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Interviste

Scarpa (Fedespedi): “Importanza e fragilità della supply chain marittima secondo gli spedizionieri”

(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena realizzato da SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI   Contributo a cura di Andrea Scarpa * * vicepresidente di Fedespedi   Mentre nel 2020 il mondo ha scoperto l’importanza della supply chain, il 2021 è stato l’anno che ne ha rivelato […]

di Redazione SHIPPING ITALY
7 Maggio 2022
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(Questo contributo è stato pubblicato all’interno dell’inserto “I numeri dei porti italiani – Ediz. 2022” appena realizzato da SHIPPING ITALY) – CLICCA E LEGGI QUI

 

Contributo a cura di Andrea Scarpa *

* vicepresidente di Fedespedi

 

Mentre nel 2020 il mondo ha scoperto l’importanza della supply chain, il 2021 è stato l’anno che ne ha rivelato l’intrinseca fragilità: la nostra attività di imprese di spedizione è passata da essere finalmente riconosciuta e apprezzata a ritrovarsi “sul banco degli imputati”, per quanto incolpevole, accusata di inefficienze in realtà dovute ad altri operatori della catena logistica.

Fino a prima della pandemia l’efficienza, la puntualità e il basso costo delle spedizioni, particolarmente di quelle marittime, venivano considerati un fatto acquisito e facevano sì che spesso fosse data scarsa importanza a questo tema nelle valutazioni aziendali collegate alla supply chain.

Ora si sono ribaltati i fattori e, a seguito della dilatazione dei transit time e dell’aumento dei noli, l’argomento è diventato prioritario in tutte le scelte delle aziende legate all’import/export.

Da un punto di vista strettamente finanziario, i bilanci sono positivi, in maggioranza, ma è pur vero che i numeri possono ingannare, perché non siamo in presenza di un mercato “normale” dove la domanda e l’offerta sono alte perché l’economia è in crescita. I risultati sono semplicemente la somma di costi più alti, per servizi la cui qualità e affidabilità sono notevolmente peggiorate.

Gli stessi numeri ci dicono che c’è stata una ripresa e che in alcuni settori addirittura le cose vanno meglio che nel 2019, si pensi ad esempio al trasporto contenitori o al ro-ro, ma in generale il raffronto con il 2019 vede ancora una flessione (del resto naturale, considerata la rottura totale che la pandemia ha portato nel mondo, nel modo di fare business).

Comunque i porti italiani, se guardiamo l’indice Port Liner Shipping Connectivity Index elaborato dall’Unctad, sono posizionati ancora in una fascia bassa: il primo porto gateway è Genova, che si piazza al 59° posto a livello mondiale, posizione non adeguata al potenziale economico import/export del nostro paese.

Quello che è successo sembrerebbe essere un cambiamento epocale: l’eccesso di stiva aveva portato le compagnie a “corteggiare” le imprese di spedizione per avere merce e ora siamo noi a dover “pregare” per avere spazi per la nostra clientela. E la situazione non cambierà nel breve periodo, perché agire sulla capacità di stiva regolandola, come stanno facendo le compagnie, inevitabilmente non consente un cambiamento.

La mancanza di contenitori, i ritardi (arrivati ormai a livelli inaccettabili), i noli aumentati in maniera esponenziale, i porti congestionati sono problematiche ormai diventate la quotidianità: la supply chain marittima globale è sotto pressione e c’è chi ha cercato di porre rimedio a una situazione giustamente considerata insostenibile, cambiando il proprio ruolo e provando a diventare armatore.

Ad aggravare un quadro che già non era certo confortante ci si è messa anche la guerra nel cuore dell’Europa: arrivata al momento in cui scriviamo oltre il 60° giorno, dopo due anni di pandemia (peraltro ancora presente), ha modificato drasticamente l’intero quadro economico, rigettandolo nella più completa incertezza. Le previsioni a breve sono state riviste al ribasso per tenere conto degli effetti negativi sui consumi, sugli investimenti e sul commercio estero di una serie di fattori quali la crescita delle materie prime energetiche, delle pesanti sanzioni imposte alla Russia. Inoltre, bisogna affrontare nuovamente l’inflazione, problema che dopo molto anni è tornato, purtroppo, di forte attualità.

Insomma: fare previsioni è sempre difficile ma in questo caso è abbastanza facile dire che i veri problemi potrebbero risultare visibili nel corso del 2022 (e dal 2023, quando inizieranno a essere consegnate le nuove mega navi che sono state ordinate): la situazione favorevole creatasi a seguito della ripresa e delle circostanze particolari verificatesi nel 2021, difficilmente si ripeteranno nel 2022.

Purtroppo, da tutta questa situazione le più penalizzate sono le piccole e medie imprese, che non possono sopportare gli alti prezzi imposti e stanno via via perdendo i punti di riferimento e, in ultima analisi, i consumatori.

Noi stiamo da tempo denunciando anche a livello europeo e mondiale le storture di questo sistema e la necessità di pari opportunità in un libero mercato: la speranza è che già entro il 2022 si inizino a porre le basi per un cambiamento al fine di controvertere l’attuale situazione.

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