“Per rilanciare la cantieristica navale l’Italia vuole superare la norma Ue sugli aiuti di Stato”
Messaggio univoco della premier Meloni, Messina, Rixi e Bisagno per far sì che si possa realizzare nel nostro Paese il rinnovamento del naviglio nazionale di traghetti

Roma – In Italia la cantieristica navale, per costruire e per rimettere a nuovo soprattutto traghetti, “rimane un’eccellenza ma c’è un problema di capacità produttiva e di prezzo. L’Italia per i traghetti non è in grado di offrire capacità produttiva e prezzi competitivi.
Serve aprire alla possibilità di costruire fuori Europa per raggiungere il rinnovo flotta traghetti”. Oppure “concentrarci sul ritorno alla competitività dei cantieri europei senza disincentivare, magari attraverso misure protezionistiche, gli armatori dall’acquisto di navi fuori Europa. Quando il danno provocato dal divieto degli aiuti di stato sarà riparato noi armatori torneremo a costruire in Europa”.
La navalmeccanica è stata, insieme all’Ets e alla competitività della bandiera italiana per le navi, uno dei temi centrali dell’annual meeting di Assarmatori che ha visto chiudersi il secondo mandato di Stefano Messina alla presidenza. Secondo l’associazione degli armatori aderente a Conftrasporto-Confcommercio “l’unica cantieristica che è in grado di assecondare gli ordini di nuove navi con velocità e a costi realistici è quella asiatica. La nostra, dopo l’assurda messa al bando degli aiuti decisa dalla solita politica suicida dell’Europa, si è concentrata su segmenti ad alto valore aggiunto. È quindi un bene tornare a parlare di politica industriale marittima europea” sono state le parole di Messina.
Un messaggio coerente con quanto evidenziato dalla premier Giorgia Meloni che, durante il suo video messaggio per l’assemblea di Assarmatori, ha detto: “”Due anni fa il governo ha approvato il Piano del mare per il triennio 2023-25, sono molti i risultati raggiunti insieme ma c’è tanto lavoro ancora da fare per questo siamo impegnati nella definizione della seconda edizione del Piano del mare per il triennio 2026-2028, lo stiamo facendo con un approccio ancora più pragmatico ai singoli obiettivi, cercando di fare sintesi tra la legislazione internazionale, la legislazione europea quella nazionale: l’obiettivo è dare agli operatori del settore un quadro snello e chiaro evitando duplicazioni e sovrapposizioni che rischiano di minare la competitività delle nostre imprese”. La presidente del Consiglio ha poi aggiunto: “Stiamo lavorando anche per definire una strategia industriale marittima in grado di aiutare e sostenere i cantieri navali europei a far fronte alla concorrenza asiatica. Un tema su cui si sta muovendo la stessa Commissione europea. Traguardi ambiziosi che vogliamo raggiungere insieme a voi”.
“Bisogna andare in Europa a smantellare questo sistema che impedisce di dare un contributo agli armatori per rinnovare il naviglio e fare innovazione. Spagna, Francia e Germania l’hanno sempre fatto in passato” è stato il pensiero espresso da Marco Bisagno, presidente del cantiere navale genovese T.Mariotti. “Oggi l’Europa non consente di sostenere cantieri o armatori nel rinnovamento delle flotte mentre bisognerebbe prima smantellare questo divieto a sostenere chi vorrebbe investire. In passato per il trattamento delle acque nere (al fine di vietarne lo scarico a mare) era stato finanziato con tempi e stanziamenti precisi un piano simile” ha ricordato l’esperto imprenditore genovese.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, che durante il suo intervento ha affermato come ci siano “grandi difficoltà a realizzare le nostre navi all’interno del continente europeo” per questo ha preannunciato un piano per “esentare dagli aiuti di Stato gli aiuti alla cantieristica. Se non lo faremo troveremo un muro incredibile non solo sulle nuove costruzioni ma anche sul refitting delle navi. Abbiamo una cronica mancanza di bacini per nuove costruzioni”. Secondo il viceministro la rota da seguire prevede “anche investimenti diretti da parte dello Stato che non ricadano sotto procedura d’infrazione europea. Bisogna far capire all’Ue che non si può gestire l’economia del mare in una bolla”.
Nel frattempo Rixi, a proposito di Ets, ha preannunciato che “il 15% del Mit andrà tutto all’economia marittima. Stiamo aspettando dal Mase (Ministero dell’ambiente, ndr) le quote di ripartizione dell’Ets anche per potenziare le autostrade del mare. Rischiamo che shift modale dalla strada al mare finisca al contrario. La ripartizione della distribuzione dell’Ets (al netto di quanto è destinato a ripagare il debito pubblico) è stata fatta: al Mase va il 70%, un 15% al Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ndr) e il restante 15% al Mit”. Il trasporto marittimo italiano a regime si stima che verserà nelle casse pubbliche circa 500 milioni di euro nell’ambito di un gettito complessivo derivante dall’Ets stimato in almeno il doppio.
Mauro Mallone, presidente del comitato Ets, ricordando e illustrando la consultazione pubblica in atto ha auspicabile che venga applicato “un onere unico per gli armatori di qualsiasi nazionalità, non solo europei” così come ha chiesto che vengano incluse nel pagamento di questa tassa “anche le navi fra 400 e 5.000 GT. Si parla di 5 mila navi che pesano per il 9% delle emissioni globali del trasporto marittimo).
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