“I periti trasporti non devono temere l’intelligenza artificiale”
Al congresso annuale di Aipert unanime la convinzione che l’AI non riuscirà a sostituire la professionalità “eminentemente umana” della categoria, ma solo a rappresentarne una preziosa integrazione

Genova – “Ad oggi non è immaginabile che l’intelligenza artificiale possa andare a fare perizie al posto dei professionisti del settore”.
La risposta al principale tema sottostante al partecipato convegno organizzato a Genova da Aipert (Associazione italiana periti di trasporto) e così intitolato “L’IA applicata al mondo del Marine: prezioso tool o pericolo occulto?”, è arrivata fin dalle prime battute dell’incontro, pronunciata da un esperto ‘esterno’ quale Andrea De Giorgio, Professore Associato di Psicologia fisiologica e delle emozioni alla eCampus University.
“Siamo noi a insegnare all’IA, potrà integrarci, non sostituirci” ha spiegato De Giorgio, ponendo l’attenzione su un aspetto decisivo: “Il corpus del sapere umano si forma anche attraverso esperienze corporali e sensoriali, che ad oggi è impossibile trasmettere. L’IA oggi non può avere le nostre capacità fisiche, sensazioni, percezioni e intuizioni che sono eminentemente umane”.
I successivi interventi, affidati agli associati Aipert Alec Lumbaca e Alberto Cedolini, hanno sviscerato il tema, entrando nel merito delle esperienze di applicazione dell’IA alla professione dei periti dei trasporti e evidenziandone, test alla mano, limiti tali da avallare la tesi dell’impossibilità di una sostituzione macchina-uomo.
“I trasporti, e quelli marittimi in particolare, sono difficilmente standardizzabili. La mole di fattori in gioco è tale da rendere ogni caso peculiare” ha evidenziato Lumbaca, portando peraltro ad esempio gli errori commessi dall’IA nell’analisi di un caso di sinistro molto semplice. “Certo la mole di lavoro che l’IA può svolgere e di dati che può processare in tempi rapidi non ha paragoni con l’attività umana. Ma questa resta imprescindibile e diverse esperienze sul campo lo dimostrano. La figura del perito, quindi, non è destinata a sparire, ma semmai a evolversi in un’ottica di sinergia con la macchina che può e deve rappresentare l’opportunità di un servizio migliore offerto dalla nostra categoria”.
Come il collega anche Cedolini ha posto il focus sulla sicumera della macchina, evidenziando i rischi di affidarsi a questo strumento e sottolineando però come essa stessa sia consapevole della “insostituibilità di un’esperienza che le è fisicamente preclusa” e che rappresenta invece la ricchezza professionale dei periti: “Anche nel nostro campo l’IA può essere un supporto, ma non può sostituirsi alla formazione professionale, soprattutto per la mancanza di esperienze dirette”.
A.M.
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