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I portuali di Napoli e Ancip rincarano la dose contro il numero uno di Conateco

I portuali di Napoli e l’associazione nazionale Ancip vanno ancora all’attacco di Conateco e del suo amministratore delegato, Pasquale Legora de Feo, che nei giorni scorsi aveva auspicato una maggiore apertura alla concorrenza della fornitura di manodopera portuale nello scalo del capoluogo partenopeo. Dopo una prima risposta che il presidente dell’Associazione Nazionale Imprese Portuali, Luca […]

di Nicola Capuzzo
4 Maggio 2020
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Porto di Napoli

I portuali di Napoli e l’associazione nazionale Ancip vanno ancora all’attacco di Conateco e del suo amministratore delegato, Pasquale Legora de Feo, che nei giorni scorsi aveva auspicato una maggiore apertura alla concorrenza della fornitura di manodopera portuale nello scalo del capoluogo partenopeo.

Dopo una prima risposta che il presidente dell’Associazione Nazionale Imprese Portuali, Luca Grilli, ha affidato a SHIPPING ITALY nella quale chiudeva subito (motivandone le ragioni) a un’ipotesi di deregulation del lavoro portuale, ora è stata la Compagnia Unica Lavoratori Portuali di Napoli presieduta da Pierpaolo Castiglione, sempre insieme all’associazione di categoria nazionale, a rincarare la dose.

Dopo una prima premessa nella quale si ripercorre l’excursus normativo della materia in questione, vengono sottolineati tre parametri considerati essenziali: professionalità, competenza e sicurezza sul lavoro. “Tali garanzie devono essere considerate centrali, anzi indispensabili, ai fini del corretto funzionamento di un porto perché solo attraverso di esse si possono raggiungere quegli standard di qualità ed efficienza oggi richiesti. La normativa configurata dalla legge 84/94 propone una separazione tra l’azione imprenditoriale, incentrata in capo alle Imprese e terminalisti di cui agli articoli 16 e 18 della medesima legge, e la fornitura di mere prestazioni lavorative, assegnate alla società di cui all’articolo 17. Separazione marcata ancora di più con il divieto per le società artt. 16 e 18 di detenere in qualsiasi modo partecipazioni nelle società art. 17 e viceversa. E questo perché la necessità di trovare una economia complessiva non può incidere sugli aspetti lavorativi che devono avere, invece, come loro obiettivo la sicurezza e la professionalità, elementi entrambi riconosciuti sia dall’attività consolidata da decenni, che dal riconoscimento che la stessa Legge formula”.

Ancip e la Compagnia portuale di Napoli sottolineano che, al fine do ottenere in concessione la funzione di prestatore di manodopera, le società art.17 nelle loro offerte devono considerare come elemento qualificante “la professionalità e la competenza nelle operazioni, ancor di più della economicità dei costi”.

Secondo i portuali quanto affermato dall’amministratore delegato di Conateco “in merito a una presunta necessità di una pluralità di soggetti esercenti l’attività di prestazione di lavoro portuale temporaneo appare quanto meno strumentale e rivelatrice di una approssimativa conoscenza della Legge 84/94; a tutto ciò aggiungasi che non è dato comprendere l’utilità di più società che dovrebbero applicare la stessa tariffa retribuendo i propri lavoratori alle medesime condizioni se non frammentare la risposta operativa con un organico frazionato e certamente non sufficiente o peggio poco preparato a rispondere con immediatezza e preparazione alla domanda di lavoro del porto”.

La comunicazione di Ancip e della Compagnia portuale di Napoli passa poi al contrattacco: “A nostro sommesso avviso – è scritto – i problemi del porto, in particolare del porto di Napoli, sono altri e più precisamente nelle distorsioni che si verificano quotidianamente: scambio di mano d’opera tra le diverse imprese articoli 16 e 18; articoli 16 che forniscono mere prestazioni di lavoro appannaggio degli articoli 17 all’uopo autorizzati; la parcellizzazione delle aree portuali nella quasi totalità oramai asservite in concessione con evidente impossibilità di accesso al porto nei confronti di altri e diversi imprenditori che potrebbero arricchire il porto con ulteriori linee di traffico; lo sfruttamento dei lavoratori attraverso atteggiamenti prevaricatori assimilabili finanche allo stalking; l’arroganza di alcuni interlocutori che, pervicacemente, si arroccano su posizioni ormai superate dai fatti circa i costi del lavoro e una organizzazione del soggetto autorizzato alla fornitura di lavoro portuale temporaneo che da tempo ha cambiato i suoi parametri adeguandoli alle necessità del porto e dei suoi attori”.

In conclusione i portuali affermano che la Compagnia ha “dimostrato nei fatti di essere una società affidabile e attenta alle esigenze degli utenti portuali; solo qualcuno non lo ha ancora capito sebbene ancora recentemente si sia dimostrato con i fatti che l’operatività portuale non può che trovare giovamento dall’utilizzo degli operai della Culp”.

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