“L’Italia ha i porti più inquinanti d’Europa” secondo Transport&Environment
L’Ong suggerisce di puntare su cold ironing, Ets, idrogeno e ammoniaca, no al Gnl. Genova al 10° posto in Europa per emissioni

Ora che la palla del Fit for 55, il pacchetto-climatico della Commissione Europea, è in procinto di passare a Parlamento Europeo e Consiglio dell’Ue, le pressioni delle varie lobby si fanno più stringenti, come evidenzia, per restare all’ambito marittimo-portuale, la nota appena diffusa da Assarmatori.
Di segno opposto a quelle dell’associazione armatoriale italiana sono ad esempio le conclusioni dello studio sull’inquinamento dei porti e della catena logistica marittima diffusi oggi dall’associazione non governativa Transport&Environment (“Eu Ports’ Climate Performance – An analysis of maritime supply chain and at berth emissions”). I numeri, frutto di una metodologia che incrocia i dati relativi alle emissioni di CO2 delle navi che hanno scalato in Europa nel 2019 (forniti dal database Ue Monitoring, Reporting and Verification) con quelli relativi al quantitativo di merci e passeggeri movimentati nei singoli porti (forniti da Eurostat), appaiono particolarmente negativi per l’Italia.
Il nostro paese, infatti, è quello in cui le emissioni portuali complessive sono più alte, sebbene non sia certo il primo per merci e passeggeri movimentati e annoveri solo un porto nella top ten dei peggiori, Genova, al decimo posto (nonostante nel capoluogo ligure da alcuni anni sia stato introdotto un accordo volontario ribattezzato Genoa Blue Agreement voluto dalla locale Capitaneria di Porto, che ‘impone’, alle navi che aderiscono, l’utilizzo di carburante con tenore di zolfo inferiore allo 0,1% prima del loro ingresso in porto).
Poco consolante poi che l’Italia sia solo quarta come paese e non abbia nemmeno un porto fra i dieci dieci peggiori per impatto complessivo delle attività di shipping (non solo, cioè, limitato alle emissioni rilasciate nei porti europei, ma nell’interezza dell’attività delle navi che li scalano), dato che tale classifica dice più dello scarso peso mercantile dei nostri singoli porti in Europa che della loro condizione emissiva.
Ad ogni modo, come accennato, le indicazioni che Transport&Environment trae da questi numeri sono diametralmente opposte a quelle propugnate dagli armatori. Per la Ong, infatti, l’elettrificazione delle banchine, per quanto importante, non risolverà il problema, data l’impossibilità di sostenere il rifornimento di tutte le navi in circolazione, “mentre il gas naturale liquido fossile (Gnl) e i biocarburanti sono stati erroneamente proposti come opzioni sostenibili. Gli unici carburanti sostenibili per il settore marittimo sono gli eco-carburanti basati sull’idrogeno, l’e-ammoniaca, l’e-metanolo o l’idrogeno stesso”.
Da qui l’invito alle istituzioni europee: “Garantire che almeno la metà, idealmente, di tutte le emissioni del trasporto marittimo in entrata e in uscita siano coperte dal sistema di scambio delle quote di emissione dell’Ue; richiedere a tutti i porti europei di fornire elettricità da terra alle navi all’ormeggio; porre fine all’invito ai porti marittimi di installare infrastrutture per il Gnl; introdurre obiettivi per l’installazione di infrastrutture di rifornimento di idrogeno e ammoniaca nei porti, per permettere alle navi di usare carburanti ecologici. Le entrate dell’Ets dovrebbero anche contribuire a finanziare queste infrastrutture”.
A.M.
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