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Interviste

Alessandro Santi lancia “Welcome Ashore”: il turismo crocieristico riparte dal basso

Un nuovo sito web che nasce come movimento civico e che mira a riequilibrare la narrativa sul turismo crocieristico in Italia e nel Mediterraneo con il sostegno di residenti, piccole imprese e lavoratori

di Cinzia Garofoli
27 Ottobre 2025
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Alessandro Santi Federagenti

Alessandro Santi, ingegnere elettronico e figura di spicco della logistica marittima, già presidente di Federagenti e attualmente alla guida di un articolato gruppo logistico, annuncia il lancio di “Welcome Ashore”: sito web che nasce come movimento civico e che punta a riequilibrare la narrativa sul turismo crocieristico in Italia e nel Mediterraneo. Il movimento, sostenuto da residenti, piccole imprese e lavoratori, si propone di mettere le voci locali al centro del dibattito, promuovendo un approccio equilibrato che supporti le economie locali, protegga l’ambiente e rispetti le città.

SHIPPING ITALY lo ha intervistato per approfondire le ragioni di questa iniziativa e discutere le sfide più urgenti che attendono il settore.

Ingegner Santi, partiamo dalla notizia centrale: dalla sua posizione di vertice nel mondo imprenditoriale, ha scelto di fondare Welcome Ashore come movimento civico che parte “dal basso”. Qual è stata la spinta e qual è l’obiettivo primario?

“La spinta nasce dalla constatazione, maturata in anni di attività istituzionale, che la comunicazione sul crocierismo in Italia è spesso troppo sbilanciata. Questo è un settore vitale: il fenomeno crociere nel 2025 raggiungerà i 15 milioni di visitatori in Italia, eppure i risvolti positivi che produce vengono sistematicamente sovrastati dalle voci che sottolineano solo gli aspetti negativi.

Nella genesi di questo movimento, impostato per nascere dal basso, ha avuto un ruolo chiave la mia esperienza a Venezia. In tutti i miei anni di attività istituzionale – come operatore, presidente degli agenti marittimi veneziani e poi presidente nazionale di Federagenti – ho sempre sofferto il modo distruttivo in cui veniva gestita la comunicazione sul settore. Per questo, Welcome Ashore, sito che è già attivo online, nasce per riequilibrare questa narrazione, non solo in Italia, ma anche negli altri Paesi del Mediterraneo che affrontano lo stesso problema.

Non vogliamo negare i problemi – su temi, ad esempio, come la questione ambientale, su cui peraltro armatori e filiera sono da anni estremamente impegnati -; il nostro obiettivo primario è portare dati scientifici e la voce dei cittadini e dei lavoratori della filiera raccogliendo le esperienze sia positive che negative per fornire suggerimenti e anche richiamare l’attenzione degli armatori laddove possono fare di più; dall’altra parte vogliamo cercare di coinvolgere le amministrazioni perché effettivamente c’è molto da fare, in questo senso,  per il bene del territorio. Saranno i lavoratori e i residenti stessi a portare i contenuti con le segnalazioni sul sito, che è la nostra piattaforma di ascolto principale. Il mio ruolo è di kick-off e di supporto logistico iniziale, ma l’autenticità e la gestione devono restare civiche. Abbiamo bisogno che siano le ‘voci di chi ci mette la faccia ogni giorno’ a plasmare l’agenda di confronto con le istituzioni e le compagnie.”

Riguardo alla comunicazione sbilanciata, lei ritiene che le crociere non siano la causa principale dell’overtourism. Potrebbe spiegarci, anche con l’esempio di Venezia, su cosa dovremmo concentrarci per gestire al meglio i flussi turistici?

“In effetti è importante che si capisca che il turismo crocieristico non è la causa principale dell’overtourism. Lo dimostra in maniera evidente l’esempio di Venezia dove su 30-35 milioni di visitatori, negli anni migliori solo 1.800.000 erano crocieristi e di questi solo 400-500.000 erano anche visitatori della città; attualmente, inoltre, con lo scalo spostato a Marghera, sono ridotti a 200.000: un numero irrisorio rispetto al complesso dei visitatori.

Dovremmo, in realtà, concentrarci sullo studio di un turismo che sia programmabile e sulla possibilità di indirizzarlo in aree dove può creare sviluppo invece di generare congestione. Crediamo che il supporto debba partire da chi sul territorio ci vive e lavora, per creare un rapporto win-win con le compagnie e le amministrazioni, in un’ottica di bene comune con investimenti in servizi e infrastrutture a terra (es. collegamenti pubblici, riqualificazione urbana) che dovrebbero essere vincolati agli scali in bassa stagione, rendendo il beneficio tangibile per la cittadinanza locale.”

Il Mediterraneo è un mercato in forte crescita, ma sta affrontando problemi di congestione. Quali sono gli strumenti e le strategie concrete che l’Italia dovrebbe adottare per evitare i picchi insostenibili di passeggeri e di navi?

“La chiave di volta risiede in due azioni fondamentali e interconnesse: la destagionalizzazione e la desettimanalizzazione. Questo impone un necessario salto culturale e operativo. Oggi, l’ottimizzazione degli scali è prevalentemente concentrata sull’alta stagione, ma il costo di questo approccio non ricade solo sull’esperienza del cliente, ma sulla vivibilità urbana. Quando un flusso di passeggeri subisce un disagio prolungato, l’impatto reputazionale danneggia l’intera filiera turistica italiana, andando ben oltre il solo settore crocieristico

Ciò che manca è una programmazione centrale che permetta di distribuire i flussi in modo chirurgico e con previsione, sfruttando la possibilità di essere indirizzato che ha il turismo crocieristico. Dobbiamo lavorare per far crescere il Paese dal punto di vista della programmazione di questa industria per evitare che porti cruciali come Civitavecchia o Napoli si trovino a gestire picchi di 10-12 navi nello stesso giorno. In questo senso, iniziative come un possibile calendario nazionale delle navi, seppur complesso da implementare, dovrebbero essere sul tavolo di discussione.”

Qual è la sua visione sulla gestione infrastrutturale del crocierismo e quali priorità strategiche deve adottare l’Italia per sviluppare nuove destinazioni in modo sostenibile?

“La priorità è superare l’attuale polverizzazione degli investimenti. Non basta una banchina; il crocierismo è un fenomeno vettoriale che richiede infrastrutture, servizi e assistenza per navi di grandi dimensioni. La direzione strategica deve essere concentrazione ed efficienza, implementando una specializzazione dei porti sostenuta da una visione centrale, come sembra essere la proposta di Porti d’Italia S.p.A. Dobbiamo, infine, accettare l’evoluzione logistica, dove i porti sono più distanti dai centri storici, e concentrarci sulla riqualificazione dei servizi a terra e dei collegamenti per i passeggeri, che sono ormai consapevoli ed accettano questa realtà.”

Il mercato del new building si è polarizzato su due segmenti: le unità di extra lusso e le mega-navi che superano ormai i 6.000 passeggeri. Questo gigantismo navale è gestibile per i porti italiani e quale ruolo economico svolgono queste grandi navi, anche per i terminal più piccoli?

“Le navi più grandi, che oggi arrivano a ospitare fino a 6.500 passeggeri, sono fondamentali per l’economia dell’intero settore. Sono l’equivalente, per i container, delle navi da 21.000 Teu: sono il motore che sostiene l’industria.

Il concetto stesso di queste navi è diverso, focalizzato sull’esperienza a bordo. Non possiamo pensare che tutti i porti italiani possano accoglierle; è necessaria una scelta strategica. I porti che possono gestirle – come Genova, Napoli, Civitavecchia – devono investire nella gestione dei flussi a terra e nei collegamenti. Allo stesso tempo, si sta sviluppando un segmento di maxi-yacht e navi luxury fino a 800-1000 passeggeri, che richiede la riqualificazione di marine e banchine in un’ottica di lusso e servizi dedicati. Tuttavia, in termini di impatto, i porti che le gestiscono devono vincolarsi a rigidi standard ambientali e logistici. Nonostante le nuove tecnologie, è impensabile che un flusso di 6.500 persone non richieda una gestione ‘chirurgica’ a terra per non saturare la rete viaria e i servizi locali. Dobbiamo concentrarci sulla delocalizzazione dei servizi a terra, riducendo al minimo la congestione nelle aree urbane centrali.”

Guardando alla concorrenza internazionale, la sfida si gioca sempre più sulla transizione energetica. L’Italia rischia di essere penalizzata sui rifornimenti e sulle infrastrutture green rispetto a competitor come Spagna e Grecia? Quali passi sono urgenti per garantire la sostenibilità operativa delle navi di nuova generazione?

“La concorrenza nel Mediterraneo si è spostata sulla sostenibilità. La sfida è chi arriva prima a completare la transizione al Gnl, e presto ai biocarburanti come il metanolo e l’idrogeno, e chi offre il maggior accesso al cold ironing.

Il rischio non è tanto la mancanza di infrastrutture materiali, quanto l’assenza di una guida centrale nella scelta dei vettori energetici. Non possiamo permetterci di avere 70 porti che investono in modo autonomo su quattro serbatoi diversi.

L’Italia è leader nel Mediterraneo e deve mantenere questo vantaggio competitivo, ricordando che il crocierismo è il migliore strumento di marketing territoriale a nostra disposizione. Il turista che tocca sette porti in sette giorni, se trova un territorio che gli ha ‘sorriso’, torna da individuale, smentendo la falsa idea che i crocieristi non lascino soldi a terra. È un business, ma deve essere gestito con la consapevolezza che il territorio viene prima di tutto.”

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