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Strapotere armatoriale nel mirino anche del cluster portuale spezzino

Concentrazioni, integrazione verticale, esenzioni Antitrust, agevolazioni fiscali e contributive, noli alle stelle: anche al meeting portuale di Confindustria shipping lines nel mirino degli altri operatori della catena logistica

di Andrea Moizo
27 Maggio 2022
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La Spezia – A “La Spezia e il suo porto” – titolo originario del meeting organizzato dalla locale sede di Confindustria – non sarebbe stato sbagliato aggiungere un’espressione del genere “nella morsa degli armatori”.

A partire dall’apertura del sindaco Pierluigi Peracchini, forse immemore dei rapporti amichevoli fra il suo dominus politico (il presidente della Regione Giovanni Toti) e alcuni rappresentanti della categoria (da Messina a Msc a Moby), infatti, il fil rouge della kermesse dipanato da Confindustria è stato quello dell’ultimamente difficile rapporto fra armamento e il resto della catena logistica.

A mettere in fila i temi è stato in apertura Andrea Fontana, presidente degli spedizionieri locali (nonché armatore di Cnan Med), sulla scorta di quanto emerso alla recente assemblea nazionale di categoria. Richiamata l’altra finalità di giornata – “dare visibilità a un porto che, malgrado una storia di eccellenza, è poco conosciuto e considerato, anche dal Ministero competente” – il numero uno del gruppo Perioli ha spiegato come “lo strapotere concentratosi in questi ultimi anni nelle poche mani dei principali armatori al mondo preoccupa, perché rischia di invadere spazi degli altri attori della supply chain. Gli armatori beneficiano poi di normative antitrust privilegiate a livello europeo che ora il Governo Draghi rischia di ampliare (il riferimento è alla riforma del Registro Internazionale, ndr). Ma questi fenomeni, che alimentano quello dell’integrazione verticale, fanno perdere efficienza e professionalità a un sistema portuale: ne abbiamo avuto un esempio qui vicino, dove a Carrara, il porto, per anni in mano ad un unico operatore (il Gruppo Bogazzi, ndr), era decaduto in termini complessivi, mentre ora, riaperto a una pluralità di soggetti (fra cui Perioli con Mdc Terminal, ndr), ha ritrovato grande slancio”.

Posizioni ribadite da Bruno Pisano, presidente dei doganalisti di Assocad, e Alessandro Laghezza, parigrado di Confetra Liguria (seppur con sfumature diverse: “Il tema è serio, soprattutto per quel che riguarda le esenzioni Antitrust che Clecat sta avversando a livello europeo. Ma credo che per le piccole e medie imprese che sappiano investire e rinnovarsi ci siano ancora spazi” ha detto quest’ultimo, cui la controparte non le ha mandate a dire.

Se Beniamino Maltese, vicepresidente di Confitarma, associata a Confindustria, si è diplomaticamente limitato a rilevare come “l’integrazione non sia un fenomeno nato oggi, a valle di due anni di noli alle stelle, ma più di 10 anni fa e come ciò sia avvenuto e continui ad avvenire in un contesto di libero mercato”, Stefano Messina, presidente di Assarmatori (Conftrasporto), ha potuto essere più tranchant: “Il cluster del trasporto deve presentarsi unito alla controparte, cioè l’industria. Le concentrazioni sono semplicemente l’effetto di un’economia che richiede investimenti impossibili per aziende piccole e medie. Quanto all’integrazione verticale, è superfluo ricordare come in tutto il mondo le autorità Antitrust vigilino attentamente intervenendo in caso di cartelli, mentre l’aggiornamento del Regisro Internazionale – una norma che, occorre ricordare, ha consentito di portare la flotta italiana da 8 milioni di tonnellate di stazza lorda ad oltre il doppio con ovvie ricadute occupazionali di aziende fiscalmente italiane – è semplicemente un adeguamento chiestoci da Bruxelles senza alcun effetto distorsivo e senza il quale vedremmo fenomeni di flagging out di massa. Anche sui noli, dopo quello che si è visto negli ultimi 10 anni, con compagnie giganti fallite e altre salvate dagli Stati, è assurdo pensare che dietro ai rialzi record ci siano dinamiche diverse da quelle semplici di domanda e offerta”.

Spazio minore ma nondimeno importante a un’altra tematica cara alla portualità spezzina, affidata ai rappresentanti del terminalismo Danilo Ricci (direttore generale di Tarros – Terminal del Golfo) e soprattutto Alfredo Scalisi, amministratore delegato di La Spezia Container Terminal: “Il porto di La Spezia, che è uno dei più efficienti d’Italia e d’Europa, si sta sviluppando principalmente grazie a capitali privati. Se penso ad esempio alle scelte di sviluppo della rete ferroviaria nazionale, non posso non rilevare come il sistema pubblico, anche con la recente partita del Pnrr, non sia ancora in grado di premiare e puntare su eccellenze come questa, prediligendo invece la strada di investimenti a pioggia che rischiano di restituire poco al paese”.

Un tema ripreso, prima del tormentone della “necessità di cambiare status alle Autorità di Sistema Portuale, scegliendone uno che premi gli scali in grado di attirare investimenti privati”, anche dal governatore Toti: “Non ha senso investire in opere faraoniche in porti del sud Italia che sono a 1.000 km di distanza dai centri produttivi: l’equità sociale si persegue in altro modo”.

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