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Riforma portuale imminente per Salvini ma a Genova e Trieste permangono due pesi e due misure

Il ministro invoca un’idea comune e assicura entro la primavera la nuova legge ma intanto per l’Adsp adriatica la valutazione del rischio di definanziamento sul progetto di Servola ha indotto scelte diverse rispetto ad altri progetti come la nuova diga ligure cui si applicano altri metri

di Andrea Moizo
28 Aprile 2025
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“Avere un’idea comune, evitare che che ci siano soldi sprecati o ci siano differenti visioni, anche perché il Mar Mediterraneo è una fonte di ricchezza inestimabile per il futuro, quindi spendere bene i soldi sui porti è fondamentale”. Ha usato queste parole il Ministro dei trasporti, Matteo Salvini, per annunciare a Genova che la tanto attesa riforma dell’ordinamento portuale sarà legge entro la primavera. Nel frattempo, però, a Trieste e a Genova le due maggiori opere infrastrutturali del Paese (la nuova diga nel capoluogo ligure e l’ex ferriera di Servola nello scalo giuliano) ottengono trattamenti e destini diametralmente opposti.

“Conto che a breve, e a breve vuol dire entro la fine della primavera, sia norma la legge di riforma dei porti” ha fato sapere Salvini, aggiungendo che “prima occorre definire la norma, stiamo lavorando col ministero dell’Economia e siamo a buon punto. Questo significa investire, come stiamo investendo, miliardi di euro in tutte e 16 le autorità portuali, avere un’idea comune, evitare che che ci siano soldi sprecati o ci siano differenti visioni, anche perché il Mar Mediterraneo è una fonte di ricchezza inestimabile per il futuro, quindi spendere bene i soldi sui porti è fondamentale”.

Il ministro e vicepremier ha ancora affermato: “A me interessa un controllo pubblico e se ne sta occupando egregiamente il viceministro Rixi che da genovese e da ‘marittimo’, rispetto a me che son milanese è molto più attento. Spendere bene tutti gli euro che chiediamo agli italiani per rendere sempre più moderni, efficienti e sicuri i porti italiani è fondamentale e avere una cabina di regia è fondamentale”.

I casi di Trieste e Genova riportano però uno scenario che oggi appare divergente su opere cosniderate strategiche meritevoli di finanziamenti complementari al Pnrr. Dopo gli annunci informali delle scorse settimane, la revoca della gara da 170 milioni di euro dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale per adibire a funzioni logistico-portuali l’ex area a caldo della ferriera di Servola, destinata a diventare il luogo di raccordo del futuro terminal container del Molo VIII alle infrastrutture di connessione terrestre dello scalo, ha trovato ufficialità nella relativa determina di Invitalia, l’agenzia statale incaricata di gestire la procedura d’appalto.

Dal documento si apprende come, almeno fino al 24 febbraio scorso quando il Rup (responsabile unico del procedimento) avviò “l’esame della documentazione amministrativa acclusa all’offerta del concorrente risultato primo in graduatoria” fra le “cinque offerte presentate”, tale procedura stesse seguendo il regolare percorso prefissato. A stoppare l’iter la nota ricevuta da Invitalia il 6 marzo, con cui l’Adsp giuliana comunicava di “non aver ricevuto il contributo da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti [per l’attuazione dell’Intervento, ndr], peraltro a valere sui fondi Pnc, complementari al Pnrr” e chiedeva pertanto “di procedere alla revoca immediata della procedura”.

A SHIPPING ITALY l’Adsp guidata dal commissario straordinario Vittorio Torbianelli ha spiegato in una nota che la “non ricezione” menzionata vada più correttamente interpretata come la “mancanza della conferma (da parte del Mit, ndr) di poter mantenere il finanziamento”. In sintesi l’ente sostiene che, malgrado il Governo nel marzo 2024 col decreto legge 19/2024 di revisione del Pnrr e Pnc abbia abrogato la norma che prevedeva la revoca dei finanziamenti in caso di “mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale”, il termine del 2026 resti di fatto in vigore. “Le tempistiche dettate dalla normativa relativa al Pnc (Dm 330/2021), non sono ad oggi mai state prorogate” e non si è mai dato seguito da parte del Mef (come avrebbe previsto il Dl 19/2024) “all’aggiornamento dei cronoprogrammi procedurali contenenti gli obiettivi degli interventi del Pnc”.

In sostanza, cioè, l’Adsp ha valutato che con l’aggiudicazione di un appalto a forte rischio di non concludersi entro il 2026 “si sarebbe generato un contenzioso economicamente pesante e molto aleatorio per l’ente”. Da qui la revoca e la scelta, ancora da rifinire, di suddividere l’intervento in lotti, nell’auspicio che “la fasizzazione garantisca comunque entro il 2026 l’impiego della maggior parte delle risorse” stanziate dal Pnc (Piano nazionale complementare).

Il punto è che l’articolata disamina dell’Adsp triestina sul rischio di contenziosi derivante dal mancato rispetto del termine del 2026 e sull’opportunità di stoppare l’appalto è stata a suo dire condotta in accordo e con l’ausilio e il supporto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il quale, però, sul tema non ha fornito la propria versione dei fatti e pubblicamente pare dare un’interpretazione diversa da quella triestina della normativa.

Non solo, infatti, il viceministro Edoardo Rixi, sostenitore dell’esigenza di uniformità normativa fra porti, sorvolava sulla previsione – riportata in sua presenza dal commissario ad hoc per l’opera Marco Bucci – di un termine dei lavori della nuova diga foranea di Genova (finanziata da 830 milioni di euro di fondi Pnc-Pnrr) slittato a “metà 2027”. Ma all’emittente Telenord, si dichiarava convinto che “alla fine del ’27 sarà realizzata. Se non sarà così, arriverà nel ’28. L’importante è finirla”.

In conclusione, dunque, la revoca dei finanziamenti evidentemente è un rischio che il Mit considera sostanziale per Trieste ma non per Genova, dove (e anche su questo Rixi ha preferito non esprimersi) per la nuova diga starebbe prendendo corpo l’ipotesi di una rilettura in chiave duale (civile-militare) che potrebbe risolverne anche le criticità finanziarie stante l’impegno in materia della Commissione europea.

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