Trump non spaventa Msc che ordina altre sei maxi portacontainer cinesi da 22.000 Teu
Prosegue il sodalizio con il cantieri Hengli che già ha in costruzione per Aponte dieci navi da 21.000 Teu e altrettante da 24.000 Teu

Dalla Cina rimbalza la notizia che Mediterranean Shipping Company ha messo a segno un altro maxi investimento per la costruzione di un’altra serie di ultra large container vessel.
Secondo quanto rivelato da Xinde Marine News la shipping company fondata e guidata da Gianluigi Aponte ha ordinato al cantiere Hengli Heavy Industry sei navi portacontainer dual fuel alimentate anche a Gnl da 22.000 Teu di portata.
Prosegue così il sodalizio sempre più intenso fra il global carrier elvetico e il gruppo navalmeccanico Hengli che già nesi mesi scorsi aveva ricevuto da Msc commessa per dieci navi da 21.000 Teu e altrettante da 24.000 Teu del valore unitario superiore a 200 milioni di dollari.
Nei giorni scorsi la società di analisi e ricerca Alphaliner ha messo in evidenza il fatto che Msc è il primo armatore al mondo a raggiungere una disponibilità di 900 portacontainer, 609 di proprietà e 291 in charter, per una capacità di stiva complessiva pari a di 6,5 milioni di Teu.
La compagnia di navigazione italo-svizzera, prima di quest’ultima commessa appena annunciata, aveva in ordine 132 nuove costruzioni, pari a una capacità di 2,06 milioni di Teu, una cifra superiore a quella espressa dall’intera flotta di One (Ocean Network Express) che attualmente è il sesto liner più grande al mondo.
La firma di questo contratto con Xinde ha ora una valenza particolare anche in termini geopolitici visto che arriva proprio nel momento in cui gli Stati Uniti sembrano seriamente intenzionati a introdurre una nuova tassa sull’approdo di navi ‘made in China’ e la scelta di Msc di puntare sulla cantieristica cinese è un segnalo chiaro al mercato: i cantieri navali cinesi rimangono un player di mercato indispensabile.
Nelle scorse ore è scesa in campo contro le nuove tasse portuali promesse dall’Office of the United States Trade Representative (Ustr) anche China Cosco Shipping Corporation, il principale gruppo marittimo, portuale e logistico della Cina, esprimendo la propria ferma opposizione. “Tali misure – ha sottolineato il gruppo cinese in una nota – non solo distorcono la concorrenza leale e ostacolano il normale funzionamento del settore marittimo globale, ma ne minacciano anche lo sviluppo stabile e sostenibile. In definitiva, queste azioni rischiano di compromettere la sicurezza, la resilienza e il regolare funzionamento delle industrie e delle supply chain globali”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il World Shipping Council (Wsc), l’associazione presieduta da Sorent Toft (a.d. di Msc) che rappresenta le principali compagnie di navigazione mondiali attive nel trasporto container, secondo cui, “tali misure potrebbero minare il commercio americano, danneggiare i produttori statunitensi e indebolire gli sforzi per rafforzare l’industria marittima nazionale”.
“Rivitalizzare il settore marittimo americano – ha rilevato il direttore Joe Kramek – è un obiettivo importante e ampiamente condiviso, che richiede una strategia legislativa e industriale a lungo termine”. Riferendosi alle misure per rivitalizzare l’industria marittima americana annunciate nei giorni scorsi da Donald Trump, rispetto alle quali la stessa associazione aveva già espresso notevoli perplessità, Kramek ha precisato che il World Shipping Council ha “accolto con favore la visione delineata nell’ordine esecutivo del presidente, che propone iniziative mirate per rafforzare la cantieristica navale, i porti e la resilienza della supply chain degli Stati Uniti. Purtroppo – ha specificato – il regime tariffario annunciato dall’Ustr è un passo nella direzione sbagliata, poiché aumenterà i prezzi per i consumatori, indebolirà il commercio statunitense e contribuirà ben poco a rivitalizzare l’industria marittima statunitense”.
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