Vidoni (Autamarocchi): “Per arrivare alla piena intermodalità la strada è ancora lunga”
Al porto di Trieste le problematiche più importanti sono ancora l’insufficiente digitalizzazione per la documentazione portuale e doganale di accesso e uscita e le infrastrutture

Trieste – In un modo dove tutti corrono bisogna correre più degli altri. Non solo per arrivare prima, ma per essere i primi ad adottare e trarre beneficio da nuove tecnologie digitali e dei mezzi, riducendo tempi, consumi e, di conseguenza, costi ed emissioni. L’azienda triestina di trasporti e logistica Autamarocchi, specializzata nel trasporto su gomma e via mare è presente in in tutti i principali porti e interporti italiano ma con un network che si estende in altri 10 paesi europei, ma ha fatto del suo capitale umano, i suoi 1.100 lavoratori (tutti gli autisti sono dipendenti) la sua risorsa più preziosa.
Ha chiuso il bilancio con un fatturato di oltre 200 milioni di euro ma, dopo l’acquisizione della Dissegna Logistics di Rossano Veneto si prepara a chiudere quest’anno con ricavi oltre i 300 milioni, dopo essersi portata in casa un esperto intermodalista e l’estensione dei servizi a Grecia, UK e Romania, con un know how non indifferente.
In questa intervista con SHIPPING ITALY il direttore generale di Autamarocchi, Roberto Vidoni, parla di intermodalità e di quanta strada ci sia ancora da percorrere per rendere il trasporto plurimodale più competitivo.
Direttore Vidoni partiamo dal raccontare quali sono oggi le principali sfide per un’azienda di trasporto e logistica come Autamarocchi?
“Innanzitutto, la nostra azienda è attiva in due macro business: il trasporto container, con le sue dinamiche e le sue peculiarità, ed il trasporto General Cargo FTL, dove anche lì dobbiamo dividere il nostro lavoro in due grandi famiglie: la parte tutto strada, dove siamo presenti sia sul mercato nazionale sia europeo, l’altra famiglia è l’intermodale, nei trasporti combinati via ferrovia e via shortesea. In particolare, in questo segmento, due mesi fa abbiamo acquisito la Dissegna Logistics di Rossano Veneto, azienda fortemente specializzata nel trasporto intermodale combinato, sia ferroviario che marittimo. Chiaramente ci siamo portati in casa un importante know-how per poter crescere in Europa, in particolare in alcuni mercati dove eravamo meno presenti; come gli UK, la Germania, i Paesi Bassi, la Grecia”.
Il trasporto merci sta affrontando una forte volatilità dei costi (carburante, manodopera, infrastrutture e altri): come affrontate questo scenario?
“I maggiori costi per un’azienda di autotrasporto sono quelli del personale, per cui parliamo di autisti. Ma il problema non è solo il costo del lavoro, ma soprattutto quello della mancanza di autisti, che sta pesando sull’intero settore da anni. L’altro costo importante è quello del carburante, che dobbiamo ridurre sia per il costo che per l’ambiente, aspetto che affrontiamo in diversi modi: una flotta moderna altamente efficiente, programmi di manutenzione rigorosi, la Autamarocchi Accademy per la formazione dello stile di guida degli autisti, l’utilizzo dell’intermodale sulle lunghe distanze e non di meno l’ottimizzazione delle rotte per ridurre le percorrenze a vuoto.
L’altro fronte è quello dei ricavi; le aziende devono superare l’esasperata ricerca al ribasso, offrendo servizi di qualità, ottimizzazioni e l’interazione operativa con i clienti. Per cui il nostro lavoro è anche verso il mercato, per coprire in modo corretto i nostri costi.
Ovviamente non è facile, perché il mercato è sotto pressione in particolare a causa della riduzione della produzione industriale e dei consumi ed in questi giorni dovremmo affrontare anche i rischi della recessione a causa della guerra dei dazi. Una situazione che incide in particolar modo nei segmenti dell’industria siderurgica e dell’automotive. Settori nei quali lavoriamo molto e su scala europea. Quest’anno le aziende siderurgiche italiane hanno qualche difficoltà dovuta alla flessione nelle vendite verso i Paesi europei.
Come vede il futuro del trasporto intermodale?
“Oggi si parla molto di intermodalità. Ma l’intermodalità non ha ancora raggiunto il livello di qualità del servizio necessaria all’industria; sia nel transit time che nella affidabilità del servizio. I disservizi non mancano e spesso son dovuti ai colli di bottiglia nelle infrastrutture, sia in Italia, che in altri paesi europei. A livello di tariffe il trasporto su gomma è abbastanza allineato a quello intermodale e spesso offre un migliore transit time ed una rilevante puntualità. L’intermodalità è per sua natura molto rigida e comporta anche un problema di bilanciamento dei traffici. In questo momento comunque cresce e crescerà ancora, perché contiene risposte importanti verso il tema della sostenibilità e della carenza di autisti, anche se la committenza non sempre l’apprezza per questi valori. Devo però dire, per correttezza, che sono sempre di più clienti che la considerano fondamentale per la loro reputazione e quella delle loro merci e servizi.
Abbiamo dunque un progressivo, anche se lento, spostamento del trasporto verso l’intermodalità che in molte aziende committenti coesiste con il trasporto su gomma.
Quali le vostre prospettive di espansione nei mercati internazionali?
Da un lato la concorrenza straniera pesa sul mercato nazionale ma noi siamo stati capaci di dare risposte ai nostri clienti offrendo servizi in tutta Europa. “Noi siamo presenti con nostre organizzazioni in ben 10 Paesi fuori dall’Italia, anche se sarebbe più corretto dire sui mercati interni ed internazionali di tutta Europa ed in Turchia. Il mercato domestico è ancora prevalente e ci vede market leader in molti settori. I nostri clienti principali sono gli spedizionieri globali, le compagnie marittime e l’industria. All’estero. siamo presenti in Slovenia e in Croazia da dove copriamo tutti i Balcani. Poi in Austria, Ungheria, Repubblica Cec e Slovacchia. Abbiamo aperto due anni fa in Polonia, a Gdynia, e l’anno scorso in Germania ad Amburgo e Duisburg, in Turchia già da 4 anni. Crediamo molto in questi mercati, sia per il trasporto container che in quello FTL ed ora anche nel “Reefer”. Per il settore del trasporto container, con Amburgo abbiamo chiuso un po’ il cerchio tra i porti del Nord Italia e quelli del Nord Europa come Anversa Brema, Amburgo e Rotterdam. Per quanto riguarda invece l’intermodalità, i Paesi nei quali stiamo crescendo sono la Germania, i Paesi bassi e l’Inghilterra al Nord, la Turchia, la Grecia e L’Egitto nel Mediterraneo.
Evidenzio la Turchia perché siamo a Trieste, luogo strategico poiché qui terminalizzano le linee RoRo di DFDS e di Grimaldi. Già da anni siamo molto attivi nei collegamenti da/per quel paese e sicuramente siamo avvantaggiati dall’avere qui una rilevante organizzazione e adeguate infrastrutture. Guardiamo anche con attenzione al mercato dell’Egitto: da dicembre c’è un nuovo collegamento con DFDS/MedRoll sul porto di Trieste, voluto fortemente dall’autorità di sistema portuale. I collegamenti sono iniziati a dicembre e noi siamo presenti come parte attiva nella distribuzione in Europa. È un servizio nuovo nel quale crediamo perché pensiamo che nel bacino mediterraneo, i mercati come quelli della Turchia, dell’Egitto, ma anche del Nord Africa siano mercati che nei prossimi anni cresceranno molto nei traffici verso l’Europa”.
Quali progetti di investimento avete in termini di flotta e di infrastruttura?
“Per la nostra flotta abbiamo investito negli ultimi anni in acquisto semirimorchi e casse immobili. In particolare negli ultimi quattro – cinque anni abbiamo acquisito 450 semirimorchi intermodali che possiamo caricare su treni, su navi, su strada, ma l’investimento più importante è stato fatto quest’anno, a gennaio, con l’acquisizione di Dissegna Logistics. Un’operazione che ci permette di entrare in un modo ancora più importante nel mondo intermodale e nel combinato marittimo inframed.
Per quanto riguarda gli altri investimenti, siamo da sempre impegnati nel costante rinnovo della flotta ma abbiamo sempre investito anche nelle nostre aree di parcheggio sicure, perché è fondamentale per la sicurezza della merce che trasportiamo e per i nostri autisti. Inoltre, siamo orientati a crescere ancora sugli altri mercati europei estendendo la nostra offerta di servizi per essere partner sempre più globali dei nostri clienti, che come noi operano su molti paesi.
Il settore del trasporto merci è sotto pressione per ridurre le emissioni di CO2. Quali iniziative state adottando per rendere più sostenibile l’autotrasporto?
“Non è da oggi, ma è da anni che stiamo lavorando per ridurre le emissioni di CO2. Non è questa solo retorica commerciale; siamo tra i pochi certificati Carbon Footprint ISO 18001. La nostra riduzione delle emissioni è dunque certificata sin dal 2017 o da un prestigioso ente esterno (Certiquality). Operiamo su molte aree per ottenere questi risultati; uno è ovviamente la continua modernizzazione della flotta: ogni anno su 760 camion che abbiamo, ne cambiamo circa 100 con mezzi di nuova generazione e dotati di tecnologie superiori a quanto previsto dalle normative di legge. L’altra cosa importante è la formazione degli autisti sia verso l’uso dei dispositivi elettronici con cui sono equipaggiati i mezzi che per lo stile di guida sicuro ed economico. Per tutto ciò abbiamo la Autamarocchi Accademy che si avvale anche di specifici strumenti e software a bordo dei mezzi e di un team dedicato. Ridurre il consumo di gasolio da un lato riduce le emissioni di gas ad effetto serra (GHG) ma ha un importante ritorno economico per l’azienda dato che il costo del carburante è una delle voci di costo più importanti”.
L’utilizzo di combustibili alternativi come i biocarburanti, l’elettrico o l’idrogeno è un’opzione realistica per il trasporto pesante su gomma?
“Parlando di trasporto ‘pesante’ a raggio medio e lungo, ad oggi l’unica soluzione realistica è l’Hvo, il biodiesel, che stiamo già utilizzando da un paio d’anni. Noi abbiamo scelto una strada molto mirata. Abbiamo scelto di proporre ai nostri clienti per certi tipi di traffico, dove il cliente è molto sensibile al discorso green, mezzi alimentati ‘esclusivamente’ ad Hvo attestando le relative emissioni di questo servizio. Per quanto riguarda invece altre soluzioni, sia elettriche sia a idrogeno, siamo molto attenti all’evoluzione tecnologica ed alle proposte dei costruttori; anche se, a onore del vero, nel trasporto pesante ancora non c’è né l’equilibrio dei costi né la rete distributiva adeguata. Nel futuro, l’elettrico prenderà sicuramente piede, ma io sono convinto che nel frattempo c’è ancora spazio per migliorare i motori endotermici ed anche i carburanti, con benefici immediati.”
Quali tecnologie digitali state implementando per migliorare l’efficienza e la sicurezza delle operazioni?
“La nostra azienda è sempre stata all’avanguardia nella informatizzazione delle attività, sia quelle concernenti il trasporto che i servizi correlati ed integrati allo stesso, fino alla gestione amministrativa, quella tecnica dei mezzi e quella del personale. Adesso, i fronti aperti dell’innovazione riguardano l’applicazione della AI a diversi processi del trasporto. Questa è una necessità inderogabile al crescere della complessità del business e della costante riduzione dei tempi di pianificazione ed ottimizzazione delle attività.
Inoltre, stiamo lavorando intensamente sulla digitalizzazione dei processi, per primo quello del flusso delle informazioni che precedono ed accompagnano il trasporto. Mi riferisco alla acquisizione via EDI degli ordini di trasporto, percorso che sembrerebbe scontato ma che nella realtà si scontra con la non priorità che riveste per alcuni clienti. In parallelo stiamo lavorando per il flusso delle informazioni per possa sostituire il maggior numero di documenti stampati. Qui gli interlocutori sono le Autorità di Sistema Portuale, i terminal, la dogana ma anche l’industria.
Pensate solo alla gestione degli autisti: presenze, trasferte, estero, ma anche tutte le app per il trasferimento delle informazioni di viaggio, dei rifornimenti e della assistenza su strada e manutenzione dei mezzi. Si possiamo ben dire che l’innovazione è di casa in Autamarocchi.”
Qual è il vostro ruolo nel sistema portuale triestino?
“Siamo uno degli operatori principali per quanto riguarda il trasporto su gomma che interagisce con il sistema portuale triestino, e siamo anche un partner molto importante dell’autorità portuale proprio nei processi di digitalizzazione di cui abbiamo appena parlato. In ogni caso la crescita del porto di Trieste dell’ultimo decennio, ed in tutti i settori, ci ha sempre visto come cooprotagonisti in una Port Community veramente coesa ed orientata allo sviluppo di questo porto.
Protagonisti nel trasporto container, nei traffici RoRo con la Turchia e nelle merci varie dai vari magazzini portuali, una presenza a tutto tondo di cui siamo orgogliosi.”
Proprio perché siete tra i principali player, quali sono le criticità da e per il porto di Trieste?
“Oggi le problematiche più importanti sono ancora l’insufficiente digitalizzazione per la documentazione portuale e doganale di accesso e uscita e chiaramente le infrastrutture. Quelle per il futuro sono state già progettate e in buona parte sono in realizzazione. Al momento siamo però a metà del guado, una posizione scomoda che non ci offre ancora i benefici che avremmo in futuro e che si manifesta con una eccessiva lentezza ai varchi.”
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