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La crisi del Mar Rosso un anno dopo e il conto salato che i caricatori stanno pagando

A distanza di 365 giorni dall’avvio degli attacchi degli Houthi contro le navi commerciali, il settore fa i conti con un nuovo status quo e noli triplicati

di REDAZIONE SHIPPING ITALY
20 Novembre 2024
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Confitarma – Mar Rosso – Marina Militare – fregata Virginio Fasan (F 591) – bulk carrier d’Amico (2)

Sono passati 365 giorni dall’inizio della crisi nel Mar Rosso, l’avvio delle ostilità da parte degli Houthi contro le navi in transito nello Stretto di Bab-el-Mandeb che ha di fatto interdetto il passaggio nel canale di Suez a gran parte del traffico commerciale e generato quella che ormai appare come una nuova normalità.

Gli attacchi via missile compiuti da Ansar Allah “a sostegno della popolazione di Gaza” dopo i fatti del 7 ottobre e la successiva invasione della Striscia erano per la verità iniziati già da giorni, ma fino ad allora avevano avuto soprattutto come obiettivo Israele e in particolare la città di Eilat. Solo successivamente la milizia aveva iniziato a rivolgere le proprie attenzioni anche verso le navi commerciali in transito sulla rotta, dando vita lo scorso 19 novembre 2023 all’eclatante sequestro della Galaxy Leader, car carrier operata da Nyk ritenuta dagli Houthi in qualche modo legata allo stato ebraico perchè la proprietà è riconducibile all’armatore israeliano Idan Ofer.

La scelta della milizia di colpire il traffico commerciale ha da allora generato effetti dirompenti sul trasporto marittimo che però, in modo ancora più sorprendente, sono ormai divenuti un nuovo status quo con cui fare i conti. I lanci di missili, che negli ultimi tempi erano usciti dalle cronache di settore e non, vi hanno peraltro fatto ritorno nei giorni scorsi con la notizia di nuovi attacchi ai danni di alcune unità militari americane. Indiscrezioni raccolte dalla testata statunitensi Axios a seguito di questo episodio riferiscono inoltre di un Pentagono “scioccato” dalla qualità raggiunta dall’arsenale degli Houthi, che ora “possono fare cose semplicemente sorprendenti”.

Tornando alle attività commerciali, come noto, i principali global carrier marittimi – che hanno intanto ridisegnato alleanze e servizi a seguito della fine alla esenzione data dalla Consortia Block Exemption Regulation decretata dalla Commissione Europea – hanno varato programmazioni, in vigore dal prossimo 25 febbraio, basate su questa nuova configurazione delle rotte commerciali, dando quindi per assunto il passaggio delle navi dal Capo di Buona Speranza. Anche Cma Cgm, che recentemente aveva prospettato un ritorno del suo servizio Indamex al passaggio per Suez, anziché al largo del Sudafrica, è tornata dopo poco sui suoi passi, probabilmente per il mancato sostegno a questa svolta da parte delle compagnie assicurative. Va detto peraltro tra parentesi che la compagnia francese, verosimilmente in virtù dei suoi storici legami con il Libano, passa per il canale per operare i servizi diretti verso il paese dei cedri, in virtù – secondo alcuni osservatori – di accordi specifici, e che secondo Alphaliner in particolare il suo servizio Bex2 transita indenne per la rotta.

La compagnia francese non sarebbe peraltro certamente l’unica ad agire in questo modo. Secondo un report ancora non reso pubblico elaborato da una commissione di esperti delle Nazioni Unite le compagnie che scelgono di far transitare le proprie navi per il mar Rosso, lo farebbero – come già ipotizzato da molti – a fronte del pagamento di costosi pedaggi, i quali nel corso dell’anno avrebbero fruttato alla milizia proventi per circa 2 miliardi di dollari. Gli Houthi hanno poi rigettato questa ricostruzione con alcune dichiarazioni rilasciate ieri alla testata Lloyd’s List. In ogni caso il pagamento di pedaggi costituirebbe, se confermato, un pesante incentivo al mantenimento dell’attuale status quo da parte degli Houthi e a cronicizzare il più a lungo possibile l’attuale crisi.

A un anno di distanza del suo inizio, restano poi da fare alcun considerazioni rispetto allo stato dei noli container, schizzati verso l’alto a cavallo tra 2023 e 2024 dopo l’avvio degli attacchi e dei dirottamenti, poi interessati – anche per via di altri fattori quali le tendenze economiche globali e i comportamenti di spedizionieri e caricatori – da diversi su e giù, ma non più tornati ai livelli di partenza. Allo stato attuale, le tariffe per il trasporto via mare di container dalla Cina verso i mercati di Mediterraneo e Nord Europa risultano all’incirca superiori del 200% a quelle di un anno prima (+204% per la Shanghai – Genova, da 1.373 a 4.400 dollari e +230% per la Shanghai – Rotterdam, da 1.148 a 4.043 dollari). Da rilevare che anche nel momento di massimo down successivo allo scoppio della crisi, osservato la scorsa primavera, il loro valore è stato al minimo superiore di 2,5 volte a quelle del novembre 2023. Simile la dinamica osservata sulle rotte dalla Cina agli Usa, con costi ad oggi più alti di circa il 100% (+99% per la Shanghai – New York e +113% per la Shanghai – Los Angeles).

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