Intervista a Paolo Enoizi, l’italiano all’estero che trasporta via mare il Gnl nel mondo
Partito da Genova, laureato in ingegneria navale, è stato prima al vertice di Stolt Tankers e ora è Ceo di Gaslog. Guardando lo Stivale evidenzia le eccellenze nei servizi ma si rammarica per il tessuto armatoriale andato perduto
Paolo Enoizi, ha appena festeggiato i suoi primi 5 anni al vertice di Gaslog, società armatoriale greca specializzata nel trasporto via mare di gas naturale liquefatto nella quale è approdato dopo un’esperienza nordeuropa in Stolt Tankers.
E’ uno dei professionisti italiani di maggiore successo a livello internazionale nel business del trasporto marittimo e in questa intervista esclusiva rilasciata a SHIPPING ITALY sottolinea le eccellenze nostrane soprattutto nella fornitura di servizi mentre commenta con un certo rammarico la scomparsa di molte realtà armatoriali esistenti fino ai primi anni Duemila.
Ing. Enoizi partiamo dal commentare il ruolo crescente dell’Italia nel mercato del gas naturale liquefatto? Diversi nuovi terminali di rigassificazione sono e saranno attivati lungo lo Stivale…
“Tenga conto che io non lavoro in Italia dal 2007 e anche prima ho passato tantissimi anni all’estero, quindi di fatto non è che abbia poi lavorato tantissimo con il tessuto shipping italiano per il trasporto di Gnl.”
Eppure è notizia recente il battesimo di una vostra nuovissima nave chiamata Gaslog Italy…
“Il riferimento italiano lì non c’entra niente con me, ma ovviamente di più con la madrina Ilaria Azzimonti e con l’Eni che l’ha noleggiata per 7 anni. Noi abbiamo sempre avuto una nave impiegata con Eni da 3/4 anni a questa parte; recentemente c’è stato questo sviluppo con loro di una nuova costruzione di cui siamo molto contenti.”
Quale e quanto rapporto c’è fra Gaslog e l’Italia?
“Noi siamo molto diversificati come clienti a livello internazionale. In Italia lavoriamo con Eni e con, indirettamente, Enel tramite Endesa. Abbiamo una nave impiegata con ciascuna azienda. Eni non è un grande charterer, noleggia a termine 3 o 4 navi del genere e noi siamo sempre stati nel mix.
Caricatori come Eni sono molto attenti alla qualità del servizio. Per esempio noi abbiamo fatto con loro tutti i primi carichi dalla nuova Flng in Congo; lavorano con noi e con altri pochi armatori per una questione proprio di qualità e flessibilità della piattaforma operativa.
Adesso hanno in discussione un’altra unità simile a quella della Coral installata in Congo. Se andranno avanti con questo progetto, visti anche altri volumi che hanno preso in altri Hpa (Heat purchase agreemtn, ndr) probabilmente avranno bisogno di ulteriori servizi di shipping. A parte questo non abbiamo altre relazioni con l’Italia, fatto salvo il fatto che andiamo ovviamente ogni tanto a scaricare sia a Rovigo che in Toscana.”
In prospettiva prevede che quello italiano possa essere un mercato in crescita anche per lo shipping di Lng o rimarrà piuttosto modesto?
“Le stime, e in particolare mi riferisco a un bellissimo grafico fatto da Wood Mackenzie, dicono che l’Europa scenderà come domanda nei prossimi 10-15 anni per due motivi: fondamentalmente per una transizione ecologica importante e per una diminuzione della domanda; fortunatamente l’output sul Gnl in generale è di crescita, ma più che altro da Cina e Far East. Quindi io direi che in Italia, al netto di una crescita immediata dovuta a un nuovo rigassificatore venuto on-line e dal fatto che ci sono dei carichi emersi dopo la guerra in Ucraina, i contractor europei hanno firmato Hpa non da 15-20 anni ma da 7-10 anni, quindi la prospettiva di mantenimento del consumo di gas e di Lng in Italia e in Europa è su quell’orizzonte. Poi con l’ultimo pacchetto di sanzioni forse si è data un’ulteriore spallata alle rimanenze di gas che venivano via tubo, ma bisogna vedere quanto di questo gas verrà poi preso dal trasporto via mare di Lng.”
Gaslog in questo momento quante navi opera e quante ne ha in costruzione?
“Abbiamo 34 navi in acqua e 4 new building e inoltre gestiamo una Fsru per Gastrade in Grecia, stiamo finendo il commissioning. Era una delle nostre navi che abbiamo convertito.”
Nonostante le prospettive poco incoraggianti del mercato europeo il business shipping di Gnl lo vedete comunque in crescita e promettente per i prossimi anni?
“Assolutamente sì, certo.”
Cosa le manca (se le manca) dell’Italia e dello shipping italiano?
“La focaccia col cappuccino mi manca un casino. Così come mi manca anche la Sampdoria in Serie A.
A parte le battute a me spiace tantissimo pensare al tessuto armatoriale che esisteva in passato in Italia e che oggi è quasi scomparso. Mi sono laureato alla fine degli anni ’90 e ho cominciato a lavorare nell’azienda di mio padre che si occupava di gestione navi e c’era un tessuto armatoriale notevole in quegli anni, che è cresciuto in maniera molto importante fino alla crisi del 2008.
La mia famiglia era di Campo Ligure, poi ci siamo trasferiti a Ravenna ma se tu guardi oggi anche la realtà armatoriale di quelle zone, gli armatori ravennati, quella di Venezia, a Fano, tutti gli armatori napoletani, quelli di Roma, di Genova; c’era un tessuto armatoriale abbastanza diversificato che era diventato da piccolo a medio è che ha avuto un discreto successo. Oggi però è quasi scomparso.
Il mio amico Hing Chao si è comprato una parte della capacità gestionale a Genova (Crystal Pool, ndr) e ha fatto benissimo secondo me, anche perchè è una bellissima società. D’Amico si è trasferito di fatto a Singapore. Insomma, a parte alcune società italo-monegasche e la Msc e il Gruppo Grimaldi, che hanno avuto un successo incredibile, tutto l’altro tessuto di armatori commerciali e industriali è quasi scomparso. Questa è una cosa che a me spiace tantissimo perché comunque era un indotto importante e offriva anche la possibilità di sviluppare delle conoscenze difficili da trovare. D’altro canto bisogna complimentarsi con un sistema di servizi italiani che ha invece dei punti di eccellenza fantastici.”
Quali nomi spiccano fra questi?
“Pensi a Cambiaso Risso Marine: è il broker di coperture H&M di gran lunga predominante qua in Grecia e lei sa benissimo che all’incirca una nave su tre nel mondo è o direttamente o indirettamente controllata dai greci. Loro, ma anche P.L. Ferrari sono fantastici, banchero & costa bravissimi. Il Rina stesso ha avuto una crescita a doppia cifra per molto tempo. La cosa bella in Grecia è vedere tutta una serie di servizi offerti da aziende italiane che hanno avuto una crescita molto, molto importante, perché sono competitive e offrono ottime competenze.”
Sono state brave e riposizionarsi non facendo solo affidamento sullo shipping locale…
“Perché hanno avuto la capacità di creare rapporti all’esterno del loro mercato, per riuscire a creare un business completamente indipendente a quello italiano. Quando ero in Olanda a lavorare per Stolt Tankers, ho riscontrato che il Nord Europa in generale guarda l’italiano purtroppo con un preconcetto e quindi magari si affida di più a fornitori inglesi e o scandinavi anche se non portano mai qualcosa di differente, anzi semmai qualcosa di meno. I greci sono più inclini a vedere gli italiani come partner, come persone culturalmente più vicine e questo è parte del grande successo di queste società.”
Le affinità culturali continuano a rivestire un ruolo importante nello shipping?
“L’offerta di fatto non cambia perché non è che io oggi ti offro un iPhone 15 e tu mi offri un Nokia. L’offerta è ormai appiattita come contenuto, cioè di idee veramente nuove del mondo ce ne sono poche. C’è un professore italiano bravissimo, Roberto Verganti, che insegnava al Politecnico di Milano e adesso insegna alla Stokholm School of Economics e anche a Harvard; ha fatto una serie di articoli molto interessanti dove spiegava il cambiamento dei nostri tempi in questi termini. Prima identificavamo l’innovazione come una lampadina accesa, adesso siamo in un mondo che è un fascio di luce, di lampadine accese, in un mondo così connesso, ce ne sono milioni. Quindi il problema non è trovare la lampadina, ma trovare la direzione. Di notizie e di informazioni ne hai moltissime, il problema è capire quale direzione ti interessa prendere. Quindi non è l’oggettiva invenzione, ma avere a disposizione una serie di novità o di possibilità e decidere quale prendere.”
In cosa emergono i fornitori italiani?
“Secondo me gli italiani sono molto bravi a fare questo lavoro perché hanno un’ottima capacità di analizzare e di guardare la realtà, di non avere dei preconcetti particolarmente forti, di riuscire a essere un partner che ti propone qualche cosa senza che tu glielo debba chiedere e che è disponibile anche per un dialogo.”
In cosa invece la Grecia è superiore come nazione di mare?
“È fantastico, perché prima di tutto è uno dei pochi Paesi al mondo che riconosce l’impiego per lo shipping e non ti chiedono se lavori per Amazon ma ti domandano per quale armatore sei impiegato. Io ho la fortuna di lavorare con un armatore (Peter Livanos, ndr) molto conosciuto e molto rispettato; quindi anche socialmente è una cosa riconoscibile. I miei colleghi sono bravissimi, lavoro per una società che ha un livello di qualità e di cultura molto sviluppate. L’azienda è di fatto una corporation, nata e cresciuta come società quotata in borsa New York, con un management molto internazionale, con un principal per il quale la sicurezza e l’integrità sono valori importanti. Si lavora con colleghi dedicati 24 ore su 24 e quello che portiamo noi è magari un briciolo di diversità nel rompere gli schemi. Per esempio non essere soggetti alla gerarchia che qui si sente ancora ancora molto.
In Italia si sono viste forse poche aziende di shipping strutturate come Gaslog e molte invece patriarcali o a conduzione familiare (con i pro e i contro del caso). E’ d’accordo?
“Peter Livanos non ha nessuna intenzione di fare il Ceo, abbiamo un rapporto fantastico, una stima profonda e una assonanza su come vediamo il business in generale.”
Che suggerimento si sente di dare a chi sta entrando nel mondo dello shipping in questi anni e magari sogna di fare una carriera come la sua?
“Il mondo dello shipping secondo me non è facilissimo da leggere per chi si avvicina magari da neofita. C’è un gran beneficio dato dal fatto che il mercato è in grande espansione a fronte di una carenza reale e percepita di risorse umane, sia a bordo sia a terra. Professionisti che abbiano voglia di ‘accettare’ le regole del gioco ve ne sono sempre meno. La cosa positiva è che le regole del gioco in qualche modo cambiano perché la mentalità della gente che entra è leggermente diversa da quella che c’era prima; non diventerà mai un lavoro completamente virtuale, bisognerà sempre avere una flessibilità importante come orari, come tempo sottratto alla famiglia e roba varia, però stiamo diventando migliori nel gestire le risorse umane rispetto a quanto avveniva un tempo. Perciò io vedo una opportunità per chi vuole fare il nostro mestiere con la capacità di avere grandissime soddisfazioni professionali, ma anche economiche, e la necessità di sacrificare una parte del proprio tempo e della propria vita per viaggiare. Per cui mi verrebbe da dire: assolutamente non smettete di cercare delle possibilità di lavoro, ci sono tante aziende che assumono in giro per il mondo, magari non sono sotto casa e magari non sono in Italia.”
Si rivede in Italia fra qualche anno?
“In vacanza assolutamente sì, a trovare i miei amici. Professionalmente quando tornerò, e se tornerò, non ne ho idea. Sicuramente tornerò e mi piacerebbe tantissimo avere la possibilità di raccontare, non so se in ambito accademico o da altre parti, una parte delle esperienze acquisite e aiutare gli altri a fare gli stessi errori che ho fatto io o magari in maniera diversa.”
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Battezzata da Ilaria Azzimonti (Eni) la nuova nave gasiera Gaslog Italy (FOTO)