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Possibile un nuovo polo per demolizioni di navi militari (e non solo) a Taranto

L’ipotesi di un progetto per produrre rottame per la siderurgia italiana sembra avallata da una visita nello scalo del commissario di Acciaierie d’Italia e da un interessamento del ministro Crosetto presso la Marina Militare

di REDAZIONE SHIPPING ITALY
4 Settembre 2024
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Yacht Express imbarco navi militari in rada ad Augusta 2

Le demolizioni delle navi della Marina Militare potrebbero essere portate a Taranto per produrre rottame (recuperando anche altro materiale) destinato non solo alla siderurgia da forno elettrico del nostro Paese, ma anche per gli altiforni dello stabilimento locale ex Ilva.

La possibilità, secondo quanto scrive Federico Pirro, professore di Storia dell’Industria dell’Università di Bari in un articolo su La Gazzetta del Mezzogiorno, è emersa in seguito a una recente visita di Davide Tabarelli, commissario di Acciaierie d’Italia, all’area di Taranto per verificare la potenziale domanda di acciaio dell’industria locale presso aziende aderenti a Confindustria; nell’occasione le cronache locali hanno ricordato che il naviglio fuori esercizio, da smantellare, della Marina Militare viene inviato in Turchia e che al proposito il ministro della Difesa, Guido Crosetto, avrebbe chiesto alla Difesa di valutare la possibilità della demolizione nel capoluogo ionico.

La possibilità di demolire nel porto tarantino le navi ormai fuori servizio era già stata formulata nel 2017, ricorda il professor Pirro, dall’Autorità di sistema portuale di Taranto e dai dipartimenti locali del Politecnico e dall’Università di Bari in un primo progetto (di massima) denominato Lamiere 2.0; il progetto di green ship recycling era ispirato al modello di La Spezia, nel cui Arsenale erano state allestite le aree per le demolizioni delle fregate Alpino e Carabiniere in virtù dell’esistenza di un provvedimento della magistratura che vietava di mandare all’estero naviglio contenente amianto.

L’idea di svolgere la stessa attività nell’Arsenale tarantino al tempo incontrò le riserve della Marina che temeva intralci ai suoi lavori ordinari – continua il professor Pirro – e l’ulteriore inquinamento del Mar Piccolo. Fra le soluzioni alternative fu dunque presa in considerazione anche quella di impiantare il cantiere in un’area di 50mila metri quadrati dell’ex yard Belleli, dopo averlo bonificato con tecniche di capping, Il protocollo d’intesa fra l’Autorità di sistema portuale e la Agenzia Industrie Difesa per avviare il percorso di collaborazione, finalizzato a portare in città un’attività che avrebbe creato un’elevata occupazione fu sottoscritto in un evento pubblico, ma il progetto non venne poi perseguito.

Oggi se l’idea di portare a Taranto questa attività riprendesse piede, andrebbe appurato se il divieto della Magistratura di trasferire all’estero navi con amianto sia sempre valido (dagli attuali trasferimenti per le demolizioni in Turchia si dedurrebbe che non lo sia più) e potrebbe poi essere ampliato anche coinvolgendo gli armatori privati.

noltre ricorda Federico Pirro che in uno dei suoi studi preparati per il Piano strategico della Zes unica – recentemente approvato dalla cabina di regia – è stata esplicitamente ripresa l’ipotesi di creare a Taranto un centro di demolizioni navali, non solo di naviglio militare ma anche di quello civile per rifornire di rottame – sempre più scarso e costoso a livello internazionale – l’industria siderurgica italiana. Naturalmente – sottolinea il professore – se si dovesse realizzare, come auspicato durante i lavori di redazione del Piano strategico – un centro altamente attrezzato per tale attività a Taranto, andrà valutato con attenzione l’aspetto di tutti i costi (non solo del cantiere necessario ai lavori, ma anche del suo esercizio) per competere con la convenienza attuale – che si dà per scontata – nel portare all’estero le demolizioni.

In questo nuovo possibile contesto l’Autorità di sistema portuale, che a suo tempo si era detta disponibile a favorire per quanto di sua competenza tutte le procedure amministrative per la creazione del cantiere – riservando invece a imprese possibilmente locali e consorziate le attività vere e proprie di demolizione delle imbarcazioni, oltre che la costruzione del cantiere – potrebbe tornare ad assolvere un ruolo promozionale dell’iniziativa, sulla quale a suo tempo si era espresso favorevolmente il direttore della Agenzia Industrie Difesa Giancarlo Anselmino, ricorda Pirro, che suggerisce di avviare preliminarmente un confronto di merito con Confitarma e la stessa Federacciai per verificare con esse e con le imprese loro aderenti la concreta fattibilità del progetto.

Un progetto che potrebbe generare notevole occupazione nel capoluogo ionico, conclude Federico Pirro, che evidenzia infine l’importanza di mantenere e diversificare l’economia di Taranto, preservando la sua base industriale in modo ecosostenibile, con focus su siderurgia, petrolchimica, navalmeccanica e Ict.

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