Bancarotta fraudolenta nelle riparazioni navali triestine
Nel mirino della Guardia di Finanza il patron di un’impresa siciliana attiva in Friuli Venezia Giulia

Il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Trieste ha sequestrato circa 500mila euro di beni e disponibilità finanziarie profitto di reati fallimentari e tributari ai danni di una società con sede a Palermo, ma operante stabilmente in subappalto nel territorio del Friuli Venezia Giulia, al termine di un’articolata attività d’indagine nei confronti di un operatore della cantieristica navale.
Le indagini, condotte sotto la direzione della Procura della repubblica di Palermo, hanno appurato che la società, facente parte di un gruppo che sviluppa complessivamente un volume d’affari superiore ai sei milioni di euro, era stata messa in liquidazione giudiziale per insolvenza nei confronti dei creditori.
Nel contempo, il suo socio unico e amministratore è accusato di aver messo in atto, in modi e tempi non occasionali, una serie di condotte criminose che hanno depauperato il patrimonio aziendale a discapito dei molteplici creditori, tra i quali in particolare i dipendenti (trasfertisti da altre regioni) e l’amministrazione finanziaria.
L’inchiesta ha consentito di scoprire come l’imprenditore avesse falsificato per anni i bilanci d’esercizio, con l’obiettivo di mascherare lo stato di dissesto dell’azienda e compiere ulteriori episodi di distrazione, sempre a danno della garanzia patrimoniale per i creditori: in particolare, ha sottratto indebitamente denaro dalle casse societarie, per poi trasferirlo su conti correnti personali o dei propri familiari o utilizzarlo per spese non inerenti all’attività d’impresa.
Viaggi, concerti, orologi di marca, monili di alta gioielleria, soggiorni presso resort di lusso: queste le voci di spesa personali dell’imprenditore con i soldi dell’azienda, a discapito, da un lato, delle casse erariali e, dall’altro, del personale dipendente, vistosi senza la spettante retribuzione, comprendente, peraltro, anche turni di lavoro svolti fuori dalla Sicilia.
La mala gestio così operata ha determinato inevitabilmente l’accrescimento dei debiti, con un passivo totale accumulato superiore a 8 milioni di euro, che ha causato l’apertura della liquidazione giudiziale dell’impresa.
L’indagine ha condotto al deferimento dell’imprenditore alla Procura della repubblica di Palermo per bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 322, comma 1, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000).
“Tali condotte alterano artificiosamente diversi equilibri del mercato, ledendo gli interessi di plurime figure del mondo del lavoro, dai creditori, ai fornitori, agli stessi dipendenti delle aziende dichiaranti fallimento (ora liquidazione giudiziale)” si legge in una nota della Guardia di Finanza.
Le conseguenti perquisizioni condotte a Trieste in collaborazione con i finanzieri del Gruppo di Palermo, hanno permesso di individuare, oltre che ulteriori fonti di prova, anche beni “economicamente aggredibili” intestati all’indagato che sono stati sottoposti a sequestro.
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