Fallito il primo assalto del Rina alla gara per la direzione lavori della diga di Genova fase B
Inammissibile per il Tar il ricorso sulla direzione lavori per un vizio di notifica, ma la mancata discussione del merito prelude ad altre cause

Regge, almeno per ora, l’aggiudicazione, da parte della struttura commissariale per la realizzazione della nuova diga foranea di Genova, dell’appalto per il project management & consulting (Pmc – direzione lavori) della Fase B dell’opera (gara che, invece, è ancora formalmente da aggiudicare).
Il ricorso con cui la cordata seconda classificata, capitanata da Rina Consulting (direttrice lavori di Fase A) e formata anche da Artelia, Sjs e Pwc, chiedeva l’annullamento dell’aggiudicazione alla compagine guidata da Btp e lo scorrimento della graduatoria, è stato infatti giudicato inammissibile dal Tar di Genova, che ha accolto l’eccezione preliminare di Regione Liguria, la quale, pur destinataria del ricorso, ha segnalato il proprio difetto di legittimazione passiva, che – hanno sentenziato i giudici – spetta invece al solo Commissario.
In ragione di ciò, il merito del ricorso non è stato affrontato dal Tar.
Due i principali rilievi mossi da Rina. Innanzitutto a 12 dei 17 componenti del gruppo di lavoro “difetterebbe il requisito di partecipazione costituito dalla conoscenza della lingua inglese”. Un aspetto comprovato dagli atti di gara visionati da SHIPPING ITALY, laddove i 5 componenti del gruppo di lavoro di Btp in possesso di un certificato di lingua hanno autocertificato il possesso di relativo diploma mentre gli altri non lo hanno fatto, anche se nel caso di quelli di Rina è presente, seppur in numero sufficiente, solo un’autovalutazione del proprio livello linguistico.
Ancor più controverso il secondo aspetto, avente ad oggetto il presunto “difetto da parte dell’aggiudicatario delle idonee e specifiche esperienze pregresse”. Il criterio esperenziale era diviso in due sottocriteri.
Quanto al primo, si chiedeva ai candidati di esporre nel dettaglio le attività prestate nell’ambito di due servizi di Pmc relativi a opere collaudate nei 10 anni precedenti la gara. Btp ha portato i servizi svolti per i “lavori di prolungamento del molo di sopraflutto e salpamento del tratto di testata del molo di sottoflutto del porto commerciale di Salerno”, una commessa (svolta da due delle consorziate) da 0,5 milioni di euro su un’opera da 20,7 milioni di euro, e quelli relativi alle “opere strategiche I Lotto funzionale per il Porto di Civitavecchia”, commessa da 7,2 milioni su un’opera da 190 eseguita dalla consorziata Rogedil (l’appalto fu al centro di una rumorosa inchiesta della Procura locale, chiusasi nel 2017 col proscioglimento di tutti gli imputati). Secondo Rina “l’esperienza richiesta in materia di Pmc (Project Management Consulting richiesta dai criteri 1.1 e 1.2) sarebbe più complessa di quella di Direzione dei lavori indicata” dai competitor.
Più riscontrabile anche in assenza di giudizio il difetto relativo al secondo sottocriterio, che chiedeva ai candidati di dimostrare la precedente esperienza nella gestione di progetti complessi elencando una serie di opere già collaudate alla scadenza del termine di gara. In questo caso, come si vede dagli atti di gara, Btp – che, come per il precedente sottocriterio ha ottenuto il massimo punteggio – ha presentato una lista di cinque opere, quattro delle quali sono dichiaratamente in corso e quindi non collaudate ed una è relativa ad un progetto iracheno per il quale sarebbe da verificare la sussistenza del certificato di collaudo o suo corrispondente rilasciato dal Ministero dei Trasporti Iracheno.
Facile pertanto che Rina o una delle altre due cordate in corsa decidano di presentare un nuovo ricorso (questa volta chiamando direttamente in causa il Commissario straordinario dell’opera, Marco Bucci) o, nel primo caso, di appellare la sentenza del Tar, anche se nessuno degli interessati si è per il momento sbilanciato in tal senso.



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