Anche il Congresso vuole rilanciare marina mercantile e navalmeccanica Usa
Il disegno di legge bipartisan Ships for America Act mira a ricostituire flotta di bandiera e equipaggi nazionali, attraverso dazi e incentivi

La ricostituzione di un’industria marittima nazionale non è un obiettivo solo della nuova amministrazione della Casa Bianca, mossasi direttamente nelle scorse settimane con lo U.S. Trade Representative della Casa Bianca e l’ordine esecutivo presidenziale “Restoring America’s Maritime Dominance”.
Un gruppo bipartisan di parlamentari statunitensi, infatti, ha riproposto nei giorni scorsi un disegno di legge presentato a dicembre e incagliatosi col cambio d’amministrazione. Chiari gli obiettivi, così declinati dal senatore Marc Kelly, uno dei proponenti: “Attualmente, 80 navi battenti bandiera statunitense sono impiegate nel commercio internazionale, mentre la Cina ne ha 5.500. Lo Ships for America Act mira a colmare questo divario e a rafforzare la Marina Mercantile statunitense istituendo una supervisione nazionale e un finanziamento coerente per la politica marittima statunitense, rendendo le navi battenti bandiera statunitense competitive sul mercato internazionale riducendo la burocrazia, ricostruendo la base industriale dei cantieri navali statunitensi e ampliando e rafforzando il reclutamento, la formazione e il mantenimento di marinai e lavoratori dei cantieri navali”.
In particolare si punta a “espandere la flotta internazionale battente bandiera statunitense di 250 navi in 10 anni creando il Programma per una flotta commerciale strategica, che faciliterebbe lo sviluppo di una flotta di navi mercantili battenti bandiera statunitense, con equipaggio americano e costruite in patria, gestite commercialmente, in grado di operare in modo competitivo nel commercio internazionale”.
Per farlo, oltre a semplificazioni e alleggerimenti degli oneri legati alla bandiera, la legge – si legge ancora in una nota dei proponenti – vuole “modificare i dazi per rendere più competitivo il carico sulle navi battenti bandiera statunitense, obbligare il carico finanziato dal governo a spostarsi su navi battenti bandiera statunitense e obbligare una parte delle merci commerciali importate dalla Cina a spostarsi su navi battenti bandiera statunitense a partire dal 2030. Ampliare la base industriale dei cantieri navali statunitensi, sia per le navi militari che per quelle commerciali oceaniche, istituendo un credito d’imposta del 25% per gli investimenti nei cantieri navali”. E “accelerare la leadership degli Stati Uniti nella progettazione di navi di nuova generazione, nei processi di produzione e nei sistemi energetici delle navi mediante la creazione dell’Us Center for Maritime Innovation”.
Fra i target anche la ricostituzione di una forza lavoro marittima interna, “sostenendo una campagna di promozione e reclutamento, consentendo ai marittimi di mantenere le proprie credenziali attraverso un nuovo programma di fidelizzazione della carriera nella Marina Mercantile, investendo nelle infrastrutture necessarie per la US Merchant Marine Academy e supportando le Accademie Marittime Statali e i Centri di Eccellenza per la Formazione e l’Istruzione della Forza Lavoro Marittima Nazionale”.
Una prima analisi di dettaglio del provvedimento è stata condotta da Confitarma, una cui nota interna spiega come si preveda una “tassa portuale pari a 5 dollari/tonnellata (il termine “tonnellata” non è definito nella legislazione statunitense ma, solitamente, negli Stati Uniti le tasse sul tonnellaggio si riferiscono alle tonnellate nette) verrebbe applicata alle navi di proprietà, operate o registrate in Paesi considerati ‘of concern’” (Cina, Russia, Corea del Nord e Iran). Ma una tassa portuale per tonnellata è prevista anche per “le navi di operatori o armatori provenienti da Paesi non classificati come of concern. L’importo, variabile da 1,25 a 5 dollari per tonnellata netta, sarebbe determinato in base a due criteri: la percentuale del portafoglio ordini presso specifici cantieri navali considerati of concern; la quota della flotta costruita o recentemente sottoposta a riparazioni presso determinati cantieri navali of concern”.
Come ventilato dallo Ustr, una seconda parte della legge “prevede che una quota crescente (fino al 10%), delle importazioni statunitensi venga trasportata su navi costruite, battenti bandiera e con equipaggio statunitense. Requisiti analoghi si applicano anche alle esportazioni di petrolio greggio statunitense (10% entro il 2035) e di gas naturale liquefatto (15% entro il 2043)”.
Da segnalare infine, secondo Confitarma, le ulteriori misure del disegno normativo: “L’istituzione di un Fondo per la sicurezza marittima alimentato dai proventi derivanti dallo Ships Act e dai dazi portuali imposti dall’Ustr e da altre fonti, che servirà a finanziare programmi e iniziative volti a sostenere l’industria marittima statunitense. La creazione di una ‘Flotta commerciale strategica’, composta da minimo 250 navi commerciali, con l’obiettivo di garantire una presenza stabile degli Stati Uniti nel trasporto marittimo internazionale. Tale flotta potrà essere mobilitata in caso di conflitto o emergenza nazionale. A tal fine, nel 2026 sarà stanziato un contributo iniziale di 150 milioni di dollari che aumenterà progressivamente fino a 2,1 miliardi di dollari entro il 2035. Incentivi e sussidi alla cantieristica: dal 2026 al 2035, saranno stanziati 250 milioni di dollari all’anno dal Fondo per la Sicurezza Marittima. Parallelamente, il sussidio per i cantieri navali di piccole dimensioni sarà aumentato a 100 milioni di dollari all’anno nello stesso periodo. Crediti d’imposta per gli investimenti in cantieristica navale: viene introdotto un credito d’imposta del 33% per investimenti nella costruzione di nuove navi negli Stati Uniti, con un ulteriore 5% se la nave è assicurata negli Usa e un 2,5% aggiuntivo se è classificata secondo standard statunitensi. È inoltre previsto un credito d’imposta del 25% per investimenti finalizzati all’espansione della capacità cantieristica nazionale. L’aumento dei dazi sulle riparazioni effettuate all’estero: le riparazioni eseguite su navi battenti bandiera statunitense al di fuori degli Stati Uniti saranno soggette a dazi significativamente più elevati: 200% se effettuate in ‘Paesi di interesse’ e 70% in altri Paesi terzi. Misure per rafforzare la competitività delle navi con bandiera statunitense tra cui dazi di importazione ridotti per le merci trasportate su tali navi e priorità di accesso ai porti. Incentivi e programmi per la formazione del personale marittimo al fine di rafforzare le capacità operative della flotta strategica e garantire l’impiego di marittimi statunitensi. L’istituzione dell’Ufficio del Consigliere per la Sicurezza Marittima, ossia una nuova struttura al fine di coordinare la politica marittima nazionale e l’attuazione della nuova Strategia Marittima degli Stati Uniti”.
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