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Le imprese ferroviarie cargo si ribellano alle mani (del Governo) in tasca

Nuovo taglio alle risorse Pnrr per i nuovi carri: Fermerci reagisce con l’allarme sul settore e la richiesta di 42 milioni annui aggiuntivi per fronteggiare gap infrastrutturali che nel 2024 si stima costeranno un altro -6,7% di traffico

di REDAZIONE SHIPPING ITALY
3 Ottobre 2024
Stampa

L’ipotesi di azioni clamorose, come un fermo in stile autotrasporto, è esclusa, ma non l’eventuale intrapresa da parte delle singole imprese di azioni legali, perché l’esasperazione nel settore delle imprese ferroviarie cargo ha raggiunto livelli importanti.

Lo hanno testimoniato Clemente Carta e Giuseppe Rizzi, presidente e direttore generale di Fermerci, in un incontro con la stampa volto a fare il punto su un momento ritenuto di svolta per il comparto, ben sintetizzato da tre richieste di incontro coi vertici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti presentate negli ultimi 60 giorni e andate finora a vuoto.

A far tracimare il vaso è l’ormai pressoché inarrestabile previsione dell’ultimo Decreto Omnibus (da convertirsi entro 7 giorni) in base a cui il Governo ha deciso (tentativo già approntato mesi fa e scongiurato all’ultima curva) di tagliare 55 milioni di euro delle risorse stanziate nel 2021 per il rinnovo del parco mezzi delle imprese del settore: “Sulla base di quanto stanziato dal fondo complementare al Pnrr nel 2021 le imprese hanno avviato investimenti che a fine 2023 ammontavano a oltre 700 milioni di euro per l’acquisto di 196 locomotive. Il danno di un taglio di queste risorse è evidente ed enorme e qualcuno potrebbe chiederne conto in Tribunale” hanno allertato Carta e Rizzi.

Senza considerare che la mannaia cade in un periodo critico per le ferrovie merci: “Le interruzioni delle linee ferroviarie dovute ai lavori infrastrutturali del Pnrr, che si protrarranno fino al 2026, hanno già ridotto la capacità di trasporto ferroviario di oltre il 50% nel 2024, con punte del 60% durante i mesi estivi. L’impatto sui traffici è evidente: -3,2% nel 2023, pari a -1,7 milioni di treni-km, una stima di -6,7% quest’anno. Il tutto a latere di problematiche esogene che vanno dalle interruzioni causa incidenti ai valichi del Frejus e del San Gottardo alle crisi geopolitiche in essere”.

Uno scenario apocalittico, “che per le imprese ferroviarie potrebbe tradursi nell’incapacità a restare sul mercato. La perdita di fatturato complessiva, che abbiamo calcolato insieme alle associazioni Fercargo e Assorotabili, sottoscrittrici delle indicazioni e richieste al Mit, ammonterà a 90 milioni di euro. Il ricorso agli ammortizzatori sociali è già diffuso, in ballo fra diretto e indotto ci sono 15mila lavoratori” hanno ancora evidenziato i vertici di Fermerci.

Ecco perché l’allarme è affiancato da una proposta, oggetto dell’interlocuzione richiesta e ancora non concessa dal Ministero: “Oltre a mantenere le risorse del Pnrr-Pnc, riteniamo che andrebbe costituito un fondo ulteriore da affiancare alle misure in essere e mantenere fino al termine dei lavori sulla rete, onde compensare gli enormi disagi patiti da chi come noi lavora soprattutto di notte, proprio quando le interruzioni di percorribilità sono massime”.

Nello specifico Fermerci ritiene che tale fondo annuale dovrebbe ammontare a 42 milioni di euro: 20 a integrare la “norma merci” (anche conosciuta come sconto tracce) che oggi vale 100 milioni, 20 ad alzare il plafond dell’odierno ferrobonus (22 milioni annui) e 2 per la formazione, “da destinarsi per intero agli studenti, non alle imprese”. Nella piattaforma dei desiderata anche “migliore pianificazione delle interruzioni ferroviarie, creazione di ferrobonus regionali e agevolazione di quelli portuali, attuazione delle misure di digitalizzazione del Pnrr, alleggerimento delle procedure di pagamento dei bonus, sostegno per i costi di adeguamento al sistema Ertms”.

A.M.

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