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Caronte&Tourist esplorerà la propulsione a idrogeno per lo Stretto di Messina

Molteplici le strategie, ma il settore delle navi ro-pax continua a navigare a vista sulla decarbonizzazione e chiede maggior impegno al decisore e ipotizza in qualche caso (Onorato) possibili azioni eclatanti

di Andrea Moizo
9 Maggio 2025
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Business Meeting Traghetti e Ro-Ro 2025 (20)

Genova – Se decarbonizzazione e futuro dell’alimentazione navale rappresentano un’incognita enorme sul lato dell’offerta, ancor peggio se la passa la domanda.

È quanto emerso sul fronte armatoriale anche nell’ultima edizione del Business Meeting “Traghetti e Ro-Ro” organizzata da SHIPPING ITALY a Genova, seppure non siano mancati spunti e pure annunci di nuove iniziative per far fronte al tema.

È il caso di Lorenzo Matacena, vertice di Caronte&Tourist, che, dopo aver lamentato “la scarsa evoluzione registrata in questi ultimi anni sul fronte Gnl, perché se è vero che normativamente c’è stato qualche, recente, passo in avanti, ci dobbiamo ancora rifornire mediante autocisterne provenienti da Ravenna”, ha svelato l’ultimo fronte aggredito dal suo gruppo: “Se il gas rappresenta l’investimento di medio periodo per le isole minori, per lo Stretto stiamo ragionando con Fincantieri alla realizzazione di una nave alimentata a idrogeno. Resta il tema dei costi: in certi segmenti, vedi il tpl, i margini sono troppo bassi per investimenti molto onerosi, occorre che le tasse che stanno via via arrivando per le emissioni tornino sotto forma di incentivo a chi innova”.

Un concetto che, declinato in più modi, è stato ripreso da altri colleghi. Matteo Catani di Gnv, ad esempio, ha evidenziato come “si dovrebbe pensare anche all’incentivazione ai produttori di carburante. È oggi che il decisore pubblico, che, condivisibilmente mette determinati parametri alle emissioni, deve pensare a come si rifornirà lo shipping fra 8-10 anni (penso in particolare al passaggio da gnl a biofuel), in modo da dare modo agli armatori di affrontare l’ammortamento di investimenti onerosi che durano decenni”.

Di rapporto con la pubblica amministrazione ha parlato anche Pierre Mattei, numero uno di Corsica Ferries, evidenziando “l’assurdità della situazione dell’Italia, i cui porti sono indietrissimo con l’elettrificazione, col risultato che chi come noi ha investito sul cold ironing – il 60% della flotta è pronta all’allaccio, il 100% lo sarà entro sei mesi – rischia di vedersi penalizzato”. Problemi condivisi da Achille Onorato, al vertice di Moby, che, richiamato il flop del decreto flotte (“Ottenuto l’ok al finanziamento per una nuova nave di Toremar, ci siamo resi conto dell’impossibilità di sostenere comunque l’investimento e abbiamo rinunciato”), ha messo il dito in un’altra piaga: “Non è pensabile che quel che paghiamo per l’Ets serva a coprire per metà il debito pubblico, è totalmente inconferente con le finalità di Bruxelles. Ovviamente paghiamo l’Ets dovuto ma dall’altro lato stiamo valutando la stortura che si è creata per la parte relativa alle soste in porto dove noi con le nostre navi siamo pronti al cold ironing ma di fatto lo Stato non lo è per fornire elettricità in banchina. Quella parte di Ets secondo me non dovrebbe essere pagato e stiamo facendo valutazioni su come affrontare il tema”.

Andrea d’Ambra, del gruppo Grimaldi, spiegata la strategia di massima intrapresa dal gruppo – che punta su ammoniaca come carburante alternativo per il cargo e sul biometanolo per i pax – ha messo l’attenzione su un’altra faccia del prisma, “vale a dire l’ottimizzazione e lo sforzo massimo sulle tecnologie di riduzione dei consumi, che sono al centro anche del nostro ultimo ordine. Proprio questi nove traghetti, che saranno tutti dual fuel, dimostrano la nostra fiducia nel biometanolo. Che oggi non esiste, ma che ci sembra il futuro per navi che arriveranno fra 3-4 anni e viaggeranno fino al 2050 e oltre”.

Conclusione dedicata al corto raggio, dove la situazione non è meno problematica, con sfumature diverse da area ad area e da azienda ad azienda. Maurizio Aponte (Navigazione Libera del Golfo) ha “auspicato l’armonizzazione delle normative sul trasporto passeggeri, dato che la deregulation delle imbarcazioni in vetroresina e legno ha portato a un’esplosione di questo settore, a un abbassamento medio del livello di qualità del trasporto e a una saturazione dei nostri porti”. Che sono per giunta sempre più inadeguati all’evoluzione, “numerica e volumetrica” del naviglio, secondo Eliseo Cuccaro (Alilauro), che, lamentando la “carenza di professionalità specializzata nella pubblica amministrazione” ha evocato “il ricorso a modifiche ai sistemi di governance dei porti, a partire dalle Autorità portuali, verso modelli di co-gestione pubblico-privata”.

Fino a chiudere con Salvatore Savarese, che ha evidenziato come il problema maggiore per Actv “sia la pochezza qualitativa e numerica del sistema cantieristico italiano, che si sta rivelando inadeguato a rispondere all’esigenza di un operatore come Actv di un portare a compimento un piano di rinnovamento da 150 milioni di euro per una flotta con oltre 100 mezzi in esercizio ogni giorno e che stiamo portando avanti – il mese prossimo uscirà il bando per 32 unità – con grande fatica ed estrema parcellizzazione”.

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