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La riforma dei porti secondo Rixi: “Spa, autonomia finanziaria e federalismo”

Il viceministro ai Trasporti critico nei confronti dello strapotere di un player (Msc) nei porti italiani e nel rimorchio. Nel mirino anche l’accentramento di risorse del Pnrr sulla diga di Genova

di Nicola Capuzzo
29 Novembre 2022
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Roma – Nel corso della legislatura appena iniziata a trazione Fratelli d’Italia – Lega – Forza Italia appare probabile che un’altra riforma portuale possa prendere forma. Lo ha annunciato e spiegato il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, parlando a Roma in occasione del convegno intitolato ‘I porti tra nuove identità e vecchi orizzonti’ organizzato anche per celebrare il ricordo di Francesco Nerli.

“Vogliamo provare a diventare il secondo pilastro della logistica continentale o preferiamo continuare a farci la guerra fra di noi?” ha detto l’esponente di Governo spiegando la sua idea di riforma della legge portuale del ’94 e del suo successivo aggiornamento. “Dobbiamo chiederci se vogliamo giocare la partita da protagonisti o di rimessa”.

In primis è un tema di federalismo: bisogna, secondo Rixi, “trovare un sistema per cui la crescita di un sistema portuale lasci qualcosa sul territorio. Perchè se in un porto storico arrivano 6 navi da crociera avrò un problema con la popolazione. Se il traffico container di un porto passa da 4 a 7 milioni di Teu avrò un problema con la popolazione. Bisogna trovare un sistema per cui il porto porti anche una riqualificazione”. Federalismo che va a braccetto con una maggiore autonomia finanziaria dei sistemi portuali: “Ogni bacino portuale dovrebbe avere un polmone finanziario proprio”. A proposito di Pnrr e della nuova diga di Genova ha aggiunto: “Un paese che impiega oltre metà delle risorse per un’unica opera ha un problema”.

E i problemi sono molti negli scali italiani, secondo il viceministro, a giudicare dal lungo elenco di citicità evidenziate. “L’Italia al mare dedica ancora troppo poca attenzione. Un tema è quello a livello comunitario sulla doppia contabilità per le Autorità portuali, vorrei non far più subìre a questo Paese le decisioni di altri. Non ci possiamo fare dettare le regole da altri: francesi, tedeschi e olandesi”.

Il discorso non poteva ovviamente non arrivare al modello Società per azioni per le Autorità di sistema portuale: “Non sono innamorato del modello Spa per la gestione dei porti ma se può servire a qualche scalo maggiore per essere più competitivo… ben vengao le Spa controllate dal pubblico. Il rischio è che la funzione pubblica passi in secondo piano rispetto ad altri interessi. Altro rischio è che i soldi ce li mette il pubblico e il guadagno lo ottiene il privato”.

Il convitato di pietra al convegno è stato il Gruppo Msc, in alcuni frangenti menzionato esplicitamente, in altri sottinteso. “Rischiamo di avere i porti in mano a uno o due operatori. Il privato ha miliardi di euro da gestire, la pressione non è gestibile. Il pubblico non può trovarsi ad affrontare sfide epocali con sudditanza rispetto al privato. Poi se magari qualcuno che prima lavorava nel pubblico passa poi a a lavorare nel privato…”. Non è chiaro se il mirino della critica fosse rivolto a Luigi Merlo in questo caso o anche ad altri.

Quel che è apparso chiaramente è il timore di un eccessivo predominio del gruppo Msc nei porti italiani. “Sulle grandi concentrazioni sono contento che nel porto di Genova si sia trovata una sorta di equilibrio fra tre grandi operatori, se ne fosse rimasto solo uno sarebbe stato peggio” ha affermato ancora il viceministro e in questo caso il riferimento sembra essere al fatto che il 49% del Gruppo Spinelli sia stato acquistato da Hapag Lloyd e non dal global carrier ginevrino fondato da Gianluigi Aponte. E ancora un’altra stoccata: “Tengo al fatto che ci sia una supervisione del pubblico non solo per la safety perchè se uno facesse il monopolista nel rimorchio metterebbe a rischio anche la libera circolazione delle merci”.

In conclusione, secondo Rixi, “lo Stato è rimasto fermo mentre il mondo è andato avanti. O diamo maggiore flessibilità allo Stato o serve una riforma complessiva della macchina pubblica. Il problema è capire come mai con le cose fatte in passato (e di authority ne abbiamo tante) certi processi non si riescono a governare. E’ un tema che ci dobbiamo porre. Aver rinforzato le agenzie a discapito dei ministeri ha depauperato la macchina pubblica…”. In quest’ultime parole il mirino delle critiche era chiaramente rivolto all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato e all’Autorità di Regolazione dei Trasporti.

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