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Economia

“Il trasporto marittimo non potrà fare a meno della sostenibilità”: il perché lo spiega un report di Wfw

Lo studio legale internazionale Watson Farley & Williams ha appena presentato un report dedicato alla sostenibilità che esamina diversi punti di vista del comparto marittimo sui trasporti green e sulla governance delle aziende cercando di spiegare come queste questioni avranno un impatto sulle modalità con cui si finanziano e si strutturano gli investimenti. I principali […]

di Nicola Capuzzo
24 Febbraio 2021
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Eco Valencia (Grimaldi) zero emission in port

Lo studio legale internazionale Watson Farley & Williams ha appena presentato un report dedicato alla sostenibilità che esamina diversi punti di vista del comparto marittimo sui trasporti green e sulla governance delle aziende cercando di spiegare come queste questioni avranno un impatto sulle modalità con cui si finanziano e si strutturano gli investimenti. I principali risultati sono:

Nell’ultimo decennio l’attenzione relativa alla sostenibilità è aumentata vertiginosamente nell’agenda dello shipping con questioni ambientali, sociali e di governance (Esg) che già influenzano le decisioni inerenti ai finanziamenti, il rinnovamento delle flotte e i cambiamenti normativi in tutto il settore.

Nel 2018 l’Organizzazione Marittima Internazionale delle Nazioni Unite (Imo) ha fissato un obiettivo ambizioso per il settore marittimo: ridurre l’intensità di CO2 del trasporto marittimo del 40% entro il 2030 e le sue emissioni di gas serra del 50% entro il 2050, rispetto a una base di riferimento del 2008. Molte banche, soprattutto dell’area occidentale, hanno inoltre sottoscritto i Poseidon Principles, che le impegnano a rendere pubblica la quota di carbonio esistente nei loro portafogli di prestiti rispetto alla rotta verso la decarbonization indicata dall’Imo. L’impegno sul tema della sostenibilità anche da parte dei grandi noleggiatori è dimostrato dalla costituzione del Sea Cargo Charter nell’ottobre 2020.

I principali risultati di questo report dicono che: 1. la riduzione delle emissioni di carbonio è la sfida principale e più imminente, anche se le tensioni commerciali, il Covid-19 e l’accesso ai finanziamenti sono altrettanto importanti; 2. i finanziatori attribuiscono maggiore importanza alle questioni relative alla sostenibilità rispetto agli operatori; 3. nonostante l’impegno per la sostenibilità, le banche che per tradizione sono impegnate in operazioni di finanziamento navale hanno scarso interesse a finanziare i progressi delle nuove tecnologie pulite – o a consentire che siano finanziate da altri; 4. la decarbonizzazione sembra destinata a promuovere una maggiore cooperazione tra coloro che operano nel settore; 5. il settore si rivolge ai governi per sostenere il finanziamento delle tecnologie pulite e dello studio sui carburanti; 6. gli armatori sono cauti nell’impegnarsi in nuove tecnologie verdi.

Le risultanze sono il frutto di su un’indagine condotta su 545 responsabili decisionali del settore, di cui due-terzi sono figure manageriali C-level e il resto massimi dirigenti, e dieci interviste approfondite con figure di alto livello del settore. Banche, lessor e altre fonti di finanziamento comprendono il 44% degli intervistati, i noleggiatori il 12% e gli armatori e gli operatori il restante 44%. Quasi la metà degli intervistati proviene da Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA), poco più di un terzo dall’Asia Pacifica e il resto dalle Americhe.

I principali risultati

L’incertezza sulla fonte energetica alternativa per il futuro (Gnl, idrogeno, ammoniaca o altro) comporta che gli operatori esitino ad acquistare navi che utilizzano combustibili puliti per timore che possano rivelarsi la scelta sbagliata per un investimento di 20-30 anni, il che significa che probabilmente si arriverà al 2030 prima di vedere un passaggio significativo ai combustibili puliti. Al contempo, il settore shipping deve mitigare le sue emissioni di carbonio con altre tecnologie, come una migliore progettazione dello scafo e dell’impianto elettrico, un retrofit su gli hardware e i software di ottimizzazione per i viaggi. Alcuni di questi sistemi sono già popolari, specialmente nel settore digitale, e vi è la possibilità di significative riduzioni delle emissioni con un miglioramento e una maggiore efficienza dei processi.

L’indagine di watson Farley & Williams dimostra che i costi sono il fattore chiave dietro la decisione di un armatore di investire in una nuova tecnologia, seguito da risultati comprovati.

Al centro della sfida relativa alla decarbonizzazione nel settore shipping, vi è la questione di chi assuma il rischio finanziario di ricercare, sviluppare e installare nuove tecnologie. Con alcuni armatori che non sono propensi a farlo, e la tradizionale finanza marittima che non è la fonte di investimento più ovvia, molti ritengono che i governi dovrebbero prendere l’iniziativa nel finanziamento della ricerca. Tuttavia, spendere soldi pubblici per una navigazione più pulita potrebbe essere difficile da giustificare, data la natura sovranazionale del settore e la sua reputazione di scarsa trasparenza, il che vuol dire che qualsiasi supporto di questo tipo potrebbe comportare ulteriori obblighi a carico degli armatori, che vanno oltre gli standard ambientali e l’ambito della governance.

Il problema di chi debba compiere il primo passo può essere superato attraverso una maggiore condivisione del rischio. Tuttavia, lo shipping resta un settore molto conservatore – come risulta dai risultati dell’indagine – con armatori che preferiscono cooperare con i loro pari piuttosto che con società energetiche o specializzate in tecnologie, nonostante l’esperienza di queste ultime nelle aree rilevanti dell’innovazione tecnologica. Un altro ostacolo è il rapporto armatore-noleggiatore, e la misura in cui i costi dei retrofit per l’adozione di tecnologie pulite si riflettano nelle tariffe di noleggio.

Anche se gli armatori non collocano l’accesso ai finanziamenti tra le loro principali sfide, vi è un divario tra il modo in cui vedono l’Esg e il modo in cui le banche e altre fonti di capitale stanno adeguando i loro portafogli in base a criteri di sostenibilità e governance. L’indagine oggetto del rapporto mostra che la maggior parte dei finanziatori riconsidererebbe il sostegno alle compagnie di navigazione che non rispettano i regolamenti ambientali, anche se non ritengono di dover avere un ruolo nel migliorare l’impatto dello shipping in questo ambito. Anche altre fonti di finanziamento stanno intensificando il loro monitoraggio Esg, dagli investitori istituzionali, come i fondi pensione, ai capital market.

Ad incidere sulla propensione a concedere prestiti vi sono anche i requisiti, sempre più rigorosi, di adeguatezza del capitale, come stabiliti dagli accordi di Basilea, che potenzialmente rendono alcune banche occidentali più riluttanti a concedere prestiti al trasporto marittimo. I requisiti di capitale possono mettere ulteriore pressione sul tradizionale finanziamento del debito e rendere più attraenti altre opzioni come il leasing, le joint venture e i capital market.

La conformità con la governance e gli standard sociali sta diventando importante anche perché la pressione degli enti regolatori e dei legislatori è in costante aumento. Un ulteriore sprone per una migliore governance è l’attrazione di nuovi capitali nel settore. La maggior parte degli armatori, dei noleggiatori e dei finanziatori concorda sulla necessità di migliorare la trasparenza – vista come la chiave per attingere a ulteriori finanziamenti e ai mercati dei capitali – per attrarre nuovi investitori.

Per realizzare i miglioramenti ambientali da cui possono conseguire altri vantaggi, tutte le parti coinvolte nello shipping dovranno dare un loro contributo. Esattamente come è in discussione, ma le idee comuni includono fondi per l’innovazione da parte dei governi e delle banche, crediti dai cantieri navali per scelte più ecologiche, come navi dual-fuel e condizioni che prevedono noleggi più lunghi (o tariffe più alte) per sostenere gli investimenti puliti degli armatori.

È interessante notare che molti nel settore credano che la spinta verso la sostenibilità porterà a dei cambiamenti nella forma, nella struttura del capitale e nel finanziamento del settore, il che significa che lo shipping non sarà in grado di apportare un cambiamento ambientale significativo senza affrontare anche questioni sociali e di governance.

Watson Farley & Williams conclude dicendo che, nonostante la reputazione di un settore all’antica e resistente al cambiamento, il trasporto marittimo ha dimostrato nel corso degli anni di essere un’industria altamente resiliente e adattabile. Al suo interno vi è la chiara consapevolezza che ci troviamo all’apice di una nuova era e probabilmente vedremo cambiamenti significativi nei prossimi anni che rimodelleranno l’industria.

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