Cma Cgm si corregge: “Taranto rimane nel servizio Bora Med”
La compagnia di navigazione francese attribuisce a un errore informatico sul proprio sito web la cancellazione dello scalo in Puglia ma intanto sono scoppiate le polemiche del cluster locale
Dopo la notizia dell’abbandono da parte di Cma Cgm del porto di Taranto riportata da DynaLiners e diffusa da SHIPPING ITALY, la compagnia di navigazione francese ha scritto al nostro giornale per far sapere che la toccata al porto pugliese “non è stata rimossa” e che quindi “rimane programmata. Infatti – aggiungono dall’head quarter di Marsiglia – lo scalo a Salerno è stato aggiunto”; dunque non sarebbe sostitutivo.
DynaLiners ha annunciato questa modifica alla linea intra-Mediterranea di Cma Cgm perchè in effetti dalle informazioni presenti sul sito web della compagnia il porto di Taranto risulta essere stato sostituito da Salerno nella rotazione della linea Bora Med ma un portavoce della compagnia sostiene che “questa confusione potrebbe sorgere dal fatto che la pagina web del servizio non è ancora stata completamente aggiornata. Ci scusiamo – aggiungono – per gli inconvenienti che questo errore può avere causato”.
Che sia stato un cortocircuito informativo (o informatico) oppure una correzione postuma di una scelta operativa, la notizia che Taranto sarebbe completamente uscita anche dall’ultima linea container che finora scalava il San Cataldo Container Terminal al Molo Polisettoriale ha scatenato le polemiche in città e in porto.
I rappresentanti dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, insieme alle associazioni di categorie del settore, hanno espresso tutte grande preoccupazione per la situazione. Il fatto che Cma Cgm dica ora di non volere eliminare Taranto non sposta gli equilibri visto le movimentazioni di container al Molo Polisettoriale sono poche centinaia al mese nella migliore delle ipotesi.
Nel primo trimestre del 2025 il traffico containerizzato ha registrato una flessione del 83,2%, con la completa cessazione dei traffici su ferrovia. La situazione evidenzia il fallimento di un progetto industriale che non ha mai raggiunto gli obiettivi prefissati, nonostante gli ingenti investimenti pubblici da parte dello Stato, che ha stanziato oltre 800 milioni di euro.
Le sigle sindacali sottolineano che l’impossibilità di consolidare una linea regolare di traffico e la scarsità di crescita delle attività portuali sono il risultato di una gestione che non è riuscita a rispondere alle sfide di sviluppo e competitività. Il porto, una volta considerato una risorsa fondamentale per il territorio, è ora percepito come un’infrastruttura marginale. Questo isolamento, però, non è un fenomeno recente, ma il frutto di una lunga serie di errori di gestione che hanno minato la credibilità del porto agli occhi degli operatori internazionali.
In un contesto così preoccupante i sindacati confederali dei lavoratori chiedono un incontro urgente con le principali istituzioni locali e nazionali. La richiesta è rivolta al commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale dello Ionio, Giovanni Gugliotti, al sindaco di Taranto, Piero Bitetti, al presidente della Provincia di Taranto, Gianfranco Palmisano, e ai parlamentari ionici. Lo scopo è la creazione di un tavolo di confronto permanente che permetta di valutare le reali prospettive future del porto, avviando azioni concrete per riequilibrare i rapporti con Yilport (il concessionario del terminal container) e contrastare il suo isolamento. Le sigle sindacali non intendono più assistere passivamente al deterioramento della situazione, ma chiedono un intervento immediato per garantire la sopravvivenza e la competitività del porto.
“Lo stop alle operazioni del gruppo armatoriale Cma-Cgm, a meno di due anni dall’avvio, non è affatto una sorpresa. È l’ennesima conferma di quanto Casartigiani denuncia da tempo: una gestione miope e autoreferenziale del porto di Taranto, incapace di ascoltare il territorio. Avevamo ragione: ignorare la voce di chi opera quotidianamente nel settore ha portato a una crisi annunciata. Ora serve un cambio di passo radicale: il porto di Taranto deve diventare finalmente uno strumento di sviluppo condiviso, aperto e sostenibile”. Questa le severe esternazioni del coordinatore di Casartigiani Puglia, Stefano Castronuovo, e del rappresentante degli autotrasportatori Giacinto Fallone, che ricordano come la questione sia stata più volte sollevata nelle sedi istituzionali competenti e all’interno dell’Organismo di Partenariato della Risorsa Mare della port authority locale.
“Abbiamo sempre proposto – ricorda Fallone, a nome di tutte le aziende presenti nel porto – un modello più aperto, pluralista e competitivo, basato sull’affidamento di spazi e servizi a più operatori, soprattutto locali, in grado di garantire più concorrenza, maggiore efficienza e radicamento economico nel territorio. Tali proposte sono rimaste inascoltate o respinte, a vantaggio di una visione centralizzata che oggi dimostra i suoi limiti”.
Casartigiani, dunque, ribadisce la necessità di ridefinire il modello concessorio, aprendo alla partecipazione delle Pmi locali, anche artigiane, nei settori logistici, di manutenzione, movimentazione e servizi portuali. La Federazione degli artigiani pugliesi e ionici chiede anche la revisione del Piano Regolatore Portuale, introducendo obiettivi concreti di pluralismo gestionale, trasparenza e valorizzazione del lavoro locale.
Secondo Casartigiani Puglia è essenziale creare un Consorzio di imprese del territorio, in grado di gestire aree comuni e offrire servizi competitivi con logica cooperativa e che al contempo ne consegua lo sviluppo intermodale reale, con il potenziamento dei collegamenti ferroviari verso l’entroterra e incentivi alla logistica sostenibile.
N.C.
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