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A Vado Ligure un nuovo impianto di produzione di calcestruzzo per la diga di Genova

Malgrado il progetto esecutivo sia stato consegnato, proseguono intanto i sondaggi geotecnici mentre per i fanghi di dragaggio nei cassoni la Città Metropolitana chiede un surplus di controlli

di REDAZIONE SHIPPING ITALY
9 Luglio 2024
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Betonaggio

Pergenova Breakwater, il consorzio appaltatore della nuova diga foranea del porto di Genova, non comprerà più da fornitori esterni il calcestruzzo necessario a realizzare i cassoni per l’opera, ma se lo produrrà in casa.

La novità emerge dalla documentazione sottoposta dall’Autorità di sistema portuale di Genova (stazione appaltante) alla Regione Liguria per ottenere il via libera di natura ambientale. Né appaltante né appaltatore hanno risposto alla domanda, ma dalle carte parrebbe emergere che il fine dell’operazione sia accelerare i tempi. Vero, infatti, che oggi Pergenova si rifornisce presso due produttori, prossimi al cantiere dei cassoni di Vado Ligure (uno nel medesimo comune, l’altro in quello adiacente di Savona), la cui capacità complessiva (170 mc/h e 50 mc/h) è superiore a quella futura dell’impianto interno (180/h), ma quest’ultimo sarà dedicato in via esclusiva alla produzione di calcestruzzi preconfezionati per i cassoni prefabbricati della nuova diga.

Se autorizzato l’impianto di betonaggio sorgerà su un’area di proprietà di Vernazza Autogru, ubicata tra i comuni di Vado Ligure e Quiliano, recentemente acquisita da Tirreno Power, collegata al porto di Vado (dove si trova il cantiere dei cassoni) e messa a disposizione di PerGenova Breakwater per il periodo di costruzione dei cassoni, dopodiché sarà smantellato.

Intanto, malgrado dalla querelle fra Adsp e Pergenova sui ritardi dei lavori e riserve dell’appaltatore sia emerso come il progetto esecutivo della fase 1 sia stato consegnato e validato lo scorso 17 aprile (con un anno abbondante di ritardo), è tuttavia cosa nota che i campi prova – i test, uno a circa 25 metri di profondità, l’altro a circa 50, per verificare che la tecnica di consolidamento del fondale funzioni – non siano terminati.

A riprova di ciò Pergenova sul finire di maggio ha integrato (per oltre mezzo milione di euro) il contratto con lo Studio Marchetti per “l’esecuzione di indagini Cpt – Dmt oltre all’installazione di piezometri”, mentre la Capitaneria di porto ha appena emesso un’ordinanza di regolazione del traffico marittimo perché fra oggi e il 20 luglio Adsp e Pergenova eseguiranno “attività di sondaggi geotecnici con prelievo di campioni di terreno sull’impronta della sezione T9 della futura diga foranea”, cioè l’allungamento di 960 metri dell’esistente ramo di diga dell’aeroporto, che arriverà a 1.172 se passerà la modifica progettuale per accorpare Fase A e Fase B della nuova diga.

A proposito di accorpamento, sul fronte della procedura in corso presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, si registra l’intervento di Città Metropolitana in materia di dragaggio. Il progetto preliminare prevedeva il dragaggio di oltre 1,1 milioni di metri cubi di fondali e aveva ottenuto dalla Regione Liguria che anche per i sedimenti per cui la legge prevede la “rimozione in sicurezza dall’ambiente marino dopo valutazione di rischio” fosse possibile il “riutilizzo all’interno dei cassoni che costituiranno la nuova diga, (…) fermo restando che dovrà essere predisposta una specifica analisi di rischio ambientale”.

La caratterizzazione dei fondali condotta per la redazione del progetto preliminare è nel frattempo scaduta, sicché pochi mesi fa Pergenova e Adsp hanno avviato una nuova campagna, i cui risultati non sono per il momento stati resi noti (nella scorsa i fanghi di classe E, la peggiore, erano il 12,9%). “Nel caso in cui i materiali di dragaggio portuale – ha specificato ora la Città Metropolitana – presentassero concentrazione di inquinanti tali da non poter essere gestiti ai sensi del Dm 173/2016 e quindi da non poter essere esclusi dalla disciplina dei rifiuti ai sensi dell’art.184bis de D.Lgs 152/2006, gli stessi non potranno essere impiegati tal quali nelle opere di colmata (dovrebbero infatti essere gestiti come rifiuti speciali pericolosi, come previsto dal Dm 173/2016)”.

A.M.

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