Giovanni Ciniglio: il Registro di Barbados si rinnova per attrarre l’armamento italiano
Efficienza, digitalizzazione e un approccio che mira a superare la burocrazia italiana i punti di forza del registro internazionale
Il Barbados Maritime Ship Registry è una realtà in crescita nel panorama marittimo internazionale, ma ancora poco conosciuta in Italia. Per capire il suo ruolo, le sue ambizioni e i motivi per cui un armatore italiano dovrebbe prenderlo in considerazione, SHIPPING ITALY ha intervistato Giovanni Ciniglio, ingegnere navale con esperienza ultraventennale nel settore, che dal 2021 guida il registro con una visione orientata all’efficienza.
Ing. Ciniglio partiamo dal raccontare cos’è il Barbados Maritime Ship Registry e per cosa si contraddistingue?
“Il Barbados Maritime Ship Registry, con il suo quartier generale a Londra per essere vicino all’IMO e al mercato europeo, opera come un “open registry”. Questo significa che, a differenza dei registri chiusi che si rivolgono solo a compagnie con residenza nel proprio Paese, noi possiamo registrare navi con proprietari di tutto il mondo. Registriamo tutti i tipi di nave, tra cui tutti i cargo, e gli yacht sopra i 24 metri, sia commerciali che a livello privato. Un vantaggio notevole è l’eliminazione della necessità per l’armatore di trasferire la propria residenza fiscale o legale a Barbados, riducendo significativamente la burocrazia.
Ci teniamo però a fare una distinzione fondamentale: non siamo una “flag of convenience”. Barbados è storicamente una “white flag” secondo il Paris Memorandum of Understanding, un riconoscimento che attesta i nostri standard di sicurezza e conformità tra i più alti a livello globale. La nostra filosofia è quella di essere competitivi sul mercato, ma senza scappatoie.”
Lei ha origini italiane, quindi conosce bene il dibattito sulla burocrazia nel nostro Paese. Questo dinamismo è il vostro punto di forza?
“L’efficienza è senza dubbio il nostro punto di forza. La burocrazia è un problema comune a molti Paesi, ma noi l’abbiamo affrontata centralizzando ogni processo in un unico dipartimento. Questo significa che non è necessario passare attraverso decine di uffici o ministeri per ottenere un’eccezione o una decisione.
Inoltre, in qualità di responsabile del Barbados Maritime Ship Registry, ho l’autorità legale di prendere decisioni dirette. Se si presenta un’eccezione, posso agire con rapidità evitando i lunghi tempi di attesa. Siamo orgogliosi di poter registrare una nave in un massimo di due ore dal momento in cui riceviamo i documenti completi. Lo stesso vale per la registrazione dei mutui.
A questo si aggiunge il nostro servizio operativo 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Per un armatore, sapere di poter contare sul proprio registro a qualsiasi ora, anche di notte o durante un giorno festivo, è un aspetto fondamentale per prevenire ritardi o inconvenienti in porto.”
A proposito di efficienza, l’Italia sta spingendo sulla digitalizzazione. Voi come vi posizionate?
“Siamo all’avanguardia su questo fronte e abbiamo investito molto per superare le procedure tradizionali. La nostra strategia si basa interamente sulla digitalizzazione: emettiamo solo certificati elettronici, dotati di barcode e riconosciuti a livello internazionale, in linea con le direttive dell’IMO. Questo sistema ci permette di inviare un certificato via email in pochi minuti, eliminando i tempi e i costi legati alle spedizioni fisiche.
Guardando al futuro, stiamo lavorando affinché a breve i nostri armatori possano gestire l’intera documentazione online, compilando i moduli direttamente dalla nostra piattaforma senza dover ricorrere a invii cartacei.
Offriamo anche un servizio di immatricolazione accelerato per chi acquista una nuova nave. Dal momento in cui l’armatore invia i documenti necessari, noi eseguiamo una verifica legale e tecnica approfondita. Questo assicura che, al momento del trasferimento di proprietà, la registrazione sia immediata e che tutti i requisiti siano soddisfatti. Così facendo, eliminiamo il rischio di rigetto della pratica, un problema che spesso genera ritardi e frustrazione per l’armatore, garantendo un processo efficiente e senza intoppi.”
Il vostro registro ha subito una forte contrazione a causa delle sanzioni alla Russia. Qual è la situazione attuale e dove state puntando per il futuro?
“A seguito dell’invasione dell’Ucraina, e su richiesta di Regno Unito, Stati Uniti ed Europa, abbiamo cancellato circa 150 navi dal nostro registro, la maggior parte delle quali erano petroliere con collegamenti russi. Pur non avendo Barbados una posizione ufficiale contro la Russia, abbiamo agito in questo senso per cortesia diplomatica. Tutte le navi rimosse erano comunque in buone condizioni e relativamente recenti, con un’età inferiore ai dieci anni, in linea con i nostri standard di registrazione.
Inoltre, per rafforzare la nostra posizione con l’Unione Europea, a differenza di molti altri Paesi, abbiamo introdotto una sanzione finanziaria fissa. Se una nave viene registrata con noi e in seguito si scopre che ha legami con la Russia, non solo viene rimossa dal registro, ma è anche soggetta a una penale di circa 25.000 dollari.
Questa decisione ha portato a una riduzione del nostro tonnellaggio lordo, passato da 13-14 milioni a circa 9 milioni. Nonostante questa perdita significativa, che ha colpito anche altri registri come quello di Panama, stiamo tornando a crescere a un ritmo di circa un milione e mezzo di tonnellate all’anno. Attualmente siamo il terzo registro più grande dei Caraibi, dopo Panama e Bahamas.
Il nostro obiettivo principale non è la quantità, ma una crescita stabile e sostenibile. Stiamo lavorando per espanderci in Medio Oriente e in Estremo Oriente, pur mantenendo una presenza solida in Europa, rappresentata da un 60% dei nostri iscritti.”
Perché allora, in questo contesto, l’Italia non è ancora uno dei vostri mercati di riferimento?
“Ho notato che in Italia c’è una forte resistenza a cambiare bandiera, dovuta a due fattori principali. C’è un orgoglio nazionale e un tradizionalismo storico. L’altro fattore, credo risieda nelle agevolazioni economiche e i contributi statali che percepisce l’armatore che ha un equipaggio italiano; elementi che rendono meno conveniente il passaggio a una bandiera diversa.”
Come sperate di superare questa reticenza e farvi conoscere dal mercato italiano?
“Credo che la conoscenza sia la chiave. Sono convinto che, se gli armatori italiani sapessero dei nostri servizi – la rapidità, la digitalizzazione, il nostro servizio 24/7 e la certezza burocratica che offriamo – ci prenderebbero in considerazione. In Italia non siamo ancora conosciuti, ma come in ogni settore, quando il primo armatore si renderà conto dei vantaggi, altri lo seguiranno. La nostra ambizione è che, quando un armatore italiano deciderà che la bandiera nazionale non fa più al caso suo per motivi pratici, sappia che il nostro registro esiste e che siamo pronti a offrirgli un servizio all’avanguardia.”
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