veneziano (le tariffe sono già le più alte d’Italia, in un momento di crisi come quello attuale il rischio è di rendere ancor meno attrattivo un sistema portuale che già sconta forti problematiche di limitazione della navigazione) ma anche su argomenti giuridico-economici.

Le linee guida emanate nel marzo 2019 dal Ministero per la tornata di rinnovi concessori allora alle viste prevedrebbero infatti l’abbandono del rinnovo biennale, a favore di una revisione a cadenza quinquennale al solo scopo di ritocchi riferibili solo a eventuali mutamenti nelle prestazioni richieste al concessionario. E farebbero richiamo, quanto alle tariffe, al Regolamento europeo 352 del 2017, i cui principi di proporzionalità e trasparenza colliderebbero con i precedenti criteri di quantificazione dei prezzi del servizio.

Il carico da 90 è però quello di un’altra amministrazione statale, peraltro facente capo al medesimo Ministero (Infrastrutture e Mobilità Sostenibili), che, oltre a segnalare alcuni errori di calcolo, riprende e dettaglia anche i suddetti concetti, stigmatizzando “le anomalie insite nella presente procedura per l’adeguamento tariffario, che produce notevoli effetti distorsivi e anticiclici. Per determinare gli incrementi non sembra infatti ragionevole basarsi sui dati di traffico di ben due anni precedenti; né appare corretto che il rischio di impresa sia ribaltato sull’utenza portuale”.

Una considerazione che pure l’Adsp attribuisce alle linee guida redatte nel 2019 dal medesimo Ministero, che avrebbero “individuato (come più volte auspicato dalla scrivente autorità) un nuovo criterio di calcolo degli incrementi tariffari, basato sull’indice Istat Foi e introducendo, finalmente, anche nel settore dei servizi tecnico-nautici, il principio del rischio d’impresa, che è garanzia di maggiore efficienza nel mercato, soprattutto quando, come in questo caso, esso risulta strettamente regolamentato”.

Prima della conclusione (con l’invito a tener anche conto dei ristori che Panfido potrebbe ottenere a valle del Decreto Venezia), analogamente alle associazioni dell’utenza anche l’Adsp, infine, richiama il Regolamento Ue 352 “che introduce concetti quali trasparenza e proporzionalità, i quali sono in netta antitesi con la metodologia prevista dalla circolare” ministeriale alla base delle scelte della Capitaneria, “che, alla luce della nuova normativa, potrebbe considerarsi ampliamente superata”.

L’ordinanza della Capitaneria non sembra però aver tenuto in considerazione quanto sopra, tanto da non contenere in 15 pagine neppur un formale richiamo al Regolamento 352. Ma ha già accolto la richiesta di un incontro sul futuro bando con le associazioni di categoria, per le quali un atto come quello in questione rischia di rappresentare un precedente pesante: se, come avvenuto finora, la via conciliativa continuerà a non produrre sbocchi, non rimarrà che quella delle vie legali.

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