La mappa degli 84 nuovi progetti di impianti eolici offshore e le limitazioni alla navigazione
Uno studio del Consorzio Mediterraneo per Legacoop Agroalimentare evidenzia come le maggiori criticità e ripercussioni sui transiti in mare si avranno in Puglia, Sicilia e Sardegna
Quanti e quali nuovi progetti di impianti eolici offshore stanno muovendo i primi passi lungo le coste italiane? A questa domanda ha dato risposta Legacoop Agroalimentare con un rapporto mirato a evidenziare le criticità conseguenti sulla pesca italiana ma, indirettamente, anche sui trasporti marittimi.
Oggi di impianto eolico già attivo ne è presente soltanto uno nella rada esterna del porto di Taranto ma nell’ultimo anno ha avuto un notevole incremento il numero di progetti presentati al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase). Si tratta di 84 nuovi impianti (Sardegna 23, Sicilia 22, Puglia 20, Lazio 7, Calabria 6, Emilia Romagna 3, Abruzzo, Basilicata e Toscana 1) contro i 66 previsti nel 2023. E dallo “Studio di ricognizione e approfondimento sullo sviluppo delle attività legate alle risorse energetiche alternative (impianti eolici off-shore) e delle interazioni con le attività di pesca e acquacoltura”, realizzato dal Consorzio Mediterraneo, struttura di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare, avranno un consistente impatto sulla pesca. Effetti che si sommano ad altre criticità legate alla navigazione e alla presenza dei cavidotti per il trasporto dell’energia a terra e alla maricoltura.
I maggiori effetti negativi sarebbero particolarmente pesanti per le marinerie della Puglia Centrale e meridionale, della Sardegna Meridionale e della Sicilia Sud-Occidentale. L’impatto occupazionale sarebbe concentrato soprattutto nella Sicilia Sud-Occidentale (oltre 2mila addetti in meno), in Puglia centrale e meridionale (-1.000), Sardegna meridionale (-500). Seguono Romagna (-300), Lazio (-200), Calabria e Sicilia Ionica (-200).
Sempre secondo lo studio del Consorzio Mediterraneo, gli effetti sarebbero sulla superficie marittima utilizzabile per la pesca a strascico. Attualmente di poco più di 100mila km², ovvero meno del 32% della superficie complessiva delle acque marine italiane (oltre 350 mila km², dei quali quasi 200 mila interdetti alla pesca a strascico), gli impianti off-shore porterebbero ad una riduzione di 17.511 km², -21,6% della superficie di mare utilizzabile. Un valore che può apparire trascurabile su scala nazionale, ma che assume ben altro rilievo se si considera che gli impianti progettati non sono uniformemente distribuiti lungo le coste italiane, ma fortemente concentrati, sovrapponendosi su zone di mare fortemente sfruttate dalla pesca professionale.
Le regioni più colpite dagli effetti degli impianti eolici. Dallo studio emerge come la riduzione della pesca a strascico sia particolarmente allarmante soprattutto in alcune zone. Nell’area marina della costa meridionale della Sicilia (Gsa 16) la riduzione della superficie per la pesca a strascico sarebbe del 73,5%, nel mare Adriatico lungo le coste della Puglia (Gsa 18) del 58,4% e in Sardegna (Gsa 11) del 24,6%. A farne le spese sarebbero aree frequentate da marinerie di estrema rilevanza per la pesca nazionale. In Sicilia, ad esempio, le marinerie di Mazara del Vallo, Sciacca, Marsala, Trapani, dovrebbero fare i conti con una riduzione della superficie disponibile per le proprie attività di circa 2.800 Km2, per la localizzazione di 12 dei 22 impianti previsti.
In Puglia, i 21 impianti progettati, distinti in tre raggruppamenti (9 localizzati al largo delle coste del Gargano, del Golfo di Manfredonia e dei Comuni costieri della Puglia centro-settentrionale; 5 al largo delle coste dei Comuni costieri della Puglia centro-meridionale; 6 al largo delle coste più meridionali della Puglia e nel Golfo di Taranto) determinerebbero una riduzione della superficie disponibile di circa 5.300 km². A risentirne sarebbero le attività di marinerie di grande rilievo. Per la Puglia settentrionale e centrale, quelle di Manfredonia, Barletta, Molfetta, Bari, Mola di Bari, Monopoli e Brindisi (379 imbarcazioni, pari al 28,8% del registro delle barche da pesca e al 35,46% di quelle da strascico). Per la Puglia meridionale si determinerebbe un intralcio pesante alle attività di Otranto, Gallipoli, Santa Maria di Leuca e Porto Cesareo.
In Sardegna, dei 23 impianti progettati, 16 interesseranno soprattutto le acque prospicienti la costa meridionale dell’isola e formano una cintura di sbarramento di 1.572 km², pressoché continua, per importanti marinerie, come quella di Cagliari e quella di Sant’Antioco (la parte nettamente preponderante delle 541 imbarcazioni iscritte al registro della pesca, che rappresentano il 43% delle imbarcazioni da pesca dell’isola e il 54% di quelle da strascico).
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