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Articolo 18 comma 7: un viaggio nella giungla dei porti italiani

Luca Becce, presidente di Assiterminal (l’associazione italiana dei terminalisti portuali), nella sua intervista a SHIPPING ITALY ha scoperchiato il delicato tema della variegata applicazione nei vari scali marittimi nazionali di quanto previsto dall’articolo 18 comma 7 della legge 84/1994 in vari porti italiani. La norma testualmente recita: “In ciascun porto l’impresa concessionaria di un’area demaniale […]

di Nicola Capuzzo
21 Gennaio 2020
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Luca Becce, presidente di Assiterminal (l’associazione italiana dei terminalisti portuali), nella sua intervista a SHIPPING ITALY ha scoperchiato il delicato tema della variegata applicazione nei vari scali marittimi nazionali di quanto previsto dall’articolo 18 comma 7 della legge 84/1994 in vari porti italiani.

La norma testualmente recita: “In ciascun porto l’impresa concessionaria di un’area demaniale deve esercitare direttamente l’attività per la quale ha ottenuto la concessione,
non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l’attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione.”

A questo proposito Becce afferma: “Lei sa quanti sono i casi in cui di fatto si è superata la situazione del comma 7 articolo 18 inventandosi destinazione d’uso di concessioni che in realtà sono utilizzate prevalentemente per una merceologia? Solo a Genova ce ne sono almeno due”. Poi ancora nell’intervista, sempre a proposito dell’abolizione del limite imposto dall’articolo 18 comma 7 della legge, aggiunge: “Sbloccherebbe una dinamica di mercato che è già in corso evitando che venga mascherata con operazioni d’ipocrisia legale e istituzionale. Mi sembra abbastanza evidente, no?”.

L’elenco dei casi in questione il numero uno di Assiterminal preferisce non farlo per la carica che ricopre e per evitare di allungare la lista dei suoi oppositori, ma SHIPPING ITALY prova comunque a riportare alcuni dei casi che per molti addetti ai lavori rappresentano il segreto di pulcinella.

Partendo da nord-ovest uno dei casi che spesso si sente menzionare è quello di Apm Terminals Vado Ligure, concessionaria del Reefer Terminal, banchina teoricamente multipurpose, e del nuovo terminal container. In entrambe i terminal vengono movimentati container sia dry che reefer, senza contare che in prospettiva le cosiddette navi bananiere dedicate al trasporto di ortofrutta lasceranno quasi completamente spazio alle portacontainer e alle navi multipurpose. Non a caso a Genova e a Trieste i terminal frutta non esistono più.

Sia nello scalo del capoluogo ligure che in quello del capoluogo giuliano le due banchine una volta specializzata nei traffici break-bulk di frutta sono state acquisite da concessionari che in porto già operavano: nel caso di Genova il Terminal San Giorgio (che successivamente ha ottenuto un cambio di destinazione d’uso del terminal per traffico di rotabili e merci varie) mentre a Trieste le aree del Trieste Terminal Frutta sono state acquisite da Samer Seaports e oggi destinate alla movimentazione di semirimorchi. In entrambe i casi i terminal acquirenti e acquisiti erano attigui.

Altro caso simile è quello del Terminal Rinfuse di Genova il cui controllo azionario è passato nelle mani del Gruppo Spinelli che continua a movimentare rinfuse ma ha anche utilizzato gli spazi in banchina per container e rotabili, come avviene al suo Genoa Port Terminal anche in questo caso attiguo.

Sempre sotto la Lanterna è sub judice l’ingresso al 49% nell’Imt Terminal del Gruppo Messina (con controllo congiunto) di Msc che già ha in concessione le nuove banchine ottenute dal riempimento di Calata Bettolo e il cui avvio operativo tarda ad arrivare.

A La Spezia un caso simile ha riguardato il terminal multipurpose Speter che era stato rilevato dal La Spezia Container Terminal e qualche anno dopo direttamente inglobato con una fusione per incorporazione dalla stessa società del Gruppo Contship Italia.

C’è poi ancora il caso ad esempio di Conateco e Soteco, due società distinte ma entrambe facenti capo a Msc che all’interno del porto di Napoli movimentano contenitori.

Tornando all’Adriatico un altro caso per cui la locale port authority ha ritenuto di non dover applicare quanto previsto dall’articolo 18 comma 7 della legge 84/1994 riguarda i terminal Transped e MultiService di Marghera che, in due momenti temporalmente diversi, sono stati acquisiti dal Gruppo Bogazzi e la scorsa estate sono passati al fondo F2i.

Va detto e sottolineato che tutte le acquisizione sopracitate risultano regolari essendo state preventivamente esaminate e poi approvate dai competenti organi delle rispettive Autorità portuali. Ciò è stato possibile perché gli organi giudicanti in taluni casi hanno ritenuto ad esempio che i rispettivi mercati non fossero perfettamente sovrapponibili, o perché una destinazione d’uso multipurpose ammette anche la movimentazione in misura limitata di contenitori o ancora perché una doppia concessione non precludeva l’obiettivo prioritario di massimizzare i traffici di un porto.

Una sentenza del Tar della Liguria del 2012, infatti, secondo quanto spiega lo studio legale Nctm “aveva già cominciato ad attenuare la rigida interpretazione dell’articolo 18, VII comma, della legge portuale anche in relazione alla tutela del diritto alla concorrenza. Il giudice amministrativo ligure ha, innanzitutto, affermato il potere delle Autorità Portuali di verificare caso per caso la sussistenza o meno di situazioni potenzialmente lesive del divieto di doppia concessione per esercizio di medesima attività nello stesso porto – e, quindi, di possibile compromissione della libera concorrenza – e ha poi precisato che “la limitatezza degli spazi, unitamente alle esigenze di specializzazione dei singoli terminal, possono rendere assai complessa, – e probabilmente neppure opportuna (…) la presenza nello stesso porto di più concessionari svolgenti la medesima attività in effettiva concorrenza tra loro’.”

Il commento degli avvocati di Nctm a questa sentenza infine aggiungeva: “Sul punto è intervenuta anche l’Autorità Portuale di Livorno, che ha affermato che ‘non è illegittima una limitatamente elastica applicazione delle norme (consentendo, ad esempio, che un terminalista possa operare al di fuori della propria concessione) purché siano assicurati i princìpi fondamentali di trasparenza, parità di trattamento e tutela della concorrenza evitando abusi di posizione dominante’.”

Rimane dunque solo da capire quando una concentrazione fra terminalisti portuali configuri un abuso di posizione dominante, compito che spetta in Italia all’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato.

Nicola Capuzzo 

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