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Autoproduzione: la battaglia ora si sposta all’Antitrust e alla Corte di Giustizia Europea

Sorrento (Napoli) – Giunta al termine la battaglia in Parlamento, vinta dai portuali che hanno ottenuto l’approvazione dell’emendamento nel decreto Rilancio (diventato articolo 199-bis) che di fatto limita l’autoproduzione durante la sosta delle navi in banchina, ora si aprirà un nuovo fronte di scontro perché gli armatori sono determinati a non arrendersi. Secondo quanto appreso […]

di Nicola Capuzzo
18 Luglio 2020
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Eurocargo Brindisi (Grimaldi) loading – short sea shipping NC

Sorrento (Napoli) – Giunta al termine la battaglia in Parlamento, vinta dai portuali che hanno ottenuto l’approvazione dell’emendamento nel decreto Rilancio (diventato articolo 199-bis) che di fatto limita l’autoproduzione durante la sosta delle navi in banchina, ora si aprirà un nuovo fronte di scontro perché gli armatori sono determinati a non arrendersi. Secondo quanto appreso da SHIPPING ITALY il fronte armatoriale (rappresentato dalle associazioni Alis, Confitarma, Assarmatori e pure Federagenti) è compatto nel voler reagire rivolgendosi all’Autorità Antitrust e alla Corte di Giustizia Europea per impugnare una norma che farebbe secondo loro tornare i porti 30 anni indietro. Guido Grimaldi, in occasione della Due Giorni di Alis andata in scena a Sorrento, a domanda specifica ha confermato che se sarà quella la linea d’azione da intraprendere dicendo: “Certamente ci muoveremo in quella direzione”.

Durante il suo discorso di fronte agli associati di Alis Grimaldi ha evidenziato il fatto che a pagare il prezzo finale di questa per lui ingiustificata ‘riserva’ di autoproduzione saranno le aziende e quindi i consumatori finali sui quali verranno ribaltati gli extra-costi conseguenti. “L’emendamento come quello sull’autoproduzione rischia di ledere la competitività del settore marittimo, in particolare per le navi impegnate nelle Autostrade del Mare” ha detto, sottolineando l’urgenza di una maggiore attenzione verso il settore marittimo. “Si corre quindi il rischio di tornare indietro di trent’anni, con pesanti ripercussioni sull’occupazione e un significativo aumento dei costi per gli armatori, dal momento che si ritroverebbero a non poter più disporre del proprio personale di bordo e, di conseguenza, tale condizione potrebbe determinare degli abusi di posizione dominante che potrebbe inevitabilmente far perdere traffici e volumi agli armatori e a tutta la portualità italiana”.

Prontamente è arrivata la replica del sindacato dei lavoratori Fit Cisl che in una nota ha scritto: “La norma contenuta nella legge di conversione del decreto Rilancio che regolarizza il lavoro nei porti italiani non può essere strumentalizzata, pertanto chiediamo ad Alis di rivedere la sua posizione di contrarietà in merito. Il legislatore italiano – hanno aggiunto – quando a suo tempo ha recepito le direttive europee in materia di liberalizzazione dei trasporti, non ha stabilito norme di impiego minime e retribuzione minima da applicare per garantire il rispetto delle norme di sicurezza ed evitare ripercussioni sull’occupazione. Questo ha consentito lo sviluppo di pratiche che sono state di nocumento per le lavoratrici e i lavoratori portuali italiani e marittimi”.

Fit Cisl non si dice “contro la liberalizzazione perché la concorrenza genera qualità” ma ha aggiunto che “la competizione fra imprese, nel settore dei trasporti, è sana e leale quando, a parità di condizioni di sicurezza osservate e praticate e di qualità prodotta, la capacità organizzativa delle imprese è tale da consentire l’offerta di un servizio a un prezzo inferiore. Negli anni invece abbiamo assistito a fenomeni distorsivi che sono andati in tutt’altra direzione e che hanno penalizzato le aziende italiane e il profilo occupazionale del nostro Paese”.

Nell’ultima parte della Due giorni di Alis Grimaldi ha teso la mano alle altre associazioni di categoria dell’armamento e della logistica (Assarmatori inclusa) invitando all’elaborazione e alla sottoscrizione di un documento congiunto che coinvolga anche le autorità portuali al fine di far ripartire il settore. “Cosa dobbiamo fare noi imprenditori del mare? Abbiamo sbagliato tutto, i portuali hanno decretato uno sciopero, non si sa perché visto che hanno vinto una battaglia ideologica che si chiama autoproduzione. Forse dobbiamo fare un’ora di sciopero, poi 2, poi 3 ore di sciopero. Ma possiamo mai arrivare nel 2020 in un momento disastroso dell’economia come questo a dover scioperare?”.

A proposito della paralisi decisionale e di investimenti delle Autorità di Sistema Portuale ha poi proseguito dicendo: “Dopo 2 anni ci ritroviamo a parlare delle stesse cose. Il presidente del porto dovrebbe sponsorizzare il proprio scalo e invece si vede massacrato. Patroni Griffi a Brindisi ha fatto una battaglia sana, volevo una concessione ci sono 9 ormeggi, e si è scatenato un inferno. Baldissara è stato massacrato al porto di Livorno perché volevamo una concessione non provvisoria. Ma qual è la soluzione? Abbiamo avuto qui una ministra di qualità come la De Micheli, anche il ministro Boccia, un’opposizione che vuole essere proattiva. Mi domando: cosa dobbiamo fare? O noi non sappiamo portare le nostre istanze anche come Confitarma o il Governo rischia di pensare che gli imprenditori sono belli sani ma rischieremo. I bilanci sono massacrati, c’è un calo tra il 50 e il 60% dei passeggeri in Sardegna. Se alla fine ci troviamo in questa situazione e siamo tutti per ripartire, destra e sinistra, la possiamo trovare una soluzione? Non vogliamo fare uno sciopero, fermare 24 ore massacra gli armatori e il popolo dei trasportatori, parliamo di 10-20mila camion al giorno. Facciamo un documento congiunto tra Alis e i porti, facciamo un tavolo condiviso”.

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