Corsa contro il tempo per i cassoni della nuova diga di Genova
Avviate le procedure per lo spostamento parziale della produzione a Vado Ligure. Modifiche anche per il ribaltamento a mare dello stabilimento di Fincantieri a Sestri Ponente
Stando al cronoprogramma presentato all’avvio dei lavori che stabiliva la data del 25 settembre, slitterà di almeno cinque mesi la realizzazione dei cassoni per la nuova diga foranea di Genova, anche se la cosa non dovrebbe impattare sui tempi complessivi di realizzazione dell’opera.
Lo si evince dalla documentazione depositata nelle scorse settimane dall’Autorità di Sistema Portuale presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e la Regione Liguria a seguito della decisione di spostare a Vado Ligure la realizzazione dei 59 cassoni di maggiore dimensione e di parte dei 38 più piccoli (i numeri esatti in questo caso non ci sono, ma ciò che non sarà realizzato a Vado, sarà probabilmente realizzato al sesto modulo del terminal container di Pra’, come da iniziale previsione).
Il Mase ha già dato il suo placet alla variazione del progetto preliminare che aveva ottenuto il positivo parere di Valutazione di impatto ambientale, limitandosi a prescrivere misure di monitoraggio acustico durante il trasporto dei cassoni fra Vado e Genova al fine di tutelare i mammiferi marini dell’area. Sicché nella prima metà d’agosto l’Adsp ha avviato con la Regione la pratica per la verifica di assoggettabilità alla Via regionale, tutt’ora in corso (gli ultimi documenti, uno studio sulle emissioni aggiuntive a Vado, sono stati depositati il primo settembre).
In caso di esito negativo, si legge nei documenti, ci vorranno 4,5 mesi per attrezzare la testata della Piattaforma multipurpose di Vado (dove Fincosit e Fincantieri, parte del consorzio appaltatore Pergenova Breakwater, stanno già realizzando i cassoni della nuova diga di Vado) alla realizzazione dei cassoni della diga genovese (principalmente in ragione del pennello di 150 metri che dovrà essere realizzato a protezione del cantiere, utilizzando un cassone della vecchia diga vadese e quattro identici a quelli in via di realizzazione per la nuova diga dello scalo savonese).
Non considerando l’ipotesi che la Regione, invece, ritenga necessaria una Via (cosa che ovviamente allungherebbe i tempi probabilmente in modo esiziale per il previsto termine di fine 2026 per i lavori), Pergenova e Adsp contano di recuperare questi mesi accelerando i tempi di produzione dei cassoni (da 36 a 31,5 mesi), anche se – come mostra la figura pubblicata qui sopra – la previsione di avviare la realizzazione del pennello propedeutico ad agosto è già stata superata, essendo la procedura amministrativa in corso.
Inoltre l’armatore norvegese Tronds Marine ha rivelato che Pergenova non ha ancora confermato l’opzione per il noleggio del Tronds Barge 33, l’impianto di prefabbricazione che in teoria dovrebbe occuparsi dei cassoni più grandi, affiancando dalla fine del 2024 gli impianti (già nella disponibilità di Fincosit) Dario e Delfino, deputati a iniziare la realizzazione dei cassoni più piccoli.
Detto che, secondo Pergenova e Adsp lo spostamento da Pra’ a Vado avrà effetti ambientalmente positivi (perché ridurrà gli interventi previsti nello scalo genovese, a partire dalla riduzione da 295mila a 193mila dei volumi di dragaggi, senza impatto sui materiali di riempimento, giacché “gli sviluppi progettuali eseguiti successivamente al Pfte mostrano che il materiale proveniente dai dragaggi e dalla demolizione della diga esistente, è sufficiente per il riempimento dei cassoni. Eventuali deficit verrebbero comunque compensati mediante l’utilizzo dei sedimenti provenienti dalle attività di dragaggio eseguite nell’ambito di appalti diversi”) nulla si dice nella documentazione depositata delle ripercussioni finanziarie del cambio di programma.
Lontano dai riflettori, a differenza dei cassoni della nuova diga, nelle scorse settimane il Mase ha approvato una modifica anche all’altro grande progetto del porto di Genova, vale a dire il ribaltamento a mare del cantiere navale di Sestri Ponente (Fincantieri). In questo caso Adsp e appaltatore hanno proposto una variazione della destinazione inizialmente prevista per i materiali di scavo e dragaggio, tale per cui si passerà dagli oltre 386mila metri cubi destinati a smaltimento in discarica a soli 17,5 mila metri cubo. La differenza, infatti, sarà riutilizzata per riempimenti delle opere previste dall’appalto stesso “e di ulteriori opere portuali in corso”.
Solo i terreni con tracce di nichel residuate dalle sabbiature del cantiere saranno infatti considerati rifiuti pericolosi e come tali smaltiti. Quelli contenenti amianto, considerato “naturale”, saranno riutilizzati, essendo state ritenute soddisfacenti le garanzie dell’appaltatore: “Le terre e rocce da scavo qualificate come rifiuto saranno coperte e confinate, al fondo e lateralmente in bacini o cassa di colmata, sarà pertanto precluso il contatto diretto con tali rifiuti; tale soluzione garantisce anche, nel caso di rifiuti pericolosi per amianto naturale, che non vi sia dispersione di fibre in aria; i materiali da demolizione qualificati come rifiuto saranno confinati, lateralmente e al fondo da pareti in cemento armato, se riutilizzati come riempimento all’interno del vecchio bacino, oppure saranno ubicati nel suolo insaturo, se riutilizzati in reinterri al di sopra di quota +0,5 metri slm; in entrambi i casi, essendo prevista la realizzazione di pavimentazione con un asfalto impermeabile, essi resteranno permanentemente in condizioni insature, senza rischio di eluizione”.
Quanto ai sedimenti di dragaggio e ai materiali di scavo sotto gli 8 metri sotto il livello del mare, previo ottenimento delle autorizzazioni della Regione Liguria in materia di spostamento e immersione dei sedimenti in ambito portuale, e della Città Metropolitana di Genova per il loro riutilizzo come rifiuto, si prevede il deposito temporaneo nel canale di calma dell’aeroporto e la ricaratterizzazione ai sensi del DM 173/2016 prima dell’eventuale riutilizzo.
Interpellata da SHIPPING ITALY l’Adsp non ha chiarito se i benefici economici della variante – che genererà una riduzione dei costi dell’appalto tagliando la spesa per smaltimento di rifiuti e quella per l’acquisto di materiale di cava – ricadranno sull’appaltante o sull’appaltatore.
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