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Draghi stoppa le crociere a Venezia ma glissa sugli indennizzi: battaglia legale in vista

Il provvedimento era annunciato e fra le diverse opzioni il Governo, in vista dell’imminente sessione in cui l’Unesco potrebbe decidere di inserire Venezia e la Laguna fra i siti a rischio, ha scelto la più drastica: dal primo agosto le navi sopra le 25mila tonnellate di stazza lorda (o che superino altri parametri qui elencati) […]

di Nicola Capuzzo
13 Luglio 2021
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Il provvedimento era annunciato e fra le diverse opzioni il Governo, in vista dell’imminente sessione in cui l’Unesco potrebbe decidere di inserire Venezia e la Laguna fra i siti a rischio, ha scelto la più drastica: dal primo agosto le navi sopra le 25mila tonnellate di stazza lorda (o che superino altri parametri qui elencati) non potranno più transitare nel Canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco.

Lo stabilisce un decreto legge approvato oggi dall’esecutivo, che non ha però reso noto il testo, limitandosi a elencare i suddetti parametri e a specificare di aver stanziato 157 milioni di euro per “la realizzazione di non più di cinque punti di approdo” alternativo (i cosiddetti approdi diffusi) a Marghera, e di aver nominato commissario straordinario, per “procedere celermente alla progettazione, all’affidamento e all’esecuzione di queste opere”, il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, Fulvio Lino Di Blasio.

Gravemente deficitaria su aspetti che potenzialmente stravolgono l’intera portualità veneziana (dove si pensa di creare cinque approdi da almeno 300 metri a Marghera? Quali traffici saranno sacrificati?) e su altri che appaiono quantomeno abborracciati (come si è arrivati a calcolare l’immensa cifra di 157 milioni di euro per approdi diffusi e quindi inefficienti, ma soprattutto provvisori?), la comunicazione del Governo è addirittura reticente sul punto centrale del provvedimento, vale a dire la parte relativa agli indennizzi che occorrerà versare a fronte della scelta di cancellare per legge gli oltre 200 approdi (secondo stime di operatori del settore) già programmati da agosto a fine anno (sempre che Marghera sia disponibile nel 2022).

Anche quel poco che l’esecutivo ha reso noto induce a dubitare già di questo aspetto, dato che si parlerebbe di un fondo stanziato per il 2021 e per il 2022 (ipotizzando evidentemente l’indisponibilità l’anno prossimo di Marghera). L’interrogativo più grosso riguarda però il quantum, anche alla luce del fatto che la platea di coloro che il Governo dice di voler indennizzare è piuttosto ampia: “compagnie di navigazione, gestori dei terminal e società erogatrici di servizi”.

E più che fugarli alimenta i sospetti la nota stampa del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, che menziona i suddetti 157 milioni, glissa anch’essa sulla quantificazione degli “interventi per compensare le perdite degli operatori economici e tutelare l’occupazione”, ma prova goffamente a indorare la pillola citando finanziamenti totalmente scollegati al tema e stanziati con altri strumenti, mesi fa (i 170 milioni del Pnrr) o addirittura anni (i 131 milioni per la flotta del Tpl).

Del resto il tema è delicato.

Secondo quel che risulta a SHIPPING ITALY la sola Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), la società concessionaria della stazione marittima fino a tutto maggio 2025, avrebbe valutato di perdere circa tre quarti della capacità con la soluzione Marghera, ipotizzando di perdere un migliaio di approdi prima della fine della concessione e di ottenere deroghe dalla Capitaneria sulla navigabilità del Canale dei Petroli (insufficiente per le navi maggiori che oggi passano dalla Giudecca). E avrebbe ventilato di poter mantenere gli attuali posti di lavoro solo a fronte di un indennizzo pari a 80mila euro ad approdo, dell’azzeramento del canone attuale di 6 milioni di euro l’anno, del riconoscimento di 4 milioni di euro l’anno per mancati ricavi ancillari, dell’estensione a tutto il 2031 della concessione.

Un conto che in sostanza per il solo terminalista supera di molto i 100 milioni di euro. Cifra che potrebbe diventare, in caso di difformità da quella pensata dal Governo e forse non a caso taciuta, l’oggetto di una richiesta danni che, suggeriscono fonti legali vicine alla Regione, il Veneto, azionista al 50% della controllante di Vtp starebbe già pensando di accompagnare all’impugnazione del decreto, da negoziarsi solo a fronte dell’apertura alla possibilità dell’escavo del canale Vittorio Emanuele III (cioè a fronte di un dietrofront sul decreto con cui il Governo ha previsto nel lungo termine di portare le crociere fuori Laguna).

Poi ci sono le compagnie di navigazione (tre delle quali possiedono anche il 49% della controllante di Vtp), i lavoratori diretti e indiretti e l’indotto. Insomma, se gli indennizzi non saranno nell’ordine delle centinaia di milioni di euro, lo sarà il valore della battaglia legale che rischia di scatenarsi per la decisione di buttare fuori dalla sera alla mattina le crociere da Giudecca e San Marco. A tutto ‘vantaggio’ nel breve termine di altri scali vicini come Monfalcone, Trieste ma anche Ravenna quantomeno in termini di toccate nave.

A.M.

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