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Sace e il sistema export credit italiano nel mirino di Aponte e Vago (Msc)

Il patron del gruppo ginevrino ha chiesto espressamente a Salvini di riorganizzare l’Italia se non vuole perdere commesse importanti

di Nicola Capuzzo
16 Novembre 2022
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L’Italia, se vuole continuare a sperare di essere competitiva, deve riorganizzarsi; sia sotto il profilo della burocrazia che del supporto finanziario garantito dall’export credit agency Sace. Questo è stato il messaggio forte lanciati da Gianluigi Aponte, patron del Gruppo Msc, e dal genero Pierfrancesco Vago, presidente esecutivo della divisione passeggeri di Msc, in occasione della consegna della nave da crociera Msc Seascape costruita da Fincantieri a Monfalcone.

“I francesi hanno un’ottima burocrazia e un’ottima organizzazione, c’è poco da fare. Quindi noi dobbiamo riorganizzare l’Italia” sono alcune delle parole rivolte da Aponte al vicepresidente del Consiglio e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini.

A rincarare la dose ci ha pensato appunto Vago che durante il duo discorso ha detto: “Msc Crociere ha costruito una solida partnership con Fincantieri. Grazie anche al ruolo determinante esercitato dalla Sace. E vorremmo che tale modello virtuoso si consolidasse. Allo stato attuale, tuttavia, non possiamo non considerare le politiche di attrazione degli investimenti messe in campo da altri paesi europei. Che sono spesso molto più favorevoli”. Il riferimento sembra essere in particolare a Francia e Germania dove risiedono i cantieri concorrenti Chantiers de l’Atlantique e Meyer Werft.

Appena prima Vago ha detto: “Il ruolo del Governo è fondamentale, sotto molteplici punti vista. Penso, per esempio, alle semplificazioni burocratiche necessarie per mantenere competitivo il nostro sistema portuale. Nonché alla restituzione alla Sace del suo ruolo originario di sostegno e di accompagnamento all’esportazione. Evitando il rischio di un suo snaturamento e di una sua eccessiva finanziarizzazione”.

A margine della cerimonia il presidente di Msc Crociere ha spiegato in questi termini il suo pensiero sul ruolo di Sace: “Senza la Sace non andiamo da nessuna parte perciò adesso, che ha il bilancio che fa parte del Ministero del tesoro, deve avere la capacità di renderci più competitivi. Con il costo del denaro (elevato, ndr), gli interessi per prestare denaro e con il costo dell’inflazione, senza la Sace non si possono fare investimenti da 1 miliardo come è il costo di questa nave”. Poi ha così proseguito: “Se vogliamo nuove tecnologie, abbiamo bisogno di spenderli questi soldi per trovare appunto dele soluzioni non soltanto ambientali ma anche tecnologiche. Questo è il futuro e la Sace è basilare per il sistema Italia. Non vorrei invece che diventassero qualcos’altro; non più un export credit agency ma che invece diventino un po’ una banca e ciò andrebbe contro alla motivazione per cui abbiamo creato questa agenzia. Agenzia che fra l’altro hanno tutti i paesi europei e che funzionano molto bene e che sono aggressive e competitive”. Da queste parole par di capire che la questione ruoti attorno al ‘prezzo’ secondo Msc troppo elevato che Sace chiede oggi per offrire la propria garanzia assicurativa sui finanziamenti riguardanti l’export del made in Italy (di cui appunto le navi da crociera sono un esempio).

Ma non è tanto e solo una questione di costi, come spiega un’altra fonte del mondo finanziario che chiede di rimanere anonima: “Sace è diventata un apparato burocratico mostruoso, farraginoso, lentissimo, estenuante; che fa una costante e profondissima due diligence delle aziende che fanno richiesta di assicurazione. Il tutto con costi, sia per Sace che per le potenziali committenze, mostruosi in termini di tempo e di costi vivi. Sace entra nel merito commerciale, valuta mercati e via di seguito delle aziende che vengono in Italia a comprare prodotto italiano,  dimenticandosi che il suo scopo originale è quello di aiutare le aziende italiane (nel caso specifico Fincantieri) a prendere commesse, lavoro, ordini e quant’altro, non le aziende che comprano e che investono”.

La stessa fonte ricorda che “Coface in Francia, Hermes in Germania, Finvera in Finlandia hanno lo stesso scopo ma sono molto più snelle, molto più veloci, flessibili e correnti, affidandosi sostanzialmente alle banche che attraverso la garanzia Eca (Export Credit Agencies) finanziano le operazioni. Msc così come molti altri armatori si sono stufati di questo modo di agire da parte di un soggetto che pretende di criticare e di entrare nel merito commerciale e imprenditoriale delle aziende”.

Oltre a questioni di burocrazia e di competitività nei meccanismi di supporto all’esportazioni, Vago nel suo discorso ha chiesto che l’Italia, “al pari di Francia e Germania, svolga in Europa un ruolo da protagonista. Poiché la maggior parte delle questioni legate al settore dello shipping viene ormai discussa e decisa in sede comunitaria. In Europa si fissano però obiettivi talora molto ambiziosi, talvolta anche ‘astratti’. Senza però, nel contempo, investire in maniera adeguata nella ricerca e nelle tecnologie necessarie per conseguirli. È un fenomeno che constatiamo sempre più spesso, come nel caso del pacchetto Fit for 55”.

Il presidente di Msc Crociere a questo proposito ha portato un esempio concreto: “A luglio dell’anno scorso, in occasione della consegna di Msc Seashore, abbiamo intrapreso una grande sfida. Annunciando una partnership con Fincantieri per la costruzione della prima nave da crociera alimentata ad idrogeno. Dunque, una nave a emissioni zero. È un progetto altamente innovativo. In grado di aprire nuove frontiere. Se realizzato, rappresenterebbe un importante primato anche per l’Italia. Ma constatiamo, purtroppo, una perdurante difficoltà nel reperire infrastrutture, strumenti e tecnologie adeguati per sostenere un’iniziativa ambiziosa e rivoluzionaria come questa. Per il successo non basta infatti l’impegno – seppur notevole – del privato. Occorrono anche una visione organica e una regia che possono essere garantite solo dal sistema-Paese. Senza ovviamente dimenticare il contributo essenziale dell’Europa”.

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