Riciclaggio delle navi: la relazione della Commissione Europea sull’applicazione del Reg. (UE) n.1257/2013
A 5 anni dalla sua entrata in vigore l’efficacia di tale strumento rispetto agli obiettivi prefissati riceve un giudizio è positivo seppur vi siano margini di miglioramento in particolare con riferimento alla pratica del “reflagging”

Contributo a cura di avv. Alberto Bregante e Francesca Ronco *
* Studio legale Siccadi Bregante & C.
La Commissione europea ha pubblicato la relazione sull’applicazione del Regolamento (UE) n. 1257/2013 relativo al riciclaggio delle navi (di seguito la “Relazione”, reperibile a questo link), volta a valutare, a 5 anni dalla sua entrata in vigore, l’efficacia di tale strumento rispetto agli obiettivi prefissati. In sintesi il giudizio è positivo, seppur vi siano margini di miglioramento sotto diversi aspetti, in particolare con riferimento alla pratica del “reflagging” – il cambio di bandiera della nave prima della sua demolizione al fine di eludere l’applicazione del Regolamento – e all’implementazione e verifica dell’inventario dei materiali pericolosi presenti a bordo affinché sia effettivamente completo e fedele alla realtà.
Per avere un’idea della dimensione del problema del reflagging appaiono significativi i dati riportati a pag. 18 del “COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT Evaluation of Regulation (EU) No 1257/ 2013 […]” (di seguito anche il “Working Document”), che illustra metodi e risultati dell’indagine della Commissione ed accompagna la Relazione: nel periodo 2013-2022 una percentuale compresa tra il 27% ed il 53% delle navi che battevano bandiera di uno Stato Membro un anno prima di essere demolite ha cambiato bandiera prima della demolizione; tale intervallo percentuale aumenta ancora se si considerata il tonnellaggio e non il numero di singole unità, suggerendo dunque un più alto tasso di reflagging per le navi con maggiore stazza.
Per contrastare questa pratica risulta oggi essenziale chiarire il momento in cui viene presa la decisione di demolire una nave, descrivendo i tratti caratterizzanti della fattispecie ed i soggetti responsabili della stessa. Ciò al fine di poter accertare con maggiore facilità i casi di violazione della normativa, con conseguente applicazione delle sanzioni previste dall’autorità nazionale competente. La Commissione sottolinea come le sanzioni dovrebbero essere sufficientemente severe per risultare concretamente efficaci, obiettivo che ancora non è stato raggiunto da tutti gli Stati Membri. Sempre al fine di contrastare la pratica del reflagging resta da valutare anche l’introduzione di un incentivo finanziario, come già indicato nell’art. 29 del Regolamento.
Con riferimento invece agli inventari – la cui introduzione è risultata utile alla tutela dell’ambiente e della salute umana – è emersa, da un lato, l’esigenza per le autorità che effettuano i controlli di ottenere maggiori risorse, strumenti adeguati nonché specifiche e dettagliate linee guida da utilizzare nei controlli, e, dall’altro lato, l’opportunità di assicurare una formazione tecnica mirata per gli esperti che intervengono nella fase di redazione e verifica degli inventari, di intervenire anche sulle dichiarazioni di conformità rese dai fornitori e di diffondere l’utilizzo di strumentazione adatta al rilevamento dei materiali pericolosi.
Dall’analisi della Commissione risulta, inoltre, che l’istituzione dell’elenco dei cantieri autorizzati a demolire le navi battenti la bandiera di uno Stato Membro si è dimostrata una scelta vincente, atteso che la prospettiva di accedere al mercato di riferimento ha comportato il miglioramento degli standard delle strutture. Resta da garantire l’assoluta chiarezza e coerenza dei requisiti richiesti a tutti i cantieri nel contesto del procedimento per l’inclusione nell’elenco. Ad oggi, infatti, il processo di accesso è diversamente regolato a seconda che il sito che fa domanda sia situato all’interno di uno degli Stato Membro o si tratti, invece, di un cantiere “Extra-UE”.
L’ultima versione dell’elenco include 45 diversi siti la cui capacità di riciclaggio è ritenuta sufficiente a soddisfare l’attuale domanda. È importante, tuttavia, che tale capacità continui a crescere, considerata la previsione per il prossimo decennio di sensibile aumento del numero di navi da demolire. Ciò risulterà a maggior ragione fattibile se in futuro verranno inclusi nell’elenco anche cantieri siti nel continente asiatico, laddove si concentra principalmente l’industria globale delle demolizioni navali, tenendo presente che diversi cantieri siti in India hanno già presentato domanda di inclusione alla Commissione europea. Da un lato, questi cantieri, se inclusi nell’elenco, sarebbero in grado, in considerazione del contesto economico in cui operano (es: mercato nazionale dell’acciaio), di offrire per l’acquisto di navi importi più alti e quindi più convenienti per gli armatori (tra l’altro risulta dal Working Document, che un cantiere sito nell’Asia meridionale sosterrebbe costi inferiori per l’acquisto e la demolizione in conformità con il Regolamento piuttosto che con la Convenzione di Hong Kong del 2009). Dall’altro lato, potrebbe altresì rilevare per il futuro dell’elenco la strategia industriale dettata a livello comunitario, considerato che l’incremento delle attività di demolizione navale all’interno dell’Unione Europea comporterebbe un approvvigionamento costante o comunque più importante di rottami di alta qualità, nel contesto di garantire una maggiore competitività dell’industria siderurgica europea, ma anche un’economia più circolare ed ecosostenibile.
Il Regolamento ha, infine, indubbiamente contribuito all’entrata in vigore della Convenzione di Hong Kong del 2009 per il riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l’ambiente (giugno 2025). La prossima sfida sarà quella di garantire un corretto coordinamento tra quest’ultima e il Regolamento, oltreché tra la Convenzione di HK e quella di Basilea del 1989 sul traffico transfrontaliero di rifiuti, problematica già all’attenzione dell’IMO.
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Francesca Ronco
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