Via al recupero del bunker al largo dell’India sulla Msc Elsa 3, il caso si sposta in tribunale
Chiesto un maxi risarcimento di 1 miliardo di dollari. Cinque le navi Msc inizialmente sequestrate di cui una bloccata per un mese: scelte che minacciano il commercio secondo la compagnia

A quasi tre mesi dall’affondamento della portacontainer Msc Elsa 3 al largo delle coste indiane, il caso entra nella sua fase decisiva. Mentre in mare è iniziata una complessa operazione per rimuovere il carburante a bordo, la vicenda si è trasformata in una battaglia legale con richieste di risarcimento che hanno portato al sequestro di diverse navi della compagnia.
Secondo quanto riportato al tempo dell’incidente, la nave, lunga 184 metri, aveva a bordo 640 container, inclusi 13 con merci pericolose, e un equipaggio di 24 persone, che fortunatamente non hanno riportato ferite. Da un primo calcolo si stimavano 370 tonnellate di carburante a bordo della nave, ma non era stato segnalato un pericolo immediato di perdite di petrolio.
La situazione è ora ben diversa: la nave giace a 51 metri di profondità e i subacquei di Smit Salvage, la società incaricata da Msc, hanno avviato le immersioni in saturazione per pompare le circa 450 tonnellate di carburante stimate a bordo, un quantitativo superiore di circa 80 tonnellate rispetto alla stima iniziale. L’operazione, resa difficile dai monsoni stagionali, ha l’obiettivo di prevenire un disastro ambientale e si prevede che possa durare fino al 25 settembre.
Alla complessità del lavoro di salvataggio si aggiunge il fatto che la compagnia di navigazione si trova ad affrontare una vera escalation legale, poiché lo stato indiano del Kerala, dove è avvenuto il sinistro, ha chiesto un maxi-risarcimento di un miliardo di dollari. Per garantirne il pagamento, il tribunale ha disposto il sequestro di cinque portacontainer di Msc in transito nei porti indiani.
Nonostante le quattro navi siano state rilasciate dopo il deposito di una cauzione, la Msc Akiteta II è rimasta bloccata in porto per un mese. La compagnia di navigazione, riporta maritime-executive.com, ha dichiarato in tribunale che le pretese indiane stanno mettendo a rischio il commercio e la sua catena di approvvigionamento, creando un precedente che l’industria non sarebbe in grado di sostenere.
Anche lo Sri Lanka ha presentato una richiesta di risarcimento separata a causa dei detriti e dei granuli di plastica che hanno raggiunto le sue coste a centinaia di chilometri di distanza.
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