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Pagano le scelte logistiche di Amazon: aggirate congestione portuale e carenza di equipment

Sebbene i costi logistici stiano continuando a rappresentare anche per Amazon una fonte di uscite sempre più importante (pari al 16,34% dei ricavi da vendite nel terzo trimestre 2021),  la strategia imboccata dall’azienda statunitense sempre più volta ad assumere un controllo diretto della fase del trasporto le sta permettendo di gestire al meglio la distribuzione […]

di Nicola Capuzzo
6 Dicembre 2021
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Amazon sbarco container 2

Sebbene i costi logistici stiano continuando a rappresentare anche per Amazon una fonte di uscite sempre più importante (pari al 16,34% dei ricavi da vendite nel terzo trimestre 2021),  la strategia imboccata dall’azienda statunitense sempre più volta ad assumere un controllo diretto della fase del trasporto le sta permettendo di gestire al meglio la distribuzione dei suoi prodotti anche in questa fase storica di grande complessità.

Ne è convinto l’analista di trasporti marittimi Steve Ferreira, che alla testata televisiva statunitense Cnbc ha evidenziato come una delle ultime iniziative in questo senso – ovvero la decisione di noleggiare intere navi da destinare al trasporto di suoi container – si stia rivelando efficace per abbattere il problema della congestione portuale, in particolare degli scali della Costa Ovest degli Usa (prima ancora che quello del caro-noli). “Chi altri poteva immaginare di far arrivare una nave in un porto sconosciuto dello Stato di Washington per poi portare la merce fino a LA via camion? Molti continuano a pensare che sia meglio farla arrivare a Los Angeles” ha spiegato Ferreira, osservando che secondo le sue ultime rilevazioni le unità ‘di Amazon’ hanno dovuto aspettare di attraccare al massimo per due giorni.

Ancora di più, secondo l’analista, sta pagando la scelta di Amazon di far costruire propri container per sfuggire alla crisi creata dalla carenza di vuoti. Nel dettaglio secondo Ferreira il gruppo di Seattle avrebbe fatto realizzare negli ultimi due anni “tra i 5.000 e i 10.000 container” da 53 piedi (misura utilizzata per lo più negli Usa e in Canada), i quali, una volta sbarcati sul suolo statunitense, possono essere utilizzati ad esempio nel sistema ferroviario, senza quindi la necessità di doverli riposizionare immediatamente in Asia.

Queste iniziative più recenti si inseriscono comunque in un percorso avviato già da tempo, e che ha portato Amazon a prendere il controllo delle sue spedizioni aeree tramite la compagnia Prime Air, che da quest’anno si è dotata di un proprio hub a Cincinnati, a operare come spedizioniere marittimo, a creare una rete fittissima di magazzini nonché di network altrettanto fitti di autotrasportatori al suo servizio. Queste azioni secondo SJ Consulting Group hanno fatto sì che ad oggi Amazon gestisca direttamente il 72% delle sue consegne (contro il 46,6% del 2019).  Ciononostante, riferisce sempre la Cnbc, anche l’azienda di Seattle come i colleghi sta pagando il prezzo delle crisi delle supply chain globali, non solo come già visto in termini di maggiori spese operative ma anche dovendo fare i conti (secondo dati di CommerceIq) con un aumento del 14% delle rotture di stock dall’inizio dell’anno a questa parte.

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