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Caso nave Eolika a Spezia: “Servono standard più elevati per le navi delle armi”

Il presidente dell’Adsp spezzina Sommariva interviene a valle del carico di munizioni italiane (Fiocchi) destinate a Santo Domingo e sequestrate a Dakar. Resta aperto il tema dell’opacità sui transiti

di Redazione SHIPPING ITALY
20 Gennaio 2022
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Dakar dogane

“Quanto avvenuto dimostra che imbarcare merci delicatissime come le armi, sebbene regolarmente autorizzate dalle autorità competenti, non basta a impedire che possano diventare oggetto di traffici illegali”.

Ad affermarlo è stato Mario Sommariva, dopo il caso, emerso nei giorni scorsi, del carico di munizioni di produzione italiana (dell’azienda Fiocchi) imbarcate a La Spezia sulla Eolika, general cargo quasi quarantenne (1983) da 1.000 tonnellate di stazza lorda, battente bandiera della Guyana, appartenente a una società svizzera ma gestita da un armatore greco e condotta da un equipaggio ucraino. La nave ha effettuato il carico a la Spezia a inizio dicembre, dopodiché si è recata per una sosta tecnica in Spagna per poi dirigersi, invece che in Centro America, verso il Senegal.

Insospettiti da strani movimenti della nave e dell’equipaggio sui container, gli agenti della Dogana di Dakar hanno ispezionato il cargo e sequestrato i container contenenti le munizioni per un valore di circa 4,5 milioni di euro. Mentre emergeva come le autorità senegalesi abbiano convocato e poi arrestato l’armatore greco della nave, Theodoros Rellos, già coinvolto in passato secondo Weapon Watch in un traffico di esplosivi, la notizia è stata rilanciata da questa e altre associazioni italiane e internazionali che contrastano i traffici d’armi, portando Fiocchi a dichiarare la “regolarità dell’operazione commerciale di propria competenza. Tale operazione, non diretta in Senegal bensì in Repubblica Domenicana, è stata oggetto di preventiva autorizzazione da parte delle Autorità italiane” (presumibilmente l’Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento facente capo al Ministero degli Esteri).

L’azienda di munizioni, pertanto, si dichiara vittima, tanto da aver “allertato sia le Autorità nazionali competenti sia le Autorità diplomatiche in territorio senegalese richiedendo supporto. Fiocchi intraprenderà ogni opportuna azione ai fini di tutelare i propri interessi e diritti e diffida chiunque dalla diffusione di notizie false e non verificate tese a ledere la propria reputazione”.

Mentre resta da spiegare come una società con la reputazione prestigiosa di Fiocchi possa aver affidato un carico di valore come questo a uno spedizioniere che ha scelto una carretta del mare quale la Eolika, gestita da operatori di dubbia integrità, Sommariva ha evidenziato la concretezza del “rischio che carichi sensibilissimi possano essere distolti per destinazioni e fini diversi da quelli consentiti dalla giurisprudenza italiana”.

Da cui la proposta, “per dare maggiore e piena efficacia alla legge 185/90 (Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento)”, di varare ad integrazione “una norma che preveda l’obbligo di adeguata certificazione per i vettori marittimi di queste tipologie di merci, che effettuano i trasporti dal nostro paese. Senza porre limitazioni al commercio internazionale potrebbero essere individuati degli standard minimi qualitativi, ivi comprese idonee garanzie e fideiussioni, a cui il naviglio impiegato dovrebbe rispondere. Un simile dispositivo potrebbe permettere alla catena logistica dell’industria italiana delle armi di arginare pericolose infiltrazioni, che trasformano le necessità di sicurezza dei popoli in tempo di pace, in guerre e conflitti”.

Un’iniziativa, quella di Sommariva, salutata con favore da Weapon Watch. Che non ha però mancato di ricordare come proprio l’Adsp spezzina sia stata recentemente protagonista in chiaroscuro di un caso analogo, riguardante la toccata nello scalo di una nave Bahri (la Yanbu), la società araba che cura la logistica e le spedizioni di armi destinate alle forze armate saudite ed emiratine impegnate in Yemen e che da anni è al centro delle contestazioni delle associazioni pacifiste.

Contrariamente ai colleghi, infatti, Sommariva in quell’occasione aveva sì verificato che la nave – parole dell’Adsp – “avrebbe sbarcato a la Spezia un elicottero destinato all’attività del corpo dei Vigili del Fuoco” e  che “fra il materiale in imbarco non vi fosse merce classificata fra quelle oggetto della disciplina di legge”, ma, senza esercitare – ha richiamato oggi Weapon Watch – “i controlli sul transito di armamenti provenienti e destinati a paesi terzi”, sebbene la legge, come ricordò allora Sommariva stesso, “non consenta né esportazione né transito di armi e armamenti verso paesi in stato di conflitto armato o responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”.

A.M.

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