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Decarbonizzazione del trasporto marittimo: poche certezze e tante alternative

Al convegno organizzato dal Propeller Club di Venezia esperti a confronto sulla molteplicità di soluzioni disponibili per lo shipping

di Riccardo Masnata
24 Febbraio 2023
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Abituarsi all’incertezza sembra essere una prerogativa se si parla di decarbonizzazione in ambito marittimo e, in particolare, del combustibile, o dei combustibili, da usare per arrivare all’obiettivo “zero emissioni”.

Nell’attuale fase storica esistono parecchie ipotesi dal punto di vista tecnico per ridurre l’impatto ambientale delle navi, nessuna delle quali appare da escludere completamente. Ed è altamente probabile che si passerà a una fase successiva in cui diverse soluzioni, soprattutto sui combustibili da utilizzare per la propulsione, convivranno per un certo periodo di tempo.

Questo è quanto emerso dall’ultimo convegno “The green corridors start shipping decarbonization” organizzato dal Propeller di Venezia, presieduto da Anna Carnielli.

In apertura di lavori l’ammiraglio Piero Pellizzari, direttore marittimo del Veneto della Capitaneria di Porto, ha aiutato a inquadrare giuridicamente la questione, ricordando che in sede Imo non ci sono penali previste per chi non rispetta gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti a livello internazionale. In sede europea, invece, sembra sia possibile l’emissione di una direttiva comunitaria che inserirà il trasporto marittimo all’interno dell’Emission trading system (Ets), il sistema di “scambio di quote” volto a ridurre le emissioni.

Fulvio Di Blasio, presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale, si è soffermato sugli sforzi dell’authority pubblica per gestire la transizione energetica di tutto il cluster portuale e gli investimenti, effettuati e in corso, volti a diminuire l’impatto ambientale. “Per la parte infrastrutturale terrestre abbiamo dato priorità agli investimenti sul settore ferroviario, partendo dal presupposto che quello di Venezia è il porto più raccordato d’Italia e quello con la maggiore superficie demaniale, senza contare che è collocato all’interno di un’area con equilibri molto delicati come quella della laguna” ha proseguito Di Blasio. L’autorità di sistema ha ripreso in mano anche la questione delle concessioni, che era rimasta sospesa durante la pandemia, e la digitalizzazione dei processi portuali, investendo anche con decisione sull’elettrificazione delle banchine (90 milioni), su tre impianti fotovoltaici nei terminal di Venezia e Marghera (7,5 milioni) e su un impianto di produzione e distribuzione di idrogeno verde (3,7 milioni).

Gianpaolo Dalla Vedova, country lead del Lloyd’s Register, ha illustrato il caso della “Silk alliance”, uno dei 21 “green corridors” individuati a livello mondiale e che ha Singapore come punto di partenza e di arrivo delle navi a basso impatto. “Ci sono delle opportunità anche nel Mediterraneo e in particolare per l’Italia soprattutto sul fronte dei traghetti” ha spiegato il manager, grazie alla presenza di grandi armatori a cominciare da Grimaldi e Gnv. Dalla Vedova ha menzionato gli ottimi risultati ottenuti in Norvegia, dove dopo soli otto anni dall’entrata in servizio del primo traghetto full electric, il MF Ampere (2015), oggi sono operativi ben settanta traghetti elettrici o ibridi.

L’intervento di Carlo Merli, executive director d F2i Holding Portuale, ha passato in rassegna gli investimenti della holding sul fronte ambientale nei quattro porti di Carrara, Livorno, Venezia e Monfalcone. A Marina di Carrara, in particolare, sono previsti nuovi spazi per 5 mila mq nei prossimi tre mesi, con l’installazione di pannelli fotovoltaici sui magazzini e l’impiego di mezzi elettrici per la movimentazione delle merci. Il progetto di produzione elettricità per porto e retroporto di Fhp non è volto “solo” all’autoproduzione ma anche alla condivisione con altri terminalisti.

Di rilievo anche le parole di Paolo Guglia, Innovation & Policy manager di Fincantieri. Guglia ha ricordato il progetto Zeus – Zero Emission Ultimate Ship, la nave costruita dall’azienda italiana “per non essere venduta” e che viene utilizzata come “laboratorio galleggiante” per le tecnologie di riduzione dell’impatto ambientale. Zeus ha propulsione diesel-elettrica, è dotata di un impianto di fuel cell da 140 kW e di un sistema di batterie che le garantiscono un’autonomia di sei ore di navigazione a zero emissioni. Le celle a combustibile sono alimentate da circa 50 kg di idrogeno contenuti in bombole a idruri metallici.

Proprio affrontando il tema dei combustibili, Guglia ha sottolineato come il momento più delicato per navi di questo tipo sia quello del bunkering, in quanto il rifornimento “è il punto in cui si intersecano le normative navali e quelle terrestri”, e l’uso dell’idrogeno non è regolamentato a livello Imo.

“Per conto mio non esiste un combustibile del futuro, probabilmente per un certo periodo se ne useranno diversi, dal Lng al biofuel, dall’ammoniaca al metanolo, che rispetto all’idrogeno oggi ha il vantaggio di avere un quadro normativo internazionale già definito” ha concluso Guglia.

Su questo punto, evidentemente nodale, ha concordato anche Pierpaolo Da Fieno, managing director di Man Energy Solutions, un protagonista primario su questo fronte dal momento che si calcola che il 50% della merce a livello mondiale sia trasportata da navi spinte da motori prodotti dal gruppo tedesco. Secondo Da Fieno, che li ha messi tutti a confronto, al momento attuale il metanolo sembra il combustibile più promettente perlomeno per le navi adibite al trasporto passeggeri.

Davide Calderan, presidente di CMW Panfido ha presentato il progetto Poseidon, la nave per il bunkeraggio di Lng delle navi in porto: “Il prototipo è quasi pronto, tra tre mesi verrà completato e l’unità sarà operativa, a Venezia e in Alto Adriatico. Poseidon sarà in grado di rifornire una nave in circa quattro ore”. Oggi l’unico porto operativo per il rifornimento di Lng resta quello di Ravenna, ci sono altri progetti in Italia ma non si sa quando verranno completati, ha ricordato Calderan.

In chiusura Franco Porcellacchia, a.d di Ecospray, ha sintetizzato la notevole attività svolta dalla società nel gruppo Carnival sugli scrubber, con oltre 800 impianti installati su più di 400 navi a livello mondiale, e lo sforzo attuale sul fronte della ricerca di nuove tecnologie per la carbon capture nel settore navale, che vedono Ecospray lavorare principalmente su tre soluzioni che prevedono l’uso di ammine, idrossido di calcio e celle a combustibile a carbonati fusi.

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