Proseguono le reazioni degli armatori alla crisi del Mar Rosso: ecco i primi effetti stimati
Altre compagnie abbandonano la rotta per Suez, mentre a Panama la situazione migliora leggermente. da Spediporto e Alix International alcune previsioni
Continua a essere in rapidissima evoluzione la situazione dei canali marittimi più importanti al mondo.
Mentre da Panama è arrivata una buona notizia per i traffici mondiali – l’autorità che gestisce l’infrastruttura ha infatti annunciato di avere innalzato a 24, dai 20 previsti, i passaggi nave giornalieri nel mese di gennaio – si susseguono a stretto giro (e con qualche ripensamento) gli aggiornamenti delle compagnie relativamente alle attività sul Mar Rosso e via lo Stretto di Bab-Al-Mandeb.
Alla lista di vettori container che già stanno evitando il passaggio dalla via marittima e quindi da Suez si è aggiunta la sudcoreana Hmm, che ha segnalato di aver dato alle sue navi già dallo scorso 15 dicembre l’ordine di passare dal Capo di Buona Speranza. La stessa scelta è stata annunciata dalla taiwanese Yang Ming, che ha spiegato come per le sue unità “attualmente o potenzialmente in transito” nell’area nelle prossime due settimane, l’indicazione è di “dirigersi immediatamente” verso la rotta che circumnaviga l’Africa o “attendere in una località sicura”. La connazionale Evergreen ha optato per una strategia più articolata: oltre a “sospendere” la navigazione nel Mar Rosso “fino a nuova comunicazione”, la compagnia taiwanese ha annunciato anche che “temporaneamente” – ma “con effetto immediato” – non accetterà più “carichi israeliani”. Nel dettaglio le sue portacontainer in servizio tra Asia, Mediterraneo, Europa e la costa est degli Usa saranno prevedibilmente dirottate via il Capo di Buona Speranza.
Ancora incerta al momento la politica della cinese Oocl, controllata da Cosco. Nella giornata di ieri la compagnia aveva annunciato l’intenzione “non accettare più carichi da e per Israele”, quindi sostanzialmente accettando di conformarsi alle intimazioni degli Houthi, con una breve nota che però al momento non è più disponibile sul suo sito web. Una decisione che, se confermata, traccerebbe una linea di spartizione tra il vettore cinese e le sue colleghe occidentali (o filo-occidentali). Nessuna comunicazione è inoltre arrivata finora sul tema dalla stessa Cosco Shipping Lines.
Nel frattempo, aggiornamenti sono arrivati anche rispetto alla costituenda coalizione marittima per la sicurezza del Mar Rosso. Il dipartimento della Difesa statunitense ha confermato ufficialmente che l’Italia sarà della partita, insieme a Regno Unito, Bahrain, Canada, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles e Spagna. Secondo quanto riportato da Repubblica, a contribuire alla operazione, già ribattezzata Prosperity Guardian, sarà innanzitutto la fregata Virginio Fasan.
Quanto alle conseguenze dell’abbandono della via del Mar Rosso e di Suez sulle attività di import ed export, queste sono state elencate in una nota dal direttore generale di Spediporto, Gianpaolo Botta: “Ci sarà un aumento del bunker, dei costi assicurativi con riflessi sulle quotazioni dei noli mare per queste tratte” ha previsto, stimando inoltre una percorrenza aggiuntiva “tra i 7 e i 15 giorni”. Per quel che riguarda più in particolare i porti liguri, secondo Botta gli effetti del re-routing per il Capo di Buona Speranza si concretizzeranno in “un aggiornamento dei flussi di merce in arrivo. Alcune navi arriveranno in ritardo e, dunque, andranno riprogrammate le relative operazioni; per ora non credo ci saranno particolari riflessi sui volumi ma ritengo soprattutto sui costi di trasporto”. Più in generale “i mercati ne risentiranno e il 2024 rischia di aprirsi con prospettive economiche più incerte di quanto auspicato fino a poco tempo fa”.
Direttamente ‘dal campo’ è infine arrivata la voce sul tema di Alice Arduini. L’imprenditrice, a capo della casa di spedizioni Alix International, ha spiegato di avere raccolto i primi riscontri dalle compagnie marittime, concludendo che nel concreto l’abbandono di Suez a favore del Capo di Buona Speranza si tradurrà in un aumento dei noli marittimi (per un valore finale di “6.000 dollari per box da 40 piedi”), dei transit time “di almeno 10 giorni in media sulla navigazione”. Altre conseguenze indirette potrebbero essere una carenza di container vuoti in Cina (“rientrano i vuoti più tardi e di conseguenza slitta tutta la filiera”), la necessità da parte dei vettori di dislocare più navi sulle rotte interessate per garantire il servizio settimanale e infine un aumento dei carichi in arrivo dal Far East via treno.
Confitarma ha fatto sapere che “c’è un allarme urgente” riguardao alla stuazione in atto nel Mar Rosso perchè un “mare insicuro significa mare costoso: quando un’area di mare entra in una fase di insicurezza, i costi delle merci che passano di lì aumentano per tutti, in primis per i consumatori finali. Ma gli equipaggi sono ora il nostro primo pensiero e quindi l’attenzione è tutta sulla sicurezza”.
Confitarma in una lettera firmata dal suo presidente ha chiesto urgentemente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero della Difesa la possibilità di valutare il dispiegamento in quell’area di unità navali della Marina Militare Italiana, con una coalizione internazionale. “Questo è l’allarme urgente che abbiamo rivolto a chi può prendere velocemente questa decisione” dice la Confederazione Italiana Armatori. “Ringraziamo il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha confermato che nelle prossime ore l’Italia invierà nel Mar Rosso la Fremm (fregata europea multi-missione) Virginio Fasan, ascoltando il nostro appello” conclude la nota.
Preoccupazione per quanto sta accadendo agli scambi commerciali e ai possibili effetti indiretti sui porti italiani è stata espressa anche da Assoporti che dice: “Le decisioni dei giorni scorsi da parte delle principali compagnie di navigazione di evitare il passaggio attraverso il Mar Rosso e il canale di Suez per ragioni di sicurezza della navigazione preoccupa la portualità italiana, considerati gli effetti che potrà avere sui traffici delle merci nel Mediterraneo. Tra l’altro questo duro colpa va ad aggiungersi alla direttiva ETS dell’Unione Europea, già dannosa per i porti dell’area Med”.
“Abbiamo appreso che diverse compagnie del settore contenitori e del settore petrolifero hanno deciso di dirottare le navi su altre rotte, addirittura circumnavigando l’Africa, per evitare possibili rischi connessi al conflitto in atto in quell’area geografica. Naturalmente, queste decisioni ci preoccupano per gli effetti che potranno avere sulla movimentazione delle merci, sui tempi di consegna e sui prezzi dei noli, con conseguente riflesso sul costo dei beni al consumatore finale” ha dichiarato il presidente di Assoporti, Rodolfo Giampieri. “Il Mediterraneo, ritornato al centro delle rotte di navigazione rendendo l’Italia ancor più strategica, rischia di subire un forzato rallentamento della movimentazione. Se questa decisione si dovesse protrarre nel tempo, per i porti italiani sarebbe un danno serio. L’auspicio è che si possa giungere a una risoluzione di questa criticità nel più breve tempo possibile”.
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