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Marittimi e benessere a bordo: quello che funziona e ciò che ancora manca

Le condizioni di lavoro sono migliorate ma restano criticità legate a stress e tempi serrati. Disponibile per Stella Maris a Genova un nuovo locale a Ponte Doria

di Riccardo Masnata
27 Aprile 2023
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Genova – Nuove tecnologie, carburanti, porti, navi, merci e infrastrutture: esistono ancora, però, i marittimi, anche se molti spesso li dimenticano, persino quando si parla della tanto declamata “sostenibilità” che pure è un concetto che investe anche (e soprattutto) il fattore umano e non solo quello ambientale.

A riportare l’attenzione sui lavoratori ci ha pensato il Collegio Capitani che al Museo del Mare di Genova ha organizzato il convegno “Benessere dei marittimi”, in collaborazione con Mindwork, società specializzata nei servizi di consulenza psicologica per il personale delle aziende. L’evento è stato l’occasione per affrontare in modo franco e diretto i temi delle condizioni di lavoro dei marittimi e della loro soddisfazione.

Introducendo i lavori la psicologa del lavoro Biancamaria Cavallini, membro del board di Mindwork, ha ricordato alcuni dati significativi frutto di alcune ricerche recenti secondo le quali il 54% dei marittimi dice che non si sente aiutato a gestire lo stress, mentre il 55% dichiara che la propria azienda non ha messo loro a disposizione alcuna iniziativa per il benessere psicologico.

Nella prima tavola rotonda, dedicata al mondo delle navi passeggeri, il comandante Alfredo Romeo, a lungo in servizio per Costa Crociere, ha ricordato i grandi miglioramenti avvenuti negli anni per quanto riguarda le permanenze a bordo: oggi in genere le rotazioni per i marittimi comunitari prevedono 3 mesi di imbarco alternati ad altrettanti a casa, mentre gli extracomunitari restano in servizio 9 o anche più mesi all’anno. “Il nostro comparto resta però indietro rispetto ad altri settori produttivi, su molte navi manca ancora l’HR manager e ai marittimi è tuttora negato il diritto di voto quando sono imbarcati” ha ricordato Romeo. Il comandante ha però sottolineato come alcune iniziative, come l’attivazione di una “hotline” a disposizione dell’equipaggio per mettersi in comunicazione direttamente con la compagnia, bypassando quindi la catena di comando della nave, agevolino la segnalazione e quindi il successivo superamento di situazioni critiche.

Il diacono Massimo Franzi, presidente di Stella Maris, ha portato all’attenzione le difficili condizioni di lavoro del personale extracomunitario di bordo, cui l’associazione dedica gran parte della propria attività di assistenza nei porti. “Per noi non è mai facile riuscire a salire a bordo di una nave e anche quando lo facciamo il tempo a disposizione per offrire i nostri servizi ai marittimi è pochissimo, sempre più compresso tra le fasi di sbarco e imbarco. Alcuni di loro sono imbarcati anche da 11 o 12 mesi, qualcuno non vuole nemmeno tornare a casa, per quasi tutti è difficile l’accesso ai social”. Franzi ha anche dato una buona notizia: Stella Maris avrà presto a disposizione un nuovo locale a Genova, a Ponte Doria, ottenuto grazie alla collaborazione con Stazioni Marittime, che utilizzerà anche per il servizio di consegna pacchi alla gente di mare.

Alessandro Quintavalla, direttore di macchina di Costa Crociere, ha ricordato le gravi difficoltà affrontate dagli equipaggi durante il Covid, in cui i comandi delle navi si sono trovati a dover gestire situazioni molto delicate dal punto di vista psicologico, con marittimi rimasti chiusi in cabina per mesi. “Oggi sulle grandi navi da crociera gli equipaggi arrivano anche a 1.000 – 1.500 unità, spesso si creano gruppi fra lavoratori delle varie nazionalità e anche la gestione dei loro pasti e delle esigenze che ognuno ha, dovute a cultura e religione, è un fattore potenzialmente critico. La nave è un luogo in continua evoluzione, da un porto all’altro può cambiare moltissimo, anche a causa dei lavoratori che magari sono al primo imbarco” ha concluso.

Proprio a proposito della gestione di questi equipaggi, l’intervento di Silvia Denini si è incentrato sulle principali iniziative che Costa Crociere ha messo in atto per migliorare le condizioni di lavoro del proprio personale di bordo, che conta 15 mila persone, di cui oltre 2 mila italiani, provenienti da 70 paesi diversi. “Abbiamo implementato progetti di mentoring per accogliere e supportare i nuovi assunti, abbiamo riservato strutture come bar e palestra solo ai marittimi, e per loro organizziamo anche tour dedicati nei porti di sbarco, così come attività di intrattenimento ad hoc, tipo feste o competizioni sportive” ha detto la HR crew experience manager.

La seconda parte del convegno si è concentrata sui marittimi impiegati sulle navi da carico: tutto un altro mondo, naturalmente, in cui il “benessere” è un concetto ancora davvero lontano. Numeri ridotti (con equipaggi magari da 10-15 persone), spazi angusti, interazione con colleghi e mondo esterno minore sia a bordo che a terra, dove spesso non si scende nemmeno a nave ferma viste le grandi distanze dei terminal dal centro città.

“C’è il problema del fuso orario che cambia quasi ogni giorno per chi magari attraversa gli oceani in un senso o nell’altro, degli sbalzi di temperatura e clima anche estremi, pensiamo ad esempio a navi in servizio fra il Nord Europa e il Sud America, e anche quello del riposo compromesso, magari per le condizioni del mare. Ebbene nonostante tutto questo, al lavoro marittimo è ancora negato lo status di ‘usurante’, a dispetto di anni di battaglie con la politica” si è acceso Gianni Lettich, presidente nazionale del Collegio Capitani.

Il suo collega Gabriele Padovan, ha riportato la propria esperienza (estrema) al comando di una bulk carrier in servizio fra l’Australia e la Cina, rimasta per sette mesi ferma nel Mar Giallo a causa prima del Covid e poi del blocco attuato nei porti cinesi. “Durante la pandemia abbiamo concordato con la compagnia di dotarci del supporto di uno psicologo, con sedute settimanali singole fatte da remoto: eravamo a 35 miglia da terra, senza alcuna certezza sulla data di sbarco, su altre navi in condizioni simili si sono registrati anche dei suicidi”.

Rodolfo Magosso, HR manager di Ignazio Messina & C. ha illustrato le iniziative messe in atto dalla compagnia di navigazione in favore del proprio personale navigante: “Ai nostri marittimi diamo delle Sim per mettersi in contatto con i familiari, abbiamo implementato indici di misurazione delle condizioni di sicurezza e lavoriamo su formazione e senso di appartenenza. A bordo abbiamo anche marittimi russi e ucraini imbarcati assieme, cerchiamo anche di alleggerire i lavoratori del notevole carico burocratico che hanno, come certificati e documenti”.

In chiusura Gian Enzo Duci, amministratore delegato di Esa Group, società specializzata nella gestione degli equipaggi, ha individuato i quattro fattori che a suo giudizio possono generare benessere nei lavoratori, spesso considerati “di serie B”: certezza (economica, ma anche sui tempi di imbarco e sbarco), sicurezza (aumentata sulle navi di nuova generazione, sottolinea), riconoscimento (sociale, con grandi differenze fra aree come le Filippine, dove un marittimo è considerato un lavoratore privilegiato, e l’Italia, dove la professione anche in certe zone tradizionalmente “produttrici” di marittimi come Liguria, Campania e Sicilia ha meno fascino di un tempo) e relazioni (in riduzione, a causa del minore numero di marittimi impiegati su certe navi).

Fra le note positive sono emersi anche i salari, mediamente in crescita per i lavoratori specie a livelli medio-alti, e il potere contrattuale, rafforzato quasi ovunque a livello mondiale.

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