La decarbonizzazione per i traghetti non è un pranzo di gala
Fra incertezze normative, tecniche e di mercato (salvo la sicura esosità) i fuel alternativi restano un rebus per molti armatori ma qualche direttrice la si comincia a intravedere

Genova – Confusione normativa, aleatorietà estrema degli scenari produttivi, difficoltà logistico-distributive (ad oggi) difficilmente sormontabili, limiti tecnici, sostenibilità economica dubbia: lo scenario sul settore delle navi ro-ro e ro-pax tracciato durante il Business Meeting organizzato a Genova da SHIPPING ITALY è, soprattutto per quel che riguarda il grande tema della decarbonizzazione, pieno di nubi.
Qualche spiraglio di luce, tuttavia, soprattutto sul lato dell’offerta (produttori e fornitori di bunker), s’è aperto, ma andiamo con ordine.
A dare il paradigma dello stato dell’arte è stato Giorgio Barabino, di Shell Marine: “Non aspettiamoci che si imponga un carburante alternativo unico. La decarbonizzazione procederà a tappe e in più direzioni. E l’unica certezza è che sarà costosa”. Le criticità sono molteplici infatti: “Il promettente biofuel è problematico per l’accesso alle biomasse e la concorrenza di altri settori (avio, stradale, etc), l’elettrico è oggi utilizzabile solo per cabotaggio, l’ammoniaca presenta ancora troppi rischi di tossicità. Per ora il gnl resta la strada, tecnologicamente maturo e, almeno su larga scala, fruibile ovunque grazie a barge e simili, con l’auspicio inoltre di poter pensare di produrre adeguate quantità di biognl almeno in futuro”.
A puntare su biofuel – “la logistica è pronta, i vantaggi ambientali massimi” – e Hvo – “alto potere calorifico, stabilità chimica, compatibile con motori esistenti – è stato Lorenzo Buffoni di Alpha Trading, non mancando però di sottolineare il contrappeso, destinato nella mattinata a tornare più volte: “Si tratta di soluzioni pronte, concrete e di facile adozione. Ma, certamente, costose”. Rispondere all’incertezza con la flessibilità è la strategia adottata anche da Wärtsilä: “Siamo agnostici sui carburanti alternativi. Quello che offriamo ai clienti sono soluzioni flessibili, a partire dalla motoristica dual fuel”.
Il destino dell’alimentazione dei motori navali si gioca però anche su altri versanti. E anche qui l’incertezza la fa da padrona.
Lo ha esemplificato Fabrizio Pescaglia, di Lockton PL Ferrari: “Ad accomunare i nuovi carburanti c’è che non sono ‘persistent oil’. Il che, da un punto di vista assicurativo, rende inapplicabili le convenzioni internazionali che oggi disciplinano la ripartizione dei rischi per il trasporto marittimo di e mediante carburanti tradizionali, fissando doveri ma anche limitazioni di responsabilità per le shipping company. Ciò, secondo una stima grossolana ma eloquente, significa un costo di copertura superiore fra le 10 e le 100 volte a quello attuale, almeno fintantoché non si arriverà alla definizione di convenzioni paragonabili a quelle vigenti”.
D’altro canto appare prematuro oggi scommettere su cosa sarà lo shipping, dal punto di vista dei fuel, fra 4-5 anni o ancor di più, come ben riepilogato da Andrea Cogliolo di Rina, che ha messo in luce come l’incertezza che pervade il settore parta dal livello normativo più alto: “Basti pensare a come l’Imo un mese fa abbia ribaltato l’approccio di questi anni (nell’ambito delle modifiche Mepc, ndr). Se prima le emissioni si valutavano partendo dal ‘camino’ della nave, ora si utilizzerà un sistema life cycle, mentre il concetto, biunivoco, di compliance sarà superato da un sistema market based: pagherò a seconda di quanto sarò difforme dagli standard via via fissati”.
Anche qui, tuttavia, a fronte di questa incertezza sovrana, il Rina stesso ha provato a metter ordine, posizionando – si veda la slide in pagina – i diversi carburanti alternativi (“almeno per quelli su cui abbiamo abbastanza informazioni”) in uno schema che indica nel tempo il loro impatto Ghg rispetto ai mutevoli parametri fissati dall’agenzia Onu e consentirà almeno una parziale valutazione della loro appetibilità.
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