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Le (almeno) tre cose che servono per rendere appettibile il lavoro in mare secondo Grimaldi (Ics)

Connessione a internet, periodo d’imbarco e un futuro lavorativo a terra sono alcune delle condizioni essenziali che stanno emergendo dalle nuove generazioni di lavoratori a bordo

di Nicola Capuzzo
16 Luglio 2023
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Vespa Bruno – Grimaldi Emanuele

Manduria (Taranto) – In occasione di un’intervista rilasciata nei giorni scorsi alla tv Cnn Philippines e intervenendo all’ultimo evento dell’associazione Alis a Manduria, in Puglia, il presidente dell’International Chamber of Shipping, Emanuele Grimaldi, ha posto in evidenza il tema dalla carenza di marittimi e quello che si potrebbe e si dovrebbe fare per rendere più appetibile l’imbarco per la nuove generazioni di lavoratori.

Sulla figura professionale dei direttori di macchina ha messo in particolare l’accento segnalando che, fra le posizioni a bordo, è quella più difficile da reperire per gli imbarchi.

“Durante la pandemia i marittimi e gli autotrasportatori sono stati professionisti essenziali, ma non sono stati protetti e rispettati. Anche ad alcune delle mie navi è successo di vedersi impedire l’ormeggio in un porto per il timore o per la presenza a bordo di persone contagiate” ha affermato l’esperto armatore partenopeo. 

Che durante l’intervista pubblica con Bruno Vespa ha provato anche a dare qualche linea d’indirizzo per andare incontro alle esigenze dei più giovani e rendere maggiormente appetibile l’opportunità di imbarco su una nave mercantile. Le necessità oggi sono in primis tre: “La prima sono le connessioni a bordo delle navi: i marittimi vogliono essere connessi per rimanere in  contatto con i propri cari, per seguire la squadra del cuore o altro e molte navi ancora non lo sono, non offrono questa possibilità. Le nostre navi devo dire che sono ben connesse e stiamo cercando di migliorarle ancora”. La seconda esigenza che sta emergendo chiaramente dalle nuove generazioni è quella di poter “avere dei periodi di imbarco più brevi, ad esempio di tre mesi, e poi tornare a casa”. Il terzo tipo di richiesta e offerta importante riguarda “il non volere lavorare solo a mare; quindi studiare delle carriere che permettano poi un impiego anche a terra, nei terminal portuali ad esempio, dopo aver navigato”.

Secondo il presidente dell’International Chamber of Shipping sono “tutte necessità che dobbiamo ascoltare e capire” perchè “oggi c’è davvero una grave carenza. E’ sempre più difficile trovare marittimi italiani e noi come gruppo stiamo mettendo dei premi” perchè “anche quello del lavoro è un mercato. Per gli autotrasportatori so che in parte la carenza si è risolta perché i salari sono notevolmente aumentati”.

Il viceministro dei Trasporti, Edoardo Rixi, nella stessa occasione si è espresso sulla materia affermando che per semplificare certi processi “ci vorrebbe una riforma vera della pubblica amministrazione. Sui titoli della nautica da diporto – ha precisato – stiamo concludendo un iter che è partito a dicembre ma che è rimasto fermo un mese e mezzo perchè un ministero ha sbagliato a dare una risposta, ha dovuto rifare l’istruttoria e ci abbiamo messo un mese di più”.

Rixi ha poi aggiunto: “Ne ho parlato anche al Cipom (Comitato Interministeriale per le Politiche del Mare, ndr): il Ministero del Mare può servire a creare una situazione per cui c’è una condivisione degli obiettivi fra i vari ministeri. Seduti tutti intorno a un tavolo ci si può mettere tutti d’accordo magari in due ore invece che in sei mesi”.

“Sicuramente c’è bisogno di fare un’azione di marketing” ha affermato il viceministro, aggiungendo a proposito delle nuove generazioni che “tutti vogliono andare a fare l’avvocato ma nessuno il capitano o l’ufficiale imbarcato. Non è detto che quando uno si laurea e va a lavorare come avvocato guadagni di più dell’ufficiale o del comandante. Molto spesso non è così”.

L’esponente leghista di Governo a proposito di occupazione a bordo ha sottolineato che “cercare di semplificare anche sui titoli di imbarco ci può consentire in qualche modo quell’osmosi della possibilità di imparare a bordo un mestiere e poi dopo qualche anno trasferirlo nel turismo sul continente. Aprendo un ristorante, gestendo un hotellerie. Il problema che abbiamo, come sempre nel nostro Paese, è che le cose semplici sono molto complicate nel senso che ad esempio i corsi di formazione non dipendono solo da un ministero ma da una pluralità infinita di ministeri (7/8 alcune volte, altre volte 5) per cui per andare a modificare i vari percorsi ci vogliono delle intese molto complesse da fare”.

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