Assocostieri denuncia il “paradosso italiano” nella transizione energetica che favorisce i porti esteri
I target ambientali stringenti applicati dall’Italia rispetto a quelli di altri paesi europei mettono a rischio il bunkeraggio e la perdita di centralità logistica. Richiesto un “level playing field”

Mentre l’Italia applica target ambientali stringenti, i competitor europei adottano strategie più flessibili, erodendo quote di mercato agli scali nazionali. Il risultato è un crollo del bunkeraggio e una perdita di centralità logistica.
L’industria marittima italiana si trova a fronteggiare una crisi di competitività senza precedenti, innescata non tanto dagli obiettivi di decarbonizzazione, quanto dalle modalità disomogenee con cui le normative europee vengono recepite dai diversi Stati membri. La denuncia arriva da Assocostieri, che per voce del suo direttore generale Dario Soria ha portato all’attenzione della politica i rischi di una “tempesta regolatoria” che sta marginalizzando gli scali della Penisola.
L’occasione per fare il punto è stata il convegno “Indipendenza energetica – Governare la transizione”, svoltosi il 4 dicembre alla Camera dei Deputati alla presenza del ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Nel suo intervento, Soria ha evidenziato come l’Italia stia pagando il prezzo di un eccesso di zelo normativo rispetto ai partner comunitari. Il nodo centrale della questione risiede nell’applicazione asimmetrica di regolamenti cruciali come l’Ets, il FuelEu Maritime e, soprattutto, la Direttiva sulle Energie Rinnovabili (Red III). I dati messi sul tavolo da Assocostieri mostrano una disparità allarmante sugli obblighi di miscelazione “bio” per il bunkeraggio internazionale.
L’Italia ha scelto la linea dura, fissando un target del 29% entro il 2030. Una scelta che stride con le politiche dei diretti concorrenti: paesi come Spagna, Germania e Danimarca hanno optato per un obiettivo dello 0%, mentre il Portogallo si è attestato al 18% e hub strategici come Malta e Cipro hanno limitato il contributo al 5%. Questa differenza crea un differenziale di costo immediato che spinge gli armatori a rifornirsi altrove.
La ripercussione di questi squilibri sui traffici ha subito mostrato numeri del calo. I dati preliminari illustrati durante il convegno certificano una contrazione del 14% dei volumi di bunkeraggio in Italia nell’ultimo anno, scesi da 2,7 a 2,3 milioni di tonnellate.
Il confronto con la Spagna è emblematico della perdita di terreno: pur avendo un traffico passeggeri nettamente inferiore, pari a un terzo di quello italiano, i porti spagnoli movimentano volumi di carburante quattro volte superiori, sfiorando gli 8 milioni di tonnellate.
In termini economici, questo travaso di traffico si traduce in una perdita per il sistema portuale italiano stimata in oltre 120 milioni di euro, aggravata ulteriormente dall’entrata in vigore dell’area Seca nel Mediterraneo che sta ridisegnando le rotte navali a svantaggio dell’Italia.
L’allarme di Assocostieri non si limita al solo comparto energetico, ma guarda all’intera filiera. La perdita di attrattività degli hub nazionali, secondo l’associazione, rischia di generare un effetto domino: è già stimata una flessione del 4% negli arrivi turistici internazionali via mare, mentre il settore manifatturiero potrebbe subire un aggravio dei costi logistici per l’import-export.
Secondo Soria, non siamo di fronte a una volatilità temporanea, ma a un cambiamento strutturale che vede l’Italia scivolare ai margini delle grandi direttrici del traffico globale, scavalcata da porti dove le condizioni operative sono economicamente più sostenibili.
Per contrastare questa tendenza, Assocostieri ha annunciato un’azione basata sull’analisi oggettiva dei dati. Il prossimo 27 gennaio 2026 verrà presentato alle istituzioni uno studio strategico, realizzato con il contributo di accademici ed esperti del settore, che mapperà i flussi degli ultimi cinque anni e proietterà gli impatti futuri delle attuali normative.
L’obiettivo su cui punta Assocostieri è quello di fornire al Governo gli strumenti per negoziare e attuare misure correttive. La richiesta degli operatori non è quella di eludere gli obiettivi green, ma di garantire un ‘level playing field’: regole armonizzate che permettano ai porti italiani di competere ad armi pari, evitando che la transizione energetica si trasformi in una deindustrializzazione del settore marittimo nazionale.
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