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Sul riempimento dei cassoni per la nuova Diga di Genova l’Ispra ha qualcosa da ridire

Sollevati rilievi sulla presenza di amianto, cromo e nichel nei materiali di risulta: se condivisi dal Mase, occorrerà un surplus istruttorio di alcuni mesi. Criticità anche su Ronco-Canepa e Hennebique

di Andrea Moizo
30 Luglio 2025
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Se le operazioni di dragaggio previste dai lavori di realizzazione della nuova diga foranea del porto di Genova, come raccontato da SHIPPING ITALY, si sono da poco sbloccate, la disponibilità dell’altra grande fonte di approvvigionamento ‘interno’ (cioè materiale di risulta del cantiere stesso o di altri cantieri) per il riempimento dei cassoni – lo ‘scarto’ proveniente dai lavori del nuovo bacino di carenaggio di Sestri Ponente (cosiddetto ribaltamento a mare) – rischia di slittare.

Non che nel primo caso siano mancate criticità e ritardi – proprio oggi la Capitaneria di porto ha dovuto prorogare (per la seconda volta) alla fine di agosto l’autorizzazione per la prima porzione di escavo, che avrebbe dovuto terminare a marzo – ma per la risulta di Sestri i tempi sono già scaduti, dal momento che, secondo il “Piano gestione materiali di recupero e riutilizzo”, si sarebbe dovuto iniziare a utilizzarli entro il secondo trimestre 2025.

La pratica è aperta da mesi ed è oggetto di verifica di ottemperanza da parte della Commissione tecnica di Valutazione d’impatto ambientale del Ministero dell’ambiente delle condizioni poste dagli enti tecnici, in particolare in relazione alla presenza di cromo, nichel e amianto. Secondo i pareri di Arpal e Direzione ambiente della Regione, pubblicati nei giorni scorsi, il soggetto proponente (cioè l’Autorità di sistema portuale di Genova, appaltatrice, e l’appaltatore Pergenova Breakwater) hanno fatto passi avanti importanti rispetto all’ultimo passaggio di due mesi fa.

Per l’Ispra, però, rimangono alcune criticità importanti: “Sebbene il proponente abbia trasmesso la proposta di valori di fondo naturale per cromo totale e nichel, oltre che una nota di chiarimento in riferimento al valore di fondo naturale proposto per il parametro nichel, non risulta che gli stessi siano stati definiti dall’autorità di controllo. Al fine dell’eventuale utilizzo dei materiali scavati in qualità di sottoprodotti, appare necessario che siano individuati e recepiti dall’autorità competente, prima dell’inizio dei lavori, i valori di soglia di contaminazione da assumere quali nuovi limiti per il rispetto delle Csc (concentrazioni soglia di contaminazioni)”.

In sostanza secondo Ispra non possono essere – come invece pretenderebbero – l’Adsp e Pergenova a fissare il limite soglia oltre il quale considerare rifiuto (invece che sottoprodotto utilizzabile) le terre in questione.

Non è tutto, perché in relazione all’analisi di rischio sulla movimentazione dei materiali contenenti amianto, che pure risponde “sostanzialmente alle richieste di integrazioni/chiarimenti avanzate” in precedenza, Ispra “ritiene necessario prevedere una valutazione sulla capacità contenitiva dei cassoni nel tempo considerando il potenziale rilascio di sostanze in ambiente marino”. Vale a dire un’analisi aggiuntiva: se il Mase farà proprie tali prescrizioni, per l’ok occorrerà quindi provvedere, con prevedibile slittamento di qualche altro mese per la disponibilità di materiale necessario a riempire i cassoni la cui posa sta intanto procedendo (11 su 103).

Quello della diga non è peraltro l’unico cantiere fonte di criticità per l’Adsp genovese.

Proprio in questi giorni l’ente ha dato mandato a un professionista di redigere un accordo bonario per l’appalto del riempimento fra i ponti Ronco e Canepa, aggiudicato nel 2009 per 36 milioni di euro e arrivato, fra integrazioni, varianti e subentri, a un quadro economico da 63,5 milioni. Con l’incognita delle riserve formulate dall’appaltatore Spartacus-Icam (sulla cui entità l’ente non ha fornito informazioni) a valle delle relazioni redatte un anno fa da direzione lavori e commissione di collaudo, per risolvere le quali si procederà appunto mediante accordo bonario.

Un’altra brutta notizia è arrivata dal Tribunale di Bergamo, che, nell’ambito di un’inchiesta per bancarotta fraudolenta, ha disposto un sequestro preventivo da 50 milioni di euro nei confronti dei fratelli Cristian e Massimo Vitali, titolari dell’omonimo gruppo edile cui la port authority genovese ha aggiudicato il maxi-appalto (oltre 120 milioni di euro) per il restauro dell’edificio storico Hennebique. Come nel caso di Ronco-Canepa l’Adsp non ha chiarito al momento se e quali provvedimenti dovranno essere adottati.

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