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Ecco quanto costerà la decarbonizzazione dei traghetti a ogni passeggero in Italia

Assarmatori, col contributo di Rina, ha calcolato quanto le misure ‘verdi’ di Imo e Commissione Europea impatteranno economicamente sui ro-pax italiani: “Uno tsunami”

di Redazione SHIPPING ITALY
28 Giugno 2022
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Che la decarbonizzazione non possa essere a costo zero è una certezza, ma ora, per quel che riguarda lo shipping italiano, esiste una misura dell’impatto che i percorsi normativi scelti dalle istituzioni internazionali (in primis Imo e Commissione Europea) avranno sulla flotta tricolore e/o sulle abitudini di consumo dei suoi utenti.

A partire dall’anno prossimo, con l’entrata in vigore dell’Ets – Emission trading system (perlomeno per come finora delineato, l’iter è in corso), in assenza di interventi tecnici migliorativi, i costi per il settore ro-pax cresceranno di circa 275 milioni di euro, arrivando, potenzialmente a una cifra compresa fra 320 e 380 milioni di euro a seconda della revisione della Energy Taxation Directive (Etd) , che propone la rimozione delle esenzioni fiscali previste per i combustibili fossili impiegati nel trasporto marittimo.

A evidenziarlo è uno studio di Assarmatori – condotto da Enrico Allieri – sulle misure previste dal pacchetto Fit for 55 dell’Ue, che mette in luce come tale incremento si tradurrebbe – se ribaltato interamente sul passeggero – in un aumento di circa 30 euro di un biglietto passaggio ponte per un viaggio su un traghetto di lungo raggio, pari a circa il 70% rispetto alla tariffa media, oggi sui 43 euro. Accanto a questo studio interno l’associazione presieduta da Stefano Messina ha commissionato a Rina un approfondimento sull’impatto sulla flotta ro-pax del Carbon Intensity Indicator che l’Imo introdurrà a partire dal 2023 con requisiti via via più stringenti.

Basandosi su un campione di 73 navi e su dati relativi al 2019 (quanto a impiego e ‘livello’ tecnico) Andrea Cogliolo, messa innanzitutto in luce la perfettibilità dell’indicatore soprattutto per i ro-pax (un rapporto fra emissioni di CO2 e prodotto di dwt e miglia marittime, che quindi non tiene conto del carico e delle soste nei porti) ha mostrato come dal 2026, in assenza di interventi migliorativi dell’efficienza energetica, il 73% dei traghetti italiani rischia di non esser più autorizzato alla navigazione o di dover modificare il proprio profilo operativo (viaggiando più piano e/o percorrendo meno miglia), ma già nel 2023, come si vede dall’immagine, solo il 37% del campione sarebbe in grado di rispettare i requisiti e lavorare ai ritmi del 2019 senza l’adozione di ulteriori misure (fasce A-B-C).

Malgrado quindi nella peggiore delle ipotesi il costo di Ets ed Etd, se ribaltato interamente sui passeggeri, richiederà ad ognuno di rinunciare a 2-3 pizze l’anno, per Assarmatori si tratta di un “vero e proprio tsunami di extra costi”, che avrà “impatti in particolare sugli italiani che vivono sulle isole anche per quanto concerne l’approvvigionamento delle merci, la continuità territoriale garantita dalla Costituzione e l’industria turistica”. Per l’associazione “le misure volute dalla Commissione Europea per la decarbonizzazione del trasporto marittimo, del tutto condivisibili in linea teorica, sono intempestive e rischiano di creare gravi danni non solo alla tenuta economica delle compagnie impegnate in questi servizi ma anche, a valle, su tutta la filiera: servizi merci, trasporto passeggeri, turismo insulare”.

Intanto proprie in questi giorni la Ong Transport&Environment ha diffuso i risultati di uno studio simile, ma dedicato al settore dei container, mostrando come “far funzionare le navi interamente con combustibili a base di idrogeno verde aggiungerebbe meno di 0,10 euro al prezzo di un paio di scarpe da ginnastica e fino a 8 euro per un frigorifero. Un piccolo prezzo da pagare per ripulire una delle industrie più sporche della terra” secondo Faig Abbasov, direttore della sezione shipping di T&E.

Lo studio mostra che anche nel caso più estremo di una nave alimentata con combustibili verdi al 100%, i prezzi non aumenterebbero in modo significativo. Nello scenario peggiore, infatti, i caricatori dovrebbero affrontare un aumento dei costi di trasporto dall’1% all’1,7%. “Nello scenario peggiore, i caricatori dovrebbero affrontare un aumento dei costi di trasporto dall’1% all’1,7%. Un decennio fa, l’unica speranza di decarbonizzare lo shipping era fermare lo stesso commercio globale. Ora abbiamo la tecnologia, ma quello che manca è un segnale di mercato per i produttori di idrogeno verde. In qualità di leader mondiale nel trasporto marittimo, l’UE dovrebbe stabilire regole tali da incentivare alla produzione di quantità idonee di combustibili verdi. Il trasporto verde è possibile, è una questione di volontà politica”.

A.M.

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